Radicamento e attaccamento. Sono queste le caratteristiche che meglio rappresentano gli abitanti di Foza, comunità montana posta all’estremità orientale del vasto Altopiano di Asiago, in provincia di Vicenza. Dove un forte legame con la famiglia e il territorio, dimostrato dall’ottima conoscenza delle denominazioni dei vari siti naturali dislocati nell’ampia area comunitaria, accomuna gli abitanti. Legame che pare tuttavia svanire tra i soggetti più giovani.
Al principio mi sentii come un corpo estraneo quando, alle soglie di due estati fa, mi infilai tra le strette maglie identitarie di questa comunità montana marginale. Ciononostante dalla mia avevo la conoscenza della lingua veneta. Questo mi permise di entrare con meno difficoltà nel tessuto comunitario e condurre agevolmente delle interviste discorsive su diversi fozesi. Lo scopo era coglierne l’identità socio-culturale, indagarne le potenzialità di sviluppo e introdurre delle pratiche di rivitalizzazione aderenti al contesto.
Difficile rimanere indifferenti alla marginalizzazione di un luogo così affascinante. Foza, comunità montana posta all’estremità orientale del vasto Altopiano di Asiago nonché zona prealpina, si colloca nella provincia di Vicenza, tra le due valli formate dal fiume Astico, a ovest, e dal Brenta a est. Dotata di uno splendido patrimonio naturalistico, il suo territorio si estende per ben 35 chilometri quadrati, con una popolazione che ammonta a 717 abitanti.
Paese prettamente rurale, non poté sottrarsi al fenomeno di abbandono dei campi che investì molte zone rurali italiane nella seconda metà del ‘900. Il paese vide un progressivo spopolamento dal secondo dopoguerra in poi a causa del richiamo della vicina città di Bassano del Grappa e della sottostante Valbrenta. I rilievi demografici evidenziano la drastica diminuzione della popolazione fozese tra il 1951 e il 1971, passata da 1724 a 893 unità in un ventennio.
Oggi il carattere di ruralità di Foza permane, vista la prevalenza di aziende agricole su base familiare. Al suo fianco è presente pure uno spento settore turistico (alberghiero) che non è in grado di sorreggere l’economia fozese. È appunto la mancanza di un tessuto economico solido che l’ha costretto a diventare un paese votato al pendolarismo lavorativo.
All’epoca delle mia ricerca il livello di partecipazione e di associazionismo dei fozesi era molto basso. Tale carenza soffocava in partenza qualsiasi scintilla atta allo sviluppo e al cambiamento, che generalmente dovrebbe innescare la miccia per far esplodere gli ostacoli che impediscono la maturazione di idee condivise. Barriere allo sviluppo si riscontravano pure nella scarsa fiducia verso l’amministrazione locale, che per di più si trovava disunita al suo interno.
Ulteriori ostacoli sorgevano dall’eccessivo legame familiare, causa di conflitti latenti in seno alla comunità fozese fra distinti nuclei parentali. Questo forte legame di gruppo che definii campanilismo familiare, era accompagnato dal campanilismo di contrada e dal campanilismo paesano (che si innescava nella protezione dei confini comunali). È interessante osservare come tali tipi di campanilismo si attivavano a seconda del contesto sociale e del gruppo con cui si confrontavano i fozesi. Pertanto i gruppi campanilistici si creavano e si disfacevano in base al contesto relazionale, ovvero in base al gruppo “antagonista” (l’altra famiglia/l’altra contrada/l’altro paese) che gli si poneva di fronte.
Ad ogni modo Foza, sia nel suo capitale sociale che ambientale, possedeva delle caratteristiche idonee alla realizzazione di pratiche turistiche innovative atte a innescare un processo di rivitalizzazione economica e socio-culturale.
Per trovare una soluzione valida al depauperamento sociale e culturale della comunità fozese credo sarebbe fruttuoso ispirarsi al progetto “Bussola-Marzio”. Tale progetto si fondò sulla valorizzazione di Marzio, piccola e tranquilla comunità della Valganna (Va). Qui si fece perno sullo sviluppo sostenibile, al centro del quale fu posta la triade ecologia, tecnologia e cultura. L’obiettivo finale fu concepito nel raggiungimento di uno scenario ottimale rappresentato da tre punti fondamentali: elevati standard ambientali assieme alla valorizzazione assoluta del paesaggio locale, dando vita a una destinazione sempre più attraente per i turisti; massima connettività alla rete globale (grazie a internet) ed educazione alla cultura tecnologica e dunque anche all’opportunità di lavorare nella comunità senza essere costretti a spostarsi per raggiungere altre aree più sviluppate; valorizzazione delle risorse culturali della comunità con lo scopo di potenziarne l’assetto identitario e di condurre a uno sviluppo sostenibile con la centralità dell’aspetto storico della località.
Le fosche nubi che Foza ha davanti a sé, che le impediscono di sperare in un futuro radioso e alzare lo sguardo verso un orizzonte che contempli un simile sviluppo, sono perlopiù illusorie. La vista difatti risulta oggi offuscata e ottenebrata dall’attuale opprimente immobilità. Ma «forse l’immobilità delle cose intorno a noi – per dirla con Proust – è loro imposta dalla nostra certezza che sono esse e non altre, dall’immobilità del nostro pensiero nei loro confronti».
Con ciò voglio dire che questa comunità montana avrebbe le carte in regola per reagire a questa inerzia, iniziando fin da subito il cammino di ricerca e scoperta. Perlustrando nuovi sentieri cambierebbe di certo la propria “visione” della realtà, pervenendo così a innovative idee di sviluppo. Ancora meglio sarebbe se tutto ciò avvenisse tramite la collaborazione e la cooperazione con le altre sette comunità dell’Altopiano di Asiago.
Fabio Azzolin
E’ molto significativo quello che hai scritto. Amo questo Paese che e’ il mio dalla nascita e darebbe veramente importante per Foza che le menti si aprissero tanto da dissipare quelle nubi di cui parli per lasciare spazio ad un orizzonte sereno e pieno di prospettive che la renderebbero un piccolo Paradiso terrestre. Spero che le persone come te aumentino in una condivisione di idee e progetti che portino ad uno sviluppo e ad un progresso sia di menti che di territorio. Grazie per questa tua Mail. Alida Marcolongo Ostinelli.
Sono un professionista laureato in Scienze Forestali e ogni giorno vivo il “dramma” di voler esaltare l’ambiente montano, la sua cultura e le persone che ci vivono. Man mano che il tempo passa, però, il problema appare sempre più complesso senza riuscire a trovare il filo che potrebbe portare all’uscita dla tunnel.
La società montana dovrebbe forse prendere un po’ più sul serio il valore del territorio in cui vive e le fatiche quotidiane con cui si adopera ogni giorno. Sarebbe ora che venissero fatte “pagare” tutte quelle esternalità positive che la montagna produce grazie alle persone che ci vivono, solo così si potrà avere più equilibrio tra l’alto e il basso di questo mondo!!!