L’ultimo dato Istat dice 36. Se volessimo raccontare la storia di una comunità, il suo patrimonio culturale, la sua identità, non ci fermeremmo di certo al banale conteggio statistico per descrivere ciò che è accaduto e che sta accadendo all’ultima ruota di un carro chiamato Italia.
Con i suoi 36 abitanti, Pedesina detiene questo scomodo primato di più piccolo Comune italiano per numero di residenti. Situato in Valgerola, tra le montagne orobiche valtellinesi, il paese ha subito, al pari di molte altre realtà alpine, quell’insieme di fenomeni sociali ed economici che hanno determinato quel facile abbandono del generico territorio montano, privo di evidenti risorse e apparentemente non più adibito a essere vissuto.
Fin qui nulla di nuovo, direte voi, magari colpevolizzando coloro che sono rimasti e che nell’immaginario di molti contribuiscono, in questo momento di difficoltà, a generare chissà quali sprechi della nostra nazione.
A questo proposito risulta doveroso ricordare le difficoltà di questi cittadini. L’assenza di servizi, la chiusura delle attività, le problematiche negli spostamenti, divenuti obbligatori a causa dell’assenza di negozi. Il tutto all’interno di un degrado di facciata che nonostante tutto racchiude ancora in sé quell’elemento base di una società, quella ricchezza troppo spesso dimenticata e perduta del nostro popolo: l’essere e il sentirsi comunità. Una ricchezza fatta di storia, cultura e identità, di cittadini e villeggianti divenuti semplici ma professionali volontari per amore del proprio territorio.

Furono queste le premesse che mi spinsero ad “arruolarmi” come volontario insieme agli amici della Pro Loco di Pedesina e dell’amministrazione comunale, ognuno con i suoi mezzi e le sue capacità poteva contribuire a dare una mano per il territorio, con la convinzione che la realtà che stavamo sostenendo e di cui eravamo parte potesse essere d’esempio per molti. La strada che decisi di percorrere era quella culturale, una strada che la stessa Pro Loco percorreva già da tempo in contromano, rispetto a quella generale vocazione della promozione montana risolta attraverso la banale mercificazione ludico/turistica del territorio.
Pedesina non ha alcun bisogno di fare numeri né tanto meno di inventare qualcosa. Ero convinto, e lo sono ancora, che lo sviluppo di questi paesi di montagna dovesse obbligatoriamente passare attraverso la valorizzazione delle risorse esistenti, facendo leva sul quel patrimonio storico, culturale e artistico, solitamente considerato minore e che per questo motivo risulta spesso sottovalutato rispetto alle reali potenzialità.
La Frontiera Nord o Linea Cadorna, che dir si voglia, era ciò di cui avevo bisogno per raccontare questa storia.
Quell’opera militare della prima guerra mondiale costruita sulle Alpi a ridosso dell’intero confine italo/svizzero e dalle vicende storiche poco note poteva divenire punto d’appoggio per possibili progetti escursionistici e storico/divulgativi, per l’abitato di Pedesina, attraverso la riscoperta e la valorizzazione dei resti ancora esistenti all’interno del territorio comunale. Era l’estate del 2011. Iniziò un lungo lavoro di ricerca storica e di catalogazione delle opere, dalle quali nacquero con l’appoggio della Pro Loco le serate culturali a tema, le visite/escursioni guidate e gli interventi nelle scuole per approfondire con i ragazzi gli aspetti della Grande Guerra attraverso una visione inedita e locale della nostra storia.
Nel frattempo le opere di quella linea difensiva mai utilizzata, giacevano sulle cime delle montagne nella loro ormai secolare attesa, tra il degrado e il totale abbandono, nonostante le garanzie di tutela di tali beni espresse dalla L. n. 78 del 7 marzo 2001 e dal D.L. n. 42 del 22 gennaio 2004, fossero concretizzate attraverso sovvenzioni pubbliche rivolte a progetti di valorizzazione e recupero. Fondi che ovviamente non possono arrivare ovunque, e che in questa logica contribuiscono a creare disparità di trattamento all’interno delle varie realtà, penalizzando o favorendo i beni culturali esclusivamente in funzione a criteri gerarchici.
Nonostante questo decisi che il progetto sarebbe comunque proseguito sotto il punto di vista della valorizzazione, affinché la promozione e la conoscenza di questo bene e del suo territorio, potesse in un futuro portare anche a Pedesina qualche intervento significativo. Al mio fianco, ancora una volta, potevo contare sull’appoggio incondizionato di un’intera comunità di volontari, della Pro Loco e del Comune di Pedesina, che mi incoraggiarono e mi diedero carta bianca.
Il passo successivo doveva però essere forte e determinato. Decisi che la giusta direzione fosse quella della promozione attraverso mezzi nuovi e accattivanti. La scelta ricadde sulla realizzazione di un film-documentario che permettesse una più facile divulgazione sia da un punto di vista dei contenuti, sia da un punto di vista della diffusione. Le riprese iniziarono nel luglio 2012 e a distanza di un anno il lavoro risultava completato. Il lungometraggio intitolato “Garef, Le ultime pietre della Val di Pai” venne proiettato in anteprima ufficiale a Pedesina il 10 agosto 2013 alla presenza di un folto pubblico in un, per me emozionante, momento di condivisione e partecipazione.
Nell’affrontare il tema del documentario, mi è parso doveroso affiancare alla storia della Linea Cadorna anche quella di Pedesina, per dare visibilità anche a una realtà che nonostante l’impegno, si trova ad affrontare continue problematiche. Ecco quindi che le due storie si fondono metaforicamente. L’una racconta l’altra. Entrambe segnate dal degrado della montagna, dall’impegno, dalla fatica, dal tempo che passa, dall’assenza di uomini e mezzi per combattere una battaglia di sopravvivenza in nome della propria identità.
Il documentario ora, coerentemente ai suoi obiettivi di condivisione e divulgazione, ha intrapreso il suo viaggio itinerante cominciato, anche simbolicamente, dal più piccolo Comune italiano, per raggiungere chiunque sia interessato alla conoscenza della storia della Frontiera Nord (nel centesimo anniversario dello scoppio della prima guerra mondiale) e del piccolo paese orobico. Una storia italiana che vuole dare voce alle tante piccole realtà e ai tanti volontari che quotidianamente si impegnano per il bene e lo sviluppo del proprio territorio.
La capacità di traino dell’ultima ruota.
Luca Ruffoni Scialés

Guarda il trailer del documentario: www.youtube.com/watch?v=kvccfiC3_vE

Info: www.prolocodipedesina.it
Per info sul documentario ed eventuali proiezioni scrivere all’autore luca.ruffoni@gmail.com