Fa parte di stereotipi abbastanza diffusi il considerare il patrimonio culturale alpino, soprattutto quello musicale, come sottoprodotto provinciale, espressione di montanari e pastorelli se non gozzovigliatori e frequentatori di osterie. La diffusione in anni recenti della musica occitana ha in parte mutato questo scenario, ma rimane abbastanza oscura la conoscenza della reale cultura del “fare musica” nelle Alpi. Non solo cantanti di jodel in costume tradizionale, ma anche musicisti rock che introducono elementi locali in sequenze anglo-americane, jazzisti che trovano spunti interessanti nelle sequenze primitive di suoni tradizionali. Niente di nuovo, del resto, perchè così come per i musicisti e gli artisti avanguardisti della nostra epoca, questa “musica popolare” fu anche fonte di ispirazione per alcuni compositori classici, come Schubert, Beethoven e Brahms. La realtà dei fatti è insomma ben diversa rispetto allo stereotipo più diffuso, e si intreccia da un lato con la storia degli strumenti alpini, dall’altro lato con una vera e propria letteratura musicale di pregio, evoluta internamente in tutte le Alpi. Il “corno alpino” ad esempio, meglio conosciuto come alphorn, oggi molto diffuso in Svizzera e in alcune aree francesi, è uno strumento che ha vissuto profonde elaborazioni. Mentre della versione originale in legno si sono interessati molti compositori del passato, tra cui autori come Leopold Mozart (padre di Wolfgang Amadeus), la versione contemporanea in carbonio è utilizzata ampiamente in brani chillout e funky, ed è adottato come strumento di studio conservatoriale. In Italia rimane oggi pressochè sconosciuto. Abbiamo però importanti diffusori della letteratura musicale alpina, tra cui un importante testimone è certo il Coro della Sat (Società alpinisti tridentini) a cui vanno aggiungendosi i contributi di compositori di musica classica come Luigi Dalla Piccola, Giorgio Federico Ghedini (importanti compositori italiani del ‘900) e pianisti come Arturo Benedetti Michelangeli, che a lungo supportò le attività del coro, suo profondo stimatore, e si prodigò alla diffusione del patrimonio musicale alpino. In anni più recenti ricordiamo l’interesse di Riccardo Muti, il quale ha sottolineato l’eccezionalità del patrimonio alpino e delle attività del coro, considerando che con un repertorio che consta in più di 300 brani ed un’attività che si svolge a livello internazionale, dalla Francia alla Corea del Sud, è a pieno titolo considerabile come il conservatorio delle Alpi italiane, così come già lo definiva Massimo Mila (importante critico musicale italiano) in un suo scritto degli anni ’70.
In realtà nelle Alpi sono presenti innumerevoli attività legate alla diffusione della cultura musicale, da manifestazioni a concorsi internazionali, come il Jazz Festival di Montreux, festival di importanza mondiale ora in corso (si tiene dal 2 al 17 luglio 2010), conosciutissimo da appassionati ed esperti, o più in piccolo il Concorso internazionale musicale Alpi Marittime, di cui si è conclusa da poco la seconda edizione nella città di Busca (CN). Il problema reale è la diffusione della consocenza di tutto ciò, come arricchimento per l’intera società di culture magari diverse, ma per niente “strane”.
Alberto Di Gioia

Per saperne di più:
De Martini P. (2009),
Il conservatorio delle Alpi. Il coro della SAT: storia, documenti, testimonianze, Mondadori, Milano
Intervista di The Wall Street Journal ad Eliana Burki, suonatrice di corno alpino di fama internazionale: www.youtube.com/watch?v=quY7YvK8a-0
Montreux Jazz Festival 2010:  www.montreuxjazz.com/2010
Concorso musicale Alpi Marittime: www.concorsomusicalealpimarittime.it