A 20 anni dalla firma della Convenzione quadro, dopo 18 dalla firma dei primi protocolli predisposti dalla Parti contraenti, a 17 anni dall’entrata in vigore e a distanza di 13 dalla ratifica della Convenzione quadro, finalmente i protocolli della Convenzione delle Alpi sono diventati legge anche in Italia.
Infatti a fine marzo l’Assemblea del Senato ha dato il via libera definitivo al disegno di legge che prevede la ratifica e l’esecuzione dei protocolli in materia di Foreste, Pianificazione territoriale, Difesa del suolo, Energia, Protezione della natura, Agricoltura di montagna e Turismo. Qualcuno avrà subito notato che non vi è il protocollo relativo ai Trasporti. Non è purtroppo una dimenticanza. La potente lobby dell’autotrasporto e dei costruttori di autostrade ha ottenuto quello che voleva e per il quale ha paralizzato – con la complicità del Parlamento – il processo di ratifica e l’attuazione dell’intero sistema della Convenzione delle Alpi.

Come valutare il voto del Senato? Dopo anni di rimpalli tra un ramo e l’altro del Parlamento, tra richieste di stralcio – sempre dello stesso Protocollo Trasporti – e rinvii alle commissioni, non era più pensabile che un Paese come l’Italia, che detiene una delle superfici alpine più vaste e si accinge a presiedere per il prossimo biennio la Conferenza delle parti, potesse permettersi di continuare a sedere al tavolo della Convenzione senza aver adempiuto a un impegno basilare. In ogni caso la ratifica sia pur tardiva dei protocolli va salutata in maniera positiva perché consentirà ora di attuare linee guida in settori strategici per le Alpi che vanno dal turismo all’agricoltura, dalle energie rinnovabili alla pianificazione territoriale.  Se finora l’attuazione della Convenzione era lasciata all’intraprendenza, spesso isolata, di qualche amministratore più sensibile e dinamico, ora dovrà essere l’intero sistema Stato-regioni-enti locali a farsene carico – con scelte chiare e coerenti oltre che mediante la predisposizione di strumenti finanziari – in modo che la Convenzione possa portare i suoi effetti a vantaggio degli abitanti e dello sviluppo sostenibile di tutto il territorio alpino.
Nonostante gli anni perduti e il gap da colmare rispetto ai paesi confinanti, anche nel versante meridionale delle Alpi ora ci sono i presupposti e gli strumenti per una gestione innovativa e sostenibile del territorio. Questo assume ancora maggior importanza in un periodo di crisi e di profondi cambiamenti, sia a livello locale che globale. Mentre da un lato le Alpi italiane continuano a soffrire di mali cronici, dalla carenza di servizi a modelli di turismo che hanno dimostrato tutti i loro limiti, e dall’altro sono chiamate ad affrontare sfide come quelle dei cambiamenti climatici o a doversi confrontare con le aree metropolitane di Milano, Torino, Lione, Zurigo, Monaco nell’ambito di strategie macroregionali alpine.
D’altra parte è evidente come il venire meno di un protocollo essenziale come quello sui trasporti vada a minare l’intera impalcatura di questo trattato internazionale per la protezione delle Alpi. Difficile pensare che il protocollo Trasporti sia recuperabile in tempi brevi, anche se in un contesto che vede i Paesi confinanti con il protocollo in vigore e la Svizzera che sta attuando una politica sulla mobilità tutta volta alle ferrovie e che fa emergere la “verità” dei costi di trasporto, le velleità italiane di qualche associazione di trasportatori o di qualche politico che aspira a realizzare progetti autostradali privi di fondamento sono destinate ad essere opportunamente confinate. Per queste ragioni è auspicabile che questo Governo possa attuare al più presto l’ordine del giorno del Senato che chiede all’esecutivo di proporre uno specifico progetto di legge per approvare il protocollo Trasporti. Altrimenti il nostro Paese avrebbe sciupato un’altra occasione per entrare a far parte del tavolo dei Paesi europei confinanti con cui discutere di politiche e infrastrutture dei trasporti in maniera seria e credibile.
Francesco Pastorelli