Il Forte di Exilles, oggi, è una spina nel fianco della Valle di Susa: perché non si sa che cosa farne!
Stiamo parlando di uno dei più importanti sistemi difensivi del Piemonte, impiegato a fasi alterne per operazioni militari e difensive sia dai Savoia che dai francesi. Un luogo che racconta di storie incredibili, a cavallo tra la leggenda e la realtà. Come quella del misterioso personaggio che nella seconda metà del ‘600 veniva rinchiuso all’interno del Forte: la Maschera di ferro, un prigioniero in catene che da Pinerolo veniva trasferito nella fortezza di Exilles, dove rimarrà rinchiuso per sei anni, con il viso coperto da una maschera e senza la possibilità di parlare né vedere nessuno, all’infuori del suo confessore. Secondo il filosofo Voltaire il misterioso individuo altri non era se non il fratello gemello di Re Luigi XIV, segregato a vita per evitare eventuali pretese al trono di Francia. Tesi ripresa da Alexandre Dumas, che ne fece un personaggio nel romanzo “Il visconte di Bragelonne”. Altri sostengono che l’uomo rinchiuso nelle celle di Exilles fosse addirittura il padre naturale di Luigi XIV, perché dal momento che si narra Luigi XIII essere impotente, il futuro Re Sole non poteva che essere stato concepito da qualcun altro. Fatto sta che la Maschera di Ferro dopo gli anni di prigionia in Valle di Susa fu trasferito in Francia. Due anni dopo, nel 1689, sotto le finestre del Forte passavano i soldati dell’esercito di Vittorio Amedeo II allo sbando, dopo aver subito una sonora sconfitta nella battaglia contro il pastore e leader Henri Arnaud, che sempre a Exilles, alla testa dei suoi uomini, guidava il Glorioso Rimpatrio valdese verso le valli piemontesi, a riscatto della persecuzione subita all’inizio dello stesso secolo. Il medesimo esercito che nel 1747 passava in bassa valle nel comune di Bussoleno trionfante dopo aver sbaragliato l’esercito franco-spagnolo al Colle dell’Assietta.
Come dicevamo sono tante le storie legate al Forte di Exilles. Che grazie alla sua posizione, al centro di una strettoia dell’alta Valle di Susa, è stato una minaccia sia per gli eserciti che scendevano dall’alta valle che per quelli che risalivano dal fondo valle. E oggi, sempre grazie alla posizione strategica, potrebbe diventare un punto di passaggio per i numerosi turisti che, da tutto il mondo, salgono o scendono la Valle di Susa. Potrebbe. Ma purtroppo non è così. Perché?
Difficile dire. La struttura, della Regione Piemonte, ha sicuramente delle difficoltà logistiche legate alla sua grandezza e conformazione. E la gestione congiunta con il Museo Nazionale della Montagna in questi anni, a fronte del denaro pubblico investito, non ha certo portato i benefici che il territorio si attendeva. E allora, per tentare di entrare un po’ di più nell’intricata faccenda legata alla destinazione d’uso del Forte di Exilles, abbiamo fatto un paio di domande a Riccardo Humbert, residente ad Exilles, regista e profondo conoscitore della Valle di Susa.
Riccardo, ci puoi raccontare la storia recente del Forte di Exilles?
Vediamo se riesco a riassumere: dopo anni di accese discussioni, promesse e progetti strapagati che non hanno mai visto la luce, la Regione Piemonte decide di investire qualche miliardo per la ristrutturazione del Forte. I lavori durano più di 10 anni ma nel 2001 il Forte ristrutturato apre al pubblico.
Che ruolo ha avuto la comunità locale nell’operazione?
La gestione era esclusivamente torinese poiché le sbandierate sinergie sono rimaste nei cassetti di qualche funzionario, il Forte era una sorta di corpo estraneo inserito nel Comune di Exilles però, nonostante tutto, cominciava a dare benefici di ritorno.
Quali benefici?
Una buona parte di turisti, dopo aver visitato il monumento, visitava il paese. Ben presto aprirono un paio di ristoranti e qualche negozietto.
Poi?
L’accesso al Forte, però, era garantito solo attraverso una lunga e faticosa rampa in salita difficilmente raggiungibile da anziani, disabili e quanti non disponevano delle forze necessarie per raggiungere l’ingresso. Si cominciò a parlare di un ascensore e la Regione lanciò il consueto bando di concorso. Il Forte era sottoposto a vincoli paesaggistici, si presumeva dunque che, per non violarli e preservare così la conformazione originale del manufatto, l’ascensore dovesse essere costruito rigorosamente all’interno.
E quindi cosa succede?
Che non si può dire ai fedeli di comportarsi bene quando il sacerdote dà il cattivo esempio: vinse un progetto che contemplava l’ascensore scavato interamente all’interno della rocca. Poi non se ne seppe più nulla per qualche anno fino a quando improvvisamente un altro studio di architettura si aggiudicò l’appalto prevedendo, però, un ascensore di cristallo, esterno, che contemplava un taglio verticale nella roccia alterandone la morfologia.
Come hanno giustificato la decisione?
Sarà “mimetico ma visibile” dissero gli architetti con grande dispendio di fantasia durante un incontro con la popolazione in una piovosa serata di novembre, qualcuno aggiunse anche che quel coso di cristallo avrebbe regalato una “vista mozzafiato”. E i vincoli? Ci chiedemmo tutti. E la Soprintendenza? Si domandò anche il contadino a cui era stata vietata la costruzione di una baracca di legno. E la coerenza? Mi chiesi io. Con l’utilizzo di un’approssimativa presentazione in Power Point tentarono di convincere la popolazione sulla bontà del risultato, come si fa con i bambini per far loro mangiare la minestra.
Cosa avete fatto voi residenti?
Venne istituito un comitato. Non contro la costruzione dell’ascensore, bensì contro la costruzione di quell’ascensore. Era uno schiaffo agli abitanti di Exilles che, non potendo aprirsi un abbaino sul tetto, dovevano sorbirsi l’affronto di quell’ascensore nella roccia. Che fine aveva fatto il primo progetto? Dissero approssimativamente che la roccia non consentiva uno scavo, e la cosa finì lì. Come sempre quando ci si scontra con il potere si perde a tavolino e quasi mai sul campo. Perdemmo.
Quindi partirono i lavori?
La costruzione dell’ascensore prevedeva due anni di lavori. Ne occorsero cinque, uno per ogni milione di euro che è costato. L’ascensore venne inaugurato in pompa magna come si conviene dopo ogni appalto, in vista di nuove elezioni, per autogratificarsi e per poter disporre di qualche scontrino in più da inserire in conto spese. Cinque minuti furono sufficienti per verificare che la “vista mozzafiato” consisteva in un pezzo di vigna e nell’ingresso di servizio della galleria dell’autostrada. Fortuna volle che, nonostante la presenza di quell’orripilante taglio nella roccia, i turisti continuavano a frequentare sia il forte che il paese.
Quindi nonostante l’ascensore i benefici per il territorio rimanevano. E poi?
La débacle avvenne esattamente a due anni dall’inaugurazione di quella sorta di montacarichi per la cui costruzione ne erano stati impiegati cinque: il Forte di Exilles chiudeva.
Per quale motivo?
Le motivazioni addotte erano una decina, dalla mancanza dei pagamenti ai dipendenti alla riorganizzazione di qualche imprecisato ente regionale, ma restava il fatto che il forte chiudeva. L’ascensore per il quale erano stati spesi cinque milioni di euro si fermava definitivamente, e quando un ascensore “mimetico ma visibile” ed esposto alle intemperie si ferma le prospettive per una sua immediata ripartenza sono veramente poche.
E alla popolazione locale cosa è stato detto?
In una valle dove sono tutti cattivoni e ignoranti poiché No Tav, nessuno è stato ancora in grado di dare motivazioni precise alla chiusura di questo monumento. E’ sempre brutto dire “io l’avevo detto”, però è successo esattamente così, da voci ufficiose si sa che gli allestimenti museali sono in smantellamento, il fantascientifico museo delle Olimpiadi – che già era ridotto alla brutta immagine di se stesso poiché l’allestimento originale al Museo di Scienze Naturali di Torino era tutta un’altra cosa – non si sa che fine farà, e i cartelloni stradali che, da Susa ad Exilles, pubblicizzavano il forte sono stati smantellati nel silenzio più totale.
Erwin Durbiano
Luogo incantato, le bellezze di questo Forte, sono incantevoli che tra legenda e realtà farei di questo luogo una atrazzione turistica mondiale, la prima cosa da costruire una strada che collega la fortezza sull’autostrada Torino Bardonecchia e trasformare la Fortezza in alberghi e ristoranti con Musei.
Sono certo che in pochi mesi le spese fatte per l’ammodernamento rientrerebbero e ve lo garantisco sarebbe un MEGA RIENTRO di Introiti.
Tommy Rocca