Il lupo non è l’unico grande predatore carnivoro che vive sulle Alpi Italiane. Gli stessi dibattiti infuocati che risuonano nelle valli piemontesi relativamente ai lupi, infatti, nelle Alpi Orientali hanno come oggetto l’orso bruno (in realtà animale onnivoro, prevalentemente vegetariano), la cui presenza, soprattutto in Trentino, sta aumentando grazie agli sforzi messi in campo per garantire la sopravvivenza di popolazioni presenti da sempre in quell’area.
Come afferma lo studioso tedesco Bernd Brunner, autore di un recente saggio che approfondisce il millenario rapporto tra l’uomo e uno degli animali che più appartiene all’immaginario collettivo della maggior parte delle culture (Uomini e orsi, Bollati Boringhieri, 2010): “Scrivere sugli orsi, tuttavia, presenta i suoi rischi. (…) si ha la sensazione di avere puntati addosso gli occhi di tutti: amanti degli orsacchiotti, biologi, cacciatori, bracconieri, animalisti e molti altri”.

Oggi la regione del versante italiano delle Alpi con il maggior numero di esemplari di orso bruno è il Trentino dove, secondo il Rapporto Orso 2011, pubblicato dalla Provincia Autonoma di Trento, vivono circa 30 orsi, concentrati prevalentemente sul massiccio del Brenta, sulla Paganella e nelle valli Giudicarie, con frequenti sconfinamenti nel resto della provincia, in Lombardia, in Alto Adige, in Engadina, in Veneto ed in Friuli.
La buona salute della popolazione ursina trentina è merito, oltre che della situazione ambientale favorevole, delle azioni legate al progetto europeo Life Arctos, nato nel 1996 (con il nome Life Ursus) con l’obiettivo di reintrodurre alcuni esemplari nelle valli trentine, in modo da garantire il numero minimo di sopravvivenza ad una popolazione da sempre presente in quell’area, e che oggi punta alla conservazione dei suoi habitat e a un miglioramento della convivenza con l’uomo, grazie a campagne di sensibilizzazione e di prevenzione dei conflitti.
Se nei primi anni l’operazione era stata accolta con grande entusiasmo, oltre che per il suo innegabile valore scientifico, per le sue potenzialità per quanto riguarda la visibilità del territorio trentino, oggi il gradimento dei trentini nei confronti dell’orso sembra essere sceso. Secondo un sondaggio commissionato nel 2011 dalla provincia autonoma, solo il 2% degli abitanti di Trento e provincia si dice favorevole ad un ulteriore aumento del numero di orsi nella zona, mentre il 32% si è detto contrario ed il 66% neutrale. Secondo i risultati del sondaggio, la diminuzione del grado di accettazione di questo affascinante ma ingombrante abitante dei boschi non sarebbe tanto legato alla sua percezione come specie pericolosa per l’uomo, quanto all’essere considerato dannoso nei confronti dell’agricoltura e dell’allevamento.
Nonostante la provincia di Trento risarcisca al 100 % i danni da orso (perlopiù frutteti ed arnie distrutti o animali domestici uccisi) ed incentivi l’adozione di misure preventive (per esempio recinzioni elettrificate per le arnie) e nonostante in Trentino non si siano verificati attacchi significativi dell’orso nei confronti dell’uomo, almeno negli ultimi decenni, quello della convivenza tra uomini e orsi (come tra uomini e lupi) è un tema che accende gli animi e che scatena nel dibattito locale, prontamente ripreso dalla stampa, quella che Brunner nel suo libro chiama “orsessione”.
Come spesso accade in Italia, infatti, questioni delicate come questa vengono fatte proprie dalla politica peggiore, che sfrutta l’emotività collettiva a proprio vantaggio, cavalcando polemiche che vengono gonfiate ben al di là della misura che spetterebbe loro. In Trentino, in particolare, è stata la Lega Nord a farsi paladina delle battaglie contro gli orsi, arrivando perfino a proporre ad una sagra locale un menu a base di carne di orso, fortunatamente proibito dall’intervento dei Nas.
Se è difficile scrivere di orsi senza scontentare qualcuno, ancora più difficile è trarre conclusioni relative a temi sui quali non esiste una sola verità. Se la conservazione della natura è una priorità alla quale non si può rinunciare, soprattutto in un contesto di eccezionale valore ambientale, come quello alpino, è altrettanto vero che le attività dell’uomo, se sostenibili, costituiscono una componente fondamentale del delicato equilibrio tra montagna abitata ed ambiente naturale, che caratterizza da sempre le Alpi. Per questo sarebbe bene accantonare i dibattiti gridati che vogliono stabilire se sia più cattivo l’orso o l’uomo, cercando di ragionare con calma per capire quali possano essere regole di convivenza eque ed applicabili.
Giacomo Pettenati