La montagna abruzzese rappresenta una dimensione complessa, specialmente per chi in vacanza privilegia la media e alta quota. Questa porzione di Appennino si presenta molto polarizzata tra aree dove gli itinerari sono poco curati e le strutture ricettive del tutto assenti, e altre dove invece il turismo ha assunto i connotati dell’attività industriale, grazie alle dimensioni e alla densità delle attività alberghiere. Un equilibrio difficile, dunque, ulteriormente destabilizzato dal sisma del 2009 che ha colpito la provincia dell’Aquila e parte del Teramano. Se i comuni montani e i borghi erano già soggetti all’abbandono e all’invecchiamento della popolazione residente, la cesura rappresentata dal terremoto ha spesso accelerato questi fenomeni.

Santo Stefano di Sessanio è un borgo incastellato, di origine romana, con importanti testimonianze architettoniche medicee. La famiglia fiorentina curava qui interessi legati alla produzione e commercio della lana. A partire dal 2000, per iniziativa di un imprenditore di origine svedese, Daniele Elow Kihlgren, si è iniziato ad avviare un progetto di ricezione turistica intorno ad alcuni alloggi dell’antico borgo, arrivando oggi a raccogliere intorno al progetto “Sextantio” 29 alloggi, ristrutturati secondo le pratiche edificatorie tradizionali della zona. Nunzia Taraschi, che per Sextantio si occupa della cura degli aspetti culturali e antropologici, ha voluto sottolineare che pur non avendo scelto metodi di restauro particolarmente innovativi dal punto di vista energetico, le tecniche adoperate non sono state casuali. «La ricerca» mi ha spiegato «si è basata sulla scelta di materiali, legno e pietre, fedeli alla struttura originaria. Anche l’arredo è stato curato insieme al Museo delle genti d’Abruzzo e corredato da lasciti di famiglie che vivevano a Santo Stefano. Anche il consumo energetico, per quanto non basato su fonti rinnovabili, è limitato. Il progetto dunque è sostenibile nella misura in cui non è invasivo e segue una filosofia particolare». Il sisma del 2009 ha naturalmente avuto anche qui delle conseguenze, con il crollo della torre medicea che ha coinvolto alcuni alloggi, ma la maggior parte degli immobili è rimasta agibile ed essendo il comune inserito nel “cratere”, i sostegni alla riqualificazione sono arrivati presto. «Dopo il terremoto abbiamo goduto di una pubblicità indotta e involontaria» ha sottolineato Taraschi. «La resistenza che hanno dimostrato gli edifici ha infatti attirato i media che sono venuti a visitare Santo Stefano dando visibilità all’esperienza dell’albergo diffuso. Il terremoto ha tuttavia penalizzato l’attività immobiliare, perché la percezione diffusa è che l’aquilano sia un’area insicura». Ciò nonostante, l’attività ricettiva ha comunque rilanciato l’economia del borgo: è aumentato infatti l’indotto turistico e il valore delle case, per cui chi ha scelto di rimanere si è trovato ad avere un immobile valorizzato. Se da una parte questo ha interrotto l’abbandono, mantenuto relativamente bassa l’età media degli abitanti e rafforzato il tessuto sociale, dall’altra ha reso più difficile l’arrivo di nuovi residenti, per i prezzi degli alloggi più alti rispetto agli altri comuni del territorio. Nonostante la vicinanza al gruppo del Gran Sasso e a Campo Imperatore, ottime mete per chi pratica sport alpinistici, il tipo di turismo, proveniente anche da Oltralpe, è ancora quello legato al patrimonio culturale ed enogastronomico della media montagna. «Il pernottamento medio è molto ristretto, un fine settimana, e si valorizza l’esperienza all’interno dell’albergo. Il progetto ha ancora connotati sperimentali, ma sta avendo successo tra chi già conosce la Toscana o altre aree del Paese ed è in cerca di un progetto culturale diverso». Alla domanda se il progetto è replicabile in altri comuni montani, Taraschi risponde che «l’energia e lo sforzo economico richiesti per partire sono difficili da trovare altrove. Tuttavia, Sextantio è replicabile: ci sono altri 5-6 borghi tra Umbria e Abruzzo, con caratteristiche simili, che si stanno strutturando secondo lo stesso modello. A Frattura di Scanno il progetto sta per partire, così come a Matera: l’idea è sempre quella di agire su borghi che hanno un patrimonio “minore”, radicato più che in particolari aspetti artistici, su una cultura materiale da valorizzare».
Giovanni Pietrangeli