La più importante festa a carattere nazionale capace di coinvolgere la montagna è stata la Festa degli alberi, celebrata la prima volta domenica 18 settembre 1898 sul Monte dei Cappuccini a Torino, oggi sede del Museo Nazionale della Montagna. Era il terzo, e ultimo, giorno del congresso costitutivo della Pro Montibus, “Associazione italiana per la protezione delle piante e per favorire il rimboschimento”, promossa dal Club alpino italiano. Nel 1899 una circolare del Ministro della pubblica istruzione stabilì che le scuole italiane dovessero celebrare la Festa degli alberi il 21 novembre di ogni anno. Il Ministro era Guido Baccelli, noto malariologo, a cui era evidente che i boschi nelle montagne avrebbero potuto evitare le frane e le alluvioni che causavano l’impaludamento di valli e pianure, dove poi cresceva la zanzara anofele portatrice della malaria. Lo stesso Baccelli, divenuto Ministro dell’agricoltura, ribadì l’iniziativa nel 1902 con un regio decreto.
La Festa degli alberi valeva per tutta l’Italia certo, ma l’idea era partita dal Cai perché nobili e borghesi che amavano scalare le montagne si erano resi conto del vero proprio saccheggio dei boschi che si stava perpetrando nelle terre alte, favorito e promosso dallo Stato italiano a partire dall’Unità. Il Cai intendeva proteggere le montagne dal disboscamento e rimboschirle, come non faceva la prima legge forestale italiana del 1877 e l’imitazione dell’Arbor day americano era sembrata proprio una buona idea. D’altra parte il modello di riferimento era sempre quello anglosassone, come per il Cai fondato nel 1863 a Torino sull’esempio dell’English Alpine Club, del 1857.
L’Arbor Day era stato ideato da J. Sterling Morton, giornalista e segretario del Ministero dell’agricoltura dello Stato del Nebraska, negli Usa, che con la sua iniziativa voleva mobilitare soprattutto giovani studenti. Grazie al ruolo istituzionale, e alla professione, del suo ideatore il successo dell’iniziativa fu enorme: nell’anno del primo Arbor Day, che si era svolto il 10 aprile 1872, vennero piantati circa un milione di alberi. Due anni dopo il progetto venne fatto proprio dal Nebraska, imitato da molti altri stati americani a partire dal 1882. Nel 1972, nel centenario dell’iniziativa, il Presidente degli Usa, Richard Nixon, ne fece una festa nazionale: il National Arbor Day, che si celebra l’ultimo venerdì di aprile.
Il senso del progetto americano utilizzato in Italia dalla Pro Montibus era evidente ma di dubbia efficacia. Bisognava insegnare ai giovani studenti ad amare e rispettare gli alberi perché poi, da adulti, mettessero in pratica quegli insegnamenti. Il tasso di scolarizzazione dell’Italia del primo ‘900 era però estremamente basso, specialmente nelle montagne ai cui giovani abitanti si intendeva insegnare l’amore per gli alberi. Oltretutto c’era una differenza abissale tra piantare alberi nelle sconfinate praterie dello spopolato Nebraska e farlo nelle scoscese e sovrappopolate montagne italiane.
E poi come si poteva insegnare ai troppo poveri montanari italiani l’amore per gli alberi se erano proprio gli alberi i loro primi antagonisti nello sfruttamento del terreno, così scarso nelle terre alte? Lo aveva scritto nel primo ‘900 l’economista Ghino Valenti: “Il bosco – non si scandalizzino gli amici delle foreste – non è un bene ma è un male necessario”. Il bosco era un male in gran parte delle terre alte perché il reddito ricavabile era troppo basso per mantenere la popolazione tanto numerosa che vi risiedeva. Meglio il pascolo, meglio anche i campi coltivati, scriveva ancora Valenti, sempre che i montanari assicurassero la saldezza dei terreni con un’attenta manutenzione del suolo, come avveniva per esempio con i terrazzamenti. Lo aveva ribadito negli stessi anni Arrigo Serpieri: “Il montanaro non ama o odia il bosco. Ma al posto dell’ignoranza, ingordigia, ecc. ecc. poniamo con maggior verità questo: le necessità prime dell’esistenza”.
Nonostante l’impegno di un paio di Ministri della pubblica istruzione, fu ancora la Pro-montibus a rilanciare in grande stile la Festa nel 1911. Una Festa divenuta “Nazionale” e da celebrarsi l’11 novembre, giorno del compleanno del re Vittorio Emanuele III. D’altra parte l’associazione non era più quella del vecchio senatore Sormani Moretti, ma quella nuova, la Federazione Pro Montibus, appena rinnovata dal giovane presidente Giovambattista Miliani. Di Miliani tutti ricordano la fede ambientalista ma ancora troppo pochi la mettono in collegamento con il suo ruolo di padrone delle Cartiere Miliani di Fabriano: la sua passione per i boschi veniva, probabilmente, anche da un interesse professionale.
Declinata negli anni della prima guerra mondiale la Festa degli alberi venne rinnovata durante il periodo fascista, a partire dal 1923, con la legge di riordinamento della normativa forestale, la Legge Serpieri, che all’art. 104 stabiliva: “È istituita nel regno la festa degli alberi. Essa sarà celebrata ogni anno nelle forme che saranno stabilite d’accordo tra i ministeri dell’economia nazionale e dell’istruzione pubblica”. Gli alunni venivano così impegnati, sempre il 21 novembre, nella piantumazione di alberi per il Bosco del littorio divenuto, dal 1937, Bosco dell’impero.
Il rilancio della Festa degli alberi nel ventennio della dittatura ha fatto credere ad alcuni – che sorvolano sull’impronta nazionalista e bellicista data all’iniziativa – l’esistenza di un’anima ambientalista del fascismo, anche per la personalizzazione nella figura di Arnaldo Mussolini. Il fatto però che l’Arnaldo paladino della Festa degli alberi fosse solo direttore del quotidiano Popolo d’Italia – morto precocemente nel 1931 – mentre il fratello Benito, appassionato di bonifiche in pianura, fosse Capo del governo sembrerebbe confermare in quella festa, piuttosto, la subordinazione della montagna alla pianura anche nel fascismo. Ma non solo. La politica di forestazione in grande stile delle montagne italiane realizzata durante la dittatura – nei termini in cui si svolse, e soprattutto nelle Alpi – andava incontro agli interessi delle grandi imprese idroelettriche che con il rimboschimento ottenevano il rinsaldamento dei terreni a protezione dei bacini d’acqua destinati alla produzione di energia. E non a caso le imprese idroelettriche furono tra quelle che più appoggiarono il regime fascista.
La Festa degli alberi riprese vita nel 1949, ormai nella Repubblica, e nel 1951 venne rilanciata ufficialmente dal Ministro dell’agricoltura Amintore Fanfani, nell’ambito dell’attenzione della Democrazia cristiana alla montagna, e ai suoi allora numerosi elettori. L’anno seguente veniva approvata la prima legge per la montagna, la 991 del 1952, conosciuta anche come “Legge Fanfani”, nonostante la paternità dell’idea fosse di Michele Gortani, quello dell’articolo 44 della Costituzione. Si rinnovava così, anche per il periodo repubblicano, il legame istituzionale tra alberi e montagne. La festa venne celebrata regolarmente, ancora il 21 novembre, almeno fino al 1970, anno dell’avvio del funzionamento delle regioni a statuto ordinario, che segnò, sostanzialmente, la fine dell’iniziativa nata nel 1898. Intanto, nel 1971, la Fao istituiva la Giornata mondiale forestale, da celebrarsi il 21 marzo.
Nel 1995, dopo più di un ventennio di sostanziale abbandono la Festa è stata presa in carico dai protezionisti di Legambiente e rilanciata dal decreto del 4 agosto 2000 del Ministro delle politiche agricole e agricole e forestali, il “verde” Alfonso Pecoraro Scanio, e del Ministro della pubblica istruzione Tullio De Mauro.
Nel 2010, ormai sciolta dal legame originario con la montagna e quasi a sottrarre la Festa dalla tutela del movimento ambientalista, la Ministra dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, la “forzista” Stefania Prestigiacomo, ha ribattezzato la Festa “Giornata nazionale degli alberi”, da svolgersi sempre il 21 novembre, ribadendo l’impostazione ambientalista ma in chiave istituzionale e internazionale in riferimento al “Protocollo di Kyoto” del 1997 (Legge n. 10 del 14 gennaio 2013) e, implicitamente, alla Giornata della Fao.
Oggi Festa e Giornata degli alberi coesistono in una simpatica mescolanza di denominazioni e di paternità, più o meno fittizie, di cui solo i pochi più informati riescono ad apprezzare le sfumature.
Oscar Gaspari