Nel dibattito e nelle politiche internazionali è riservata sempre maggiore attenzione alla gestione delle acque strategica per la qualità e la resilienza dei territori e dei paesaggi, a partire dalla Direttiva 2000/60/CE, che richiede di agire in un contesto di integrazione delle competenze per la valorizzazione dei territori delle acque, con attenzione all’inclusione degli attori sociali. Questi temi e approcci sono ripresi nella discussione sul ruolo dei contratti di fiume per l’adattamento al cambiamento climatico (SNACC 2015 e dal relativo piano) e, più in generale, per declinare il loro possibile contributo per l’attuazione dell’Agenda 2030 UN e della più recente Strategia europea per la biodiversità 2030. Questi documenti declinano un quadro di azioni per la biodiversità, la salute, la qualità degli ambienti urbani (cfr. SDGs 3, 11, 12, 13, 14 e 15), che pone al centro delle politiche territoriali gli obiettivi dell’uso sostenibile e inclusivo delle acque e della terra, della gestione delle foreste, della lotta alla desertificazione e del degrado del suolo.
In questo quadro i contratti di fiume sono strategici come metodo di governo del territorio, ormai consolidato e dal 2000 sperimentato nel nostro paese, che impegna diversi soggetti pubblici e privati per la riqualificazione ambientale e la rigenerazione socio-economica dei territori dei fiumi. In ragione della loro natura place-based e people oriented, contribuiscono anche a supportare lo sviluppo dei territori marginali del paese, promuovendo processi di governance innovativi, a dimensione partecipativa, interscalari e intersettoriali volti alla valorizzazione resiliente del paesaggio (Cotella, Vitale, Voghera, 2021). Possono quindi giocare un ruolo importante per dare attuazione anche alla SNAI e al PNRR nell’ottica di contribuire a prevenire e contrastare il dissesto del territorio, a migliorare la qualità della vita e la sicurezza ambientale e a costruire sistemi territoriali più sostenibili e resilienti.
La situazione italiana, monitorata dall’Osservatorio nazionale e dal Tavolo nazionale dei contratti di fiume mostra un’estrema vivacità di esperienze, che si apre ad altri campi come il paesaggio, le zone umide, le coste. Sono oggi un metodo diffuso di governo del territorio e di valorizzazione in un’ottica interdisciplinare e transcalare dei paesaggi sensibili, riconosciuto in maniera sempre più frequente in strumenti di natura diversa (piano di bacino o di distretto idrografico, piano di tutela delle acque, piano paesaggistico, piano territoriale regionale e provinciale, piano di sviluppo rurale), contribuendo a costruire strategie di sistema e azioni puntuali di progetto per superare le vulnerabilità e promuovere lo sviluppo dei territori.
L’ampiezza dei temi e la diversa efficacia rendono i contratti un metodo che, in assenza di una definizione univoca, promuove la sussidiarietà verticale e orizzontale, lo sviluppo locale partecipato e la sostenibilità. Il contratto deve infatti essere l’esito di un processo decisionale inclusivo per i soggetti coinvolti e integrato per le tematiche affrontate, permettendo di superare le tradizionali forme di governo delle acque, top-down, di carattere tecnico e settoriale.
Riconducibile alle forme di programmazione negoziata, il contratto mobilita – a partire da un accordo volontario – la partecipazione dei principali attori di un territorio fluviale per la definizione e l’attuazione di un quadro strategico condiviso attraverso un processo decisionale aperto. L’obiettivo è pervenire ad un progetto territoriale integrato nei contenuti ampi di tutela del suolo e delle acque, di miglioramento ambientale, di valorizzazione paesaggistica e di sviluppo territoriale, capace di costruire sinergie tra forme di finanziamento per dare efficacia alla pianificazione e alla programmazione. Può essere strategico per mantenere saperi e conoscenze identitarie legate alla salvaguardia idrogeologica, alla valorizzazione ecologica del fiume e del suo paesaggio e allo sviluppo di pratiche agricole multifunzionali, rafforzando le comunità e consentendo loro di riappropriarsi dei territori delle acque (Magnaghi, 2011), generando nuova territorialità, mettendo in rete iniziative locali di riqualificazione del territorio. Sono anche essenziali gli interventi per la resilienza dei territori per promuovere politiche non solo per i cambiamenti climatici, ma capaci di orientare le trasformazioni del suolo nell’ottica della prevenzione/mitigazione/adattamento, della permeabilità, dell’invarianza idraulica (Voghera, 2020).
Sono queste le ragioni della diffusione del contratto, che coinvolge oltre 270 esperienze in oltre 3000 comuni (Osservatorio Nazionale dei Contratti di Fiume, 2023); un quadro ampio che raccoglie esperienze molto positive di governance, ma che si caratterizza per alcune criticità nel passaggio dalle strategie, ai progetti, alla responsabilizzazione, all’efficacia operativa delle azioni.
E la montagna? E’ certamente un metodo di sviluppo e superamento delle vulnerabilità in territori marginali e praticato in contesti montani. Su questi temi è stato intervistata Floriana Clemente, funzionario della Regione Piemonte, che dal 2007 segue il processo dei contratti ed è membro del Comitato di Indirizzo dell’Osservatorio Nazionale sui Contratti di Fiume del MITE.
Come membro dell’osservatorio nazionale dei Contratti di fiume, qual è a suo parere il ruolo dei territori di montagna?
La montagna è un territorio di particolare bellezza e con una fragilità ambientale e socio-economica, legata alla marginalità di molte valli, allo spopolamento che porta ad economie marginali o a un’eccessiva pressione turistica. Non ultima l’alterazione climatica che sta portando ad avere, negli ultimi anni, fenomeni nuovi legati ad eventi estremi che vanno dalla siccità al dissesto idrogeologico. In un territorio così complesso il ruolo dei Contratti è determinante per affrontare con le comunità locali le diverse problematiche in una visione globale e di lungo periodo.
In territori montani quali sono le esperienze di contratti di maggior interesse? Quali i temi e gli obiettivi?
L’obiettivo è quello di innescare processi virtuosi di valorizzazione delle valli insieme alle comunità locali, ciascuna con la propria caratteristica territoriale, di cultura e tradizione, che portino a superare la marginalità (importante è la connessione monte-valle). Per questo è indispensabile la cura del territorio e il coinvolgimento delle nuove generazioni per creare quell’affezione alle proprie radici che portano a non lasciarlo. Tutti i Contratti di Fiume in Piemonte lavorano con questa visione.
Angioletta Voghera
Riferimenti bibliografici
Cotella G., Vitale Brovarone E., Voghera A., «Italy Testing the Place-Based Approach: River Agreements and National Strategy for Inner Areas», in in Bevilacqua, Carmelina, Calabrò, Francesco, Della Spina, Lucia (Eds.) New Metropolitan Perspectives Knowledge Dynamics and Innovation-driven Policies Towards Urban and Regional Transition, Volume 2, Springer, n. 178 (2021), pp. 113-124, Springer Nature Switzerland AG, 978-3-030-48278-7978-3-030-48279-4.
Voghera (2020) «The River Agreement. Experiencing resilient communities and landscapes», in Land Use Policy, Volume 91, February 2020,