La Strategia nazionale per le aree interne (Snai), rappresenta il tentativo di contrastare il declino di una vasta parte del territorio del nostro Paese lontana dai centri dei servizio e caratterizzata da fenomeni di invecchiamento, spopolamento e declino economico. In Italia le Aree Interne rappresentano il 53 per cento circa dei comuni italiani (4.261) cui fa capo il 23 per cento della popolazione italiana, pari a oltre 13.328.750 abitanti residenti in una porzione del territorio che supera il 60 per cento della superficie nazionale (per maggiori informazione), con oltre quattromila comuni, per lo più con meno di 5.000 abitanti (Ministero dello Sviluppo Economico – DPS, 2013, Le aree interne dell’Italia: una strategia di sviluppo, Roma).
Il duplice obiettivo è quello di adeguare la quantità e la qualità dei servizi di istruzione, salute, mobilità (cittadinanza) e di promuovere progetti di sviluppo che valorizzino il patrimonio naturale e culturale di queste aree, puntando anche su filiere produttive locali (mercato). L’adeguamento dei servizi di cittadinanza rappresenta una precondizione per lo sviluppo e un’opportunità per il radicamento di nuove attività economiche (Lucatelli, 2015). Nel lungo periodo, l’obiettivo è quello di invertire le attuali tendenze demografiche delle Aree interne del Paese (ridurre l’emigrazione, attrarre nuovi residenti e incrementare le nascite).
Gli obiettivi della Snai saranno perseguiti con due classi di azioni congiunte:
1) interventi di politica ordinaria (Cfr. Legge di Stabilità 2014, art. 1, commi 13-17 e Legge di stabilità 2015 L.190/2014, art 1, commi 674-675) rivolti al miglioramento dell’organizzazione e della fruizione dei servizi di istruzione e formazione, salute e mobilità;
2) azioni pubbliche specifiche destinate a “Progetti di sviluppo locale” attraverso l’uso e il coordinamento dei diversi fondi comunitari.

Complessivamente, la presenza di stranieri nei comuni classificati come aree interne vede una maggiore incidenza regioni Umbria (10,39), Veneto (10,37) ed Emilia Romagna (10,33). Segue la presenza non trascurabile nelle regioni del Centro Italia Toscana (9,86), Marche (9,57) e Lazio (9,51) (guarda la tabella 1). Considerando il tasso di incremento medio annuo della popolazione totale, di quella italiana e di quella straniera, si può dire che la tenuta complessiva della popolazione nei comuni aree interne è dovuta alla crescita della popolazione straniera (guarda la tabella 2) specificamente durante il periodo di crisi generalizzata.
Tra le aree pilota selezionate dalle Regioni, la maggiore presenza di popolazione straniera si ha nelle Valli Maira e Grana (10,62) in Piemonte, nel Casentino-Valtiberina (10,22) in Toscana, nell’area sud-est dell’orvietano (9,50), in Umbria e nell’Appennino Pesarese Anconetano (9,15), nelle Marche (guarda la tabella 3). Sono diversi i percorsi che hanno portato al radicamento di differenti comunità nelle diverse aree, con una sorta di etnicizzazione delle opportunità residenziali e lavorative. In Casentino, dove il Parco delle Foreste Casentinesi presenta la più alta percentuale di popolazione straniera tra i Parchi nazionali italiani (12,3%) (Unioncamere, 2014, L’economia reale nei Parchi nazionali e nelle aree naturali protette, Roma), è interessante notare come un’importante componente della popolazione immigrata riveste un ruolo fondamentale nella conservazione ed evoluzione del settore forestale. Non a caso, una parte significativa di questi neo-cittadini proviene dal distretto di Bacau (Romania), una zona rurale che ha molte similitudini con quella locale, ragion per cui le capacità tecniche di questi lavoratori sono riconosciute ed apprezzate e rappresentano una risorsa per il settore forestale locale. Inoltre la popolazione giovane è rilevante soprattutto nelle fasce di età scolare e c’è una significativa presenza di classi multiculturali, soprattutto nella scuola primaria e primaria di secondo grado, con valori prossimi al 20% (DPS – Comitato Tecnico Aree Intere, 2015, Istruttoria Regione Toscana, Roma. Lucatelli S., 2015, La strategia nazionale, il riconoscimento delle aree interne, in “Territorio”, n. 74, Milano, Franco Angeli).
Come entrano queste realtà nelle strategie di area in corso di definizione? Nell’area pilota Casentino-Valtiberina, dove il patrimonio forestale e il miglioramento dell’offerta di servizi educativi e sanitari sono al centro della Strategia, il percorso di co-progettazione ha coinvolto la popolazione straniera residente (rumeni e macedoni impegnanti nel taglio del bosco, donne rumene nell’attività di cura) e ha permesso di individuare tre azioni prioritarie:
1) azioni formative nel settore della selvi-coltura (per lavoratori locali e stranieri), anche attraverso il coinvolgimento dell’Istituto forestale, e azioni di stimolo per incentivare la costituzione di imprese cooperative come strumento di integrazione e per regolare un mercato spesso poco normato;
2) percorsi di inter-cultura per operatori sanitari, con supporto alla creazione di cooperative gestite da badanti;
3) strategie educative integrate e potenziamento dei nidi e della scuola primaria in ottica di plurilinguismo.
Si tratta di un primo dialogo tra conoscenza di una porzione di territorio fragile, caratteristiche della popolazione e processi decisionali in cui si da rilevanza, attraverso un disegno economico e sociale, a uno spaccato di cittadinanza tutt’altro che marginale.
Daniela Luisi e Michele Nori

Strategia aree interne