«Le pale eoliche? Hanno sull’ambiente lo stesso effetto violento di un pedofilo su un bambino». Non ha usato mezzi termini il sindaco di Salemi, il critico d’arte Vittorio Sgarbi, acerrimo nemico dell’eolico, in una conferenza stampa organizzata qualche anno fa a Palermo. Dove il sindaco ha spiegato le ragioni del suo no alla diffusione di questa fonte di energia alternativa nella regione del suo comune, la Sicilia. Diffusione, a suo dire, rea addirittura di «annientare le potenzialità turistiche dell’isola». Ma le provocazioni del primo cittadino di Salemme, da molti salutate come l’ennesimo “coup de theatre”, celano in realtà un dibattito in corso da lungo tempo in seno alle associazioni che a vario titolo si occupano d’ambiente. E che, sintetizzando, si potrebbe descrivere come segue: fino a che punto gli impianti di produzione d’energia da fonti rinnovabili possono avere impatto sull’ambiente?
«Ancora una volta Legambiente fa sua la posizione degli industriali del vento e dell’Associazione nazionale energia del vento – ha dichiarato il Presidente di Italia Nostra, la nota associazione in difesa del pasaggio, Carlo Ripa di Meana –. Italia Nostra rappresenta, al contrario, l’opposizione dei cittadini e dei comitati territoriali locali». Il presidente di Legambiente Roberto Della Seta replica: «Non seguiamo Italia nostra su questa strada […]. Gli impianti eolici vanno realizzati perché contribuiscono a ridurre la dipendenza dalle energie inquinanti, come il petrolio e il carbone». In mezzo il Cai nazionale, che in un documento ufficiale sottolinea: «Il Club alpino italiano considera positivamente l’utilizzo delle fonti rinnovabili, e particolarmente dell’eolico, per quelle infrastrutture isolate, come rifugi e malghe, che vedono l’installazione di piccoli generatori come elemento determinante per il funzionamento e l’esistenza stessa della struttura, e comunque di gran lunga preferibili ai generatori a combustibile fossile». E per quanto riguarda i grossi impianti eolici per la produzione industriale di energia, il Cai si dice favorevole all’installazione solo se vengono rispettati i presupposti fondamentali di tutela del paesaggio.
Ma se risulta difficile, spesso anche per le stesse associazioni ambientaliste, prendere posizioni nette sul tema degli impianti di produzione di energia eolica, è sui casi specifici che si vedono gli effetti pratici delle grandi opere. Come nel caso dell’Appennino umbro marchigiano, dove un elenco di associazioni che vanno dal Cai al Wwf, passando per Mountain Wilderness e Pro Natura, Italia Nostra e Lipu, più altre realtà locali, hanno firmato il seguente documento di protesta: «Con la ‘solita’ scusa delle energie rinnovabili e pulite, e con l’abile esca economica per i piccoli comuni montani con l’acqua alla gola e con i bilanci sempre più ristretti, decine e decine di chilometri di stupendi paesaggi dell’Appennino umbro-marchigiano corrono, oggi, un grave rischio mascherato da apparentemente ‘innocui’ mulini a vento. Il catastrofico paragrafo relativo agli Impianti eolici del Piano energetico ambientale regionale delle Marche (Pear) prevede l’installazione di circa 160 megawatt di parchi eolici lungo montagne e crinali (anche sopra i 1300 metri sul livello del mare) che sono ancora oggi dimora inviolata di circa 14-15 coppie di Aquila reale e di 20-22 esemplari del raro Biancone, di qualche trotterellante Lupo e … invisibili esemplari di Gatto selvatico. Senza parlare dell’enorme varietà vegetale che in certe zone, soprattutto di crinale, presenta endemismi e altre specie di grande importanza. Ma la biodiversità nulla può di fronte ad opere di importanza ‘nazionale’. E allora cosa importa se nuove strade apriranno vecchie ferite su versanti montani frequentati ogni tanto da qualche escursionista, se file e file di torri eoliche si frapporranno tra il nostro sguardo e l’orizzonte, se uno, dieci, cento animali saranno falciati dalle pale per loro invisibili…».
Sul confine tra Piemonte e Liguria, sui mille metri del Colle del San Bernardino, nel comune di Garessio, si trova uno dei maggiori parchi eolici del nordovest italiano: un impianto costituito da cinque torri di altezza variabile fra i 60 e gli 80 metri, per una potenza nominale di ciascun impianto è di 2500 kilowatt, realizzato dalla San Bernardo Wind Energy. La realizzazione di tale impianto, attivo dal 2009 e ben visibile dal lato piemontese e da quello ligure, è stata soggetta a molte polemiche da parte di alcune associazioni ambientaliste e animaliste: «Sull’energia pulita non vi è nulla da eccepire – sosteneva Luca Girando, portavoce dell’associazione ambientalista ‘Cuneo birding’ –, ma nessuno si preoccupa minimamente dell’impatto faunistico che queste barriere artificiali hanno. Tutta la Val Tanaro (in cui sorge l’impianto, nda) è interessata da rotte migratorie e siccome il 70% degli uccelli migra di notte, è inevitabile che queste barriere si trasformino in una trappola mortale per molte specie già a rischio estinzione». Nel frattempo, a meno di sei chilometri dal parco eolico del Colle del San Bernardino, a settembre veniva inaugurato il parco eolico sul Bric Schenasso, a circa mille metri d’altezza, tra il passo dello Scravaion e il colle Quazzo, in territorio ligure, nel comune di Erli, Alta Val Neva, nel territorio della Comunità montana Ingauna. Dove la società savonese Tersia ha installato due generatori dalla potenza di 850 chilowatt l’uno, con pale eoliche alte più di cinquanta metri. «Siamo molto soddisfatti perché la centrale rappresenta un reddito costante e importante per le casse comunali – spiega Candido Carretto, sindaco di Erli –. Con gli introiti della convenzione ristruttureremo il municipio, spostando gli uffici al piano terra. È un intervento che abbiamo in programma da anni, perché ci sono molti residenti anziani, ma non siamo mai riusciti a recuperare i settantamila euro necessari all’operazione».
Ma il caso più emblematico è forse quello del parco eolico di Scansano, in Toscana, Provincia di Grosseto, nel territorio della Comunità Montana Colline del Fiora. Si tratta del più grosso parco eolico della Toscana, un colosso di 10 aerogeneratori per la produzione di 20 megawatt, costruito dal colosso spagnolo Gamesa. Ebbene, l’impianto, dopo poche settimane dalla sua inaugurazione, è stato bloccato da una sentenza del Tar che ha accolto il ricorso di un viticoltore locale, tal Iacopo Biondi. Il tribunale ha motivato la sentenza con la conservazione della fauna, in quanto nell’area circostante il parco ci sono tre siti di importanza comunitaria da considerare, si legge nel documento, “aree critiche per aspetti naturalistici”. In buona sostanza gli interessati al progetto, regione Toscana e Provincia di Grosseto comprese, non avevano ritenuto necessario procedere a una valutazione di impatto ambientale, limitandosi a chiedere delle prescrizioni. Procedura valutata negativamente dal tribunale, che ha temporaneamente bloccato l’impianto. In attesa di nuova autorizzazione, approvata pochi giorni fa. «La nuova autorizzazione – afferma il sindaco di Scansano Marzio Flavio Morini, neopresidente della commissione ambiente dell’Anci nazionale – giunge alla fine di un iter lungo e travagliato e di un dibattito che ha coinvolto tutto il territorio nazionale. L’aspetto più rilevante è il mantenimento del parco e la sua rimessa in funzione. Non ci sono vincitori o vinti, semplicemente una struttura realizzata per produrre naturalmente energia, che può continuare a funzionare. Mi auguro che la nuova autorizzazione ponga fine alla vicenda e costituisca una solida base per la realizzazione dei parchi eolici in Italia. Auspico che le linee guida sull’eolico redatte dal Ministero dell’ambiente possano eliminare vicende lunghe e complesse come quella del parco eolico di Scansano».
Maurizio Dematteis