Salvo clamorosi imprevisti, la XXV edizione dei Giochi invernali tornerà in Italia. Infatti l’ultima antagonista del ticket Milano-Cortina, Stoccolma, già alquanto indebolita per il mancato sostegno dell’amministrazione locale, ha mostrato tutti i suoi limiti con il flop dei recenti mondiali di Åre. Le altre candidature sono cadute una dopo l’altra: Sion, Graz e Innsbruck sono state sonoramente bocciate dai propri cittadini attraverso consultazioni referendarie. Mentre Sapporo in Giappone, e la canadese Calgary, hanno fatto un passo indietro. Così l’accoppiata Milano-Cortina, la metropoli padana e la perla delle Dolomiti, si appresta a vedersi assegnati i Giochi: per mancanza di alternative.
Ma cosa significa per una città avere assegnata l’organizzazione dei Giochi Olimpici? Con la stipula dell’“Host City Contract” l’area interessata firma un autentico contratto capestro col CIO e si priva di ogni autodeterminazione. Entro il febbraio 2026 tutti gli impianti e le infrastrutture dovranno essere realizzate. Non ci sarà tempo da perdere in modifiche dei progetti e valutazioni ambientali, considerate sempre più un impiccio, perché i tempi saranno stretti e i costi lieviteranno così come le procedure semplificate dovute all’urgenza. E se quell’inverno la neve tarderà o verrà in quantitativi minimi poco importa: tutte le piste per lo sci nordico e lo sci alpino andranno in qualche modo rese agibili. L’organizzazione di grandi eventi sportivi non si adatta alla natura, al clima, alla montagna, ma pretende che siano la natura, il clima, la montagna ad adattarsi alle esigenze di CIO, sponsor e tv. E il CIO si ostina a riproporre un modello di Giochi all’insegna del gigantismo, non più sostenibile né per i costi né per l’ambiente.
Avere o non avere un innevamento naturale e dover quindi sopperire interamente con l’innevamento artificiale, per un grande evento sportivo invernale può comportare un notevole dispendio di denaro e risorse. Tanto che la singola gara di Coppa del Mondo viene annullata, rinviata o spostata in altra località. Ma non l’Olimpiade. E nemmeno la Marcia Longa di Fiemme e Fassa – per rimanere ai giorni recenti – che anche quest’anno si è dovuta svolgere su un percorso interamente artificiale (130.000 metri cubi di neve spostata con camion lungo il tracciato), con la beffa della neve naturale arrivata due giorni dopo.
Da anni la Cipra chiede un riorientamento del CIO per quanto riguarda lo svolgimento dei Giochi Olimpici invernali e ritiene che la regione alpina non sia adatta ad ospitarli così come sono oggi (vedi il dossier). E secondo il dossier di Milano/Cortina presentato a gennaio questa volta dovrebbero essere Giochi all’insegna della sostenibilità e dai costi contenuti. L’esperienza di Torino 2006, ultima edizione dei giochi ospitati da una località alpina, dovrebbe far riflettere: il primo dossier di candidatura stimava i costi in 500 milioni di euro mentre il bilancio consuntivo presentava cifre superiori ai 3 miliardi. A preoccupare, oltre alla sottostima dei costi (alcuni impianti sportivi se pur già esistenti andranno ammodernati o rifatti, come la pista da bob di Cortina) sono gli immancabili interventi infrastrutturali come i bacini per l’innevamento artificiale, la viabilità, i parcheggi, i villaggi olimpici che, soprattutto nelle zone montane, oltre ai costi, avranno impatti non trascurabili sull’ambiente.
Francesco Pastorelli