Giampiero Lupatelli, “Fragili e antifragili. Territori, economie e istituzioni al tempo del Coronavirus”, Rubbettino Editore, 2021, 160 pp.

L’autore, che da tempo documenta e analizza gli effetti del Covid 19, raccoglie e rielabora qui i risultati dei suoi precedenti interventi sul tema, assieme a quelli di uno studio condotto per Legacoop Emilia Romagna (che spiega i numerosi riferimenti a questa regione). A un certo punto (p. 71) l’autore cita il famoso passo dell’Amleto “ci sono sempre più cose in terra e in cielo ecc.”, quasi a discolpa di non essere riuscito a parlare di tutto. In realtà questo libro non pecca certo per carenza di informazioni, analisi,  riferimenti e citazioni su quello che Lupatelli chiama il covid-test, basti scorrere le 21 pagine di note e le 13 di bibliografia che lo corredano. Il neologismo “anti-fragili” (che mi pare si possa tradurre all’incirca in resilienti) si applica qui alle trasformazioni che investono l’intero paese, con particolare riguardo alla montagna e alle aree interne.  Il libro è diviso in cinque sezioni. La prima (“nucleo generativo di tutto il discorso”) riguarda il territorio come sistema complesso, di organizzazioni di vario tipo – gerarchiche, decentrate e di terzo settore – le cui molteplici dimensioni possono essere analizzate e interpretate in base ai due fattori della densità e della mobilità. L’approfondimento sulla montagna e le aree interne, con i problemi della pianificazione urbanistica, le vede come le più deboli ma non le più fragili; come luoghi delle diseguaglianze, ma anche nuova frontiera dello sviluppo. A fronte degli impatti diretti e indiretti della pandemia si delinea la posta in gioco, declinata su tre scenari: un nuovo sprawl urbano, una nuova domanda di città, un declino irreversibile. La seconda sezione è dedicata alle infrastrutture sociali: sanità, istruzione, comunicazione digitali (“il terreno sul quale si è giocato e si gioca la capacità di risposta della società agli eventi inattesi”). Nella terza sezione viene affrontata la dimensione politica e istituzionale in quanto costitutiva delle politiche di territorio, a partire dai Comuni e dalle Regioni, al loro rapporto con le istituzioni centrali, fin all’Europa, senza trascurare le istituzioni dell’economia. La quarta sezione entra nel vivo delle questioni poste dall’emergenza. Come cambierà la città? La campagna? La montagna? Qual è il ruolo delle infrastrutture? Quale la risposta degli attori sociali? Della governance? E ancora quale può essere il ruolo del sistema cooperativo, fino ad affrontare con qualche cautela la  questione del “nulla sarà più come prima”, con particolare attenzione alla dimensione biologica ed ecologica, che le scienze sociali non possono più ignorare di fronte all’avanzata di un diverso paradigma scientifico, quello organico. La quinta e ultima parte, dedicata a “decidere e governare”,  chiama in causa il pensiero strategico, la verticalità gerarchica a fronte della capacità auto-organizzativa, la risposta dal basso, in particolare della montagna, a documenti come Italia 2020-2022,  le prospettive dello sviluppo place based,  la necessaria attenzione al lungo periodo, il recovery found nelle aree di montagna con i rischi di una gestione centralista che le escluda dai grandi progetti, fino a concludere con le indicazioni degli Stati generali della Montagna. Un epilogo conclusivo si intitola “Una Modesta Proposta per l’Agenda della Ricostruzione”, che forse tanto modesta non è, ed è giusto che sia così. In appendice alcune “mappe del contagio” con cartogrammi su base comunale della mortalità differenziale, portano a una classificazione tipologica dei piccoli comuni.
Giuseppe Dematteis