Invito un’amica a cenare a casa mia. Mi definisco una “consumatrice consapevole”, ho acquistato carne piemontese, due porzioni di frutta e verdura di stagione, pane e formaggio locale. Durante la cenetta, tra una chiacchiera e l’altra, sorge una domanda: qual è l’impatto ambientale di questo nostro pasto frugale? Con una rapida ricerca sul Web ci imbattiamo in un calcolatore on-line delle emissioni climalteranti prodotte dalle attività umane. Stupite, scopriamo di aver consumato ben 1,45 kg di Co2 semplicemente mangiando, compiendo un gesto apparentemente naturale. E se volessimo ridurre ulteriormente la nostra impronta ecologica? Il sito web propone una serie di servizi rivolti a privati e aziende per compensare l’emissione di Co2 con il sostegno a interventi di forestazione in Italia e all’estero.
Il calcolo può essere effettuato per ogni tipo di attività: l’uso dei mezzi di trasporto (auto, treno, bus e bicicletta), i consumi domestici o l’acquisto di qualsiasi oggetto di consumo, ma sono soprattutto imprese e società a beneficiare di questa opportunità per le positive ricadute che un investimento di green marketing ha sull’immagine dell’azienda in un mercato sempre più attento alle tematiche ambientali.
In Italia tra il 2003 e il 2010 sono stati sottoscritti più di mille accordi tra individui, imprese, società e istituzioni interessate a compensare volontariamente le proprie emissioni e i possessori di foreste. Nel mercato volontario dei crediti di carbonio il tramite tra domanda e offerta è costituito dai carbon broker, agenzie e operatori che, fatto un calcolo delle emissioni da compensare, consentono di finanziare uno o più progetti di forestazione e rilasciano un certificato dei crediti generati dal proprio contributo. Le soluzioni dei carbon broker sono diverse: alcuni propongono le foreste pluviali tropicali delle zone equatoriali, altri promuovono le aree verdi italiane, ma nessuno è in grado di offrire ai propri clienti la possibilità di scegliere la zona in cui compensare le proprie emissioni. E se – volendo ambiziosamente aspirare al meglio – desiderassimo azzerare l’impronta ecologica del nostro pasto contribuendo alla gestione sostenibile di un bosco nelle Valli torinesi?

È la sfida che l’Ipla (Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente) sta portando avanti in Piemonte da qualche anno. La nostra regione ha aderito al progetto Carbomark, attivato da Veneto e Friuli Venezia Giulia per promuovere lo sviluppo di un mercato locale dei crediti. Negli ultimi tre anni Carbomark ha consentito l’apertura del mercato volontario a istituzioni, società e piccole e medie imprese del territorio: i crediti derivanti dalla gestione sostenibile dei boschi del Nord-est sono stati raccolti e venduti in aste aperte ai soggetti pubblici e privati interessati. Con il progetto sono andate definendosi alcune regole e buone pratiche, una base da cui partire per regolamentare il mercato a livello nazionale.
«Il mercato volontario per la compensazione delle emissioni di Co2 rappresenta una reale opportunità per il settore forestale – spiega Raoul Romano, ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Economia Agraria –. Un imprenditore agricolo e/o forestale potrebbe ricavare redditi dalla vendita dei crediti di carbonio con interventi compensativi specifici. Ad oggi non esiste un documento nazionale che regolamenti questo mercato. Agenzie e operatori del settore usano criteri differenti per il calcolo delle emissioni di Co2 e propongono soluzioni di compensazione diverse. Considerata l’opportunità che il mercato volontario rappresenta per i territori rurali e montani urge la definizione di una piano pensato e condiviso che renda lo scambio più efficace e trasparente». Da qui, l’idea di un gruppo di ricercatori ed esperti, riuniti nel Nucleo Monitoraggio Carbonio (di cui fanno parte l’Inea, le Università di Padova e della Tuscia, l’Ipla e la società Compagnia delle Foreste) di realizzare un Codice per regolamentare il mercato volontario dei crediti in Italia.
«Nell’ultimo anno e mezzo – spiega Fabio Petrella, pedologo dell’Ipla – il nostro Istituto ha coordinato il Forum Nazionale del Carbonio, una piattaforma web che, potendo riunire ricercatori, enti e operatori del settore, ha raccolto le esperienze e le esigenze di tutti e portato alla stesura di una prima versione del Codice». La possibilità che si arrivi in tempi brevi alla condivisione del Codice da parte di tutti gli attori coinvolti è tanto remota quanto l’attivazione di un sistema semplice e condiviso per lo sviluppo del mercato locale dei crediti. È soprattutto l’incertezza che grava sul futuro dell’Ipla a dilatare i tempi di avviamento: «I progetti dell’Istituto stanno attraversando una fase di impasse – racconta Petrella –. Da gennaio i cinquanta dipendenti dell’Ipla sono in cassa integrazione. Sapremo qualcosa sul nostro futuro solo a fine mese. Cosa comporterà la cessione dell’Ipla per il lavoro sin qui svolto relativamente al mercato del carbonio? È ancora difficile da immaginare. Si potrebbe proseguire con azioni di consulenza privata, ma verrebbe comunque a mancare un punto di vista super partes e istituzionale».
Daria Rabbia