La storia dell’istruzione altoatesina è strettamente legata all’identità culturale dei suoi abitanti, nonché sempre associata a spazi ben specifici: regolari e uniformi  a partire dalla metà degli anni Venti, stretti e angusti nelle scuole clandestine, innovativi e premiati nella contemporaneità.
Con l’italianizzazione forzata imposta dalla dittatura fascista e a seguito della Riforma Gentile del 1923, la scuola in Sudtirolo diventa a tutti gli effetti italiana. In risposta a questa situazione, si sviluppano a partire dal 1924 le Katakombenschulen, realtà scolastiche di matrice essenzialmente cattolica, che vengono organizzate in clandestinità nelle cantine, nelle soffitte e nelle canoniche per insegnare la lingua tedesca, il cui uso e insegnamento è illegale in tutte le sue forme. Un’altra realtà parallela alle scuole clandestine sono le scuole parrocchiali, all’interno delle quali, dal 1928 e grazie ad una convenzione tra Stato e Chiesa, è consentito l’insegnamento del catechismo in lingua tedesca, con l’utilizzo di testi scritti (Gruber, 2017).
Dopo la fine della dittatura e l’ottenimento dell’autonomia prima regionale e poi provinciale, gli edifici scolastici entrano ufficialmente a far parte del dibattito pubblico a partire dalla metà degli anni Settanta, quando, in virtù del passaggio di competenze relativo ai lavori pubblici dallo Stato alla Provincia Autonoma, vengono elaborate le Nuove Direttive per l’Edilizia Scolastica. Queste fanno fronte a una situazione piuttosto critica degli edifici scolastici esistenti, che sono gravemente carenti dal punto di vista non solo del dimensionamento, ma anche della sicurezza strutturale e delle condizioni igienico sanitarie. Inoltre, gli edifici scolastici rientrano tra quei servizi alla cittadinanza che il Sudtirolo vuole fornire alle aree extraurbane coerentemente con le contemporanee politiche provinciali di decentramento. Le nuove direttive vengono perciò elaborate specificamente per il territorio altoatesino, per rispondere puntualmente alle necessità di un territorio in gran parte montano; le direttive nazionali sono infatti calibrate su realtà prettamente urbane e dunque piuttosto inadatte al contesto locale. Per sanare le ingenti problematiche che gravano sugli edifici scolastici esistenti, la Provincia inizia inoltre a erogare contributi ai comuni fino al 90%, che in 30 anni ammontano ad un totale di circa 380 milioni di euro, da destinarsi a coprire i costi necessari al risanamento delle scuole dell’obbligo (March, Pomaro, 2013).

Nel 2009 si ritiene necessario un aggiornamento delle direttive per l’edilizia scolastica elaborate negli anni Ottanta, ormai obsolete soprattutto relativamente alle nuove indicazioni pedagogiche. Nelle nuove direttive, sono infatti i profili pedagogici sviluppati dalle scuole a indirizzare il concept architettonico e la flessibilità degli spazi è uno degli aspetti fondamentali per rendere gli edifici scolastici adatti ad accogliere i cambiamenti futuri del mondo dell’istruzione (Patat, 2013).
Grazie ai numerosi concorsi indetti dall’amministrazione provinciale a livello locale e internazionale, il territorio sudtirolese è oggi ricco di numerosi esempi di spazi per l’apprendimento innovativi e contemporanei, non solo esemplari dal punto di vista della qualità progettuale e realizzativa, ma anche di strategica importanza all’interno delle realtà extraurbane, dove la scuola diventa centro culturale, biblioteca, spazio collettivo e luogo di ritrovo (Winterle, 2020). Rispetto al resto d’Italia, e presumibilmente per la vicinanza culturale con il sistema delle Fachschulen del mondo tedesco, l’Alto Adige pone inoltre particolare cura nella progettazione delle scuole professionali, che in molti casi si rivelano anticipatrici dei nuovi modelli pedagogici, maggiormente incentrati sulle attività pratiche degli studenti: è infatti proprio in questi edifici che vengono sperimentate le soluzioni progettuali più innovative (Calderan, 2015).

Gli anni di sperimentazione sugli spazi dell’apprendimento, iniziati in forma prototipale con le Katakombenschulen e proseguiti poi con le direttive studiate a partire dagli anni  Ottanta, vengono oggi messi a dura prova dalla pandemia. Le modalità didattiche verso le quali la progettazione si indirizza nel periodo più recente si rivelano inadatte alla situazione di emergenza sanitaria, che privilegia le compartimentazioni agli spazi ibridi e ai luoghi di condivisione promossi dalle nuove istanze della disciplina pedagogica. Si auspica, dunque, che il lungo cammino intrapreso dalla Provincia Autonoma di Bolzano in questo campo possa adattarsi alle esigenze scolastiche future, tentando di considerare le difficoltà e le restrizioni dovute alla diffusione del virus come occasione di riflessione sulla didattica del futuro.
Eleonora Gabbarini