Monte Vandalino, Pian Gelassa, Saint Grée, Aquila, Colle del Lys, Beaulard, Alpe Bianca sono solo alcuni dei numerosi impianti sciistici nati tra gli anni sessanta e settanta nelle valli piemontesi che oggi giacciono in condizioni di totale abbandono.
Una ricognizione svolta nell’ambito della tesi “Alpe Bianca in Arte – Riciclo di una stazione invernale in Val di Viù” (Laurea in Architettura per il Progetto Sostenibile, relatori Roberto Dini, Jean Marc Christian Tulliani, Politecnico di Torino, 2016) ha cercato di mappare queste strutture e di studiarne il ciclo di vita, proponendo anche un loro possibile riutilizzo.
Si tratta in molti casi di strutture ricettive che furono sovrastimate rispetto ai flussi turistici reali: Viola Saint Grée e l’Alpe Bianca ne sono un chiaro esempio. Questi complessi hanno avuto una vita utile molto breve, alcuni sono falliti nel giro di pochi anni mentre altri sono riusciti a immaginare anche progetti di ampliamento rimasti solamente sulla carta. I motivi dell’abbandono sono noti e diversi: limite della quota neve sempre più elevato, domaine skiable non competitivo rispetto ad altre stazioni maggiori, difficoltà di accesso, mancato adeguamento alle normative tecniche, cattiva gestione dei proprietari.
Impianti dismessi nelle valli piemontesi. Fonte: www.pronatura.it, www.funivie.org
La tesi ha preso in esame in particolare il complesso edilizio Alpe Bianca a Tornetti di Viù, considerato un “ecomostro” per la sua mole e la sua incompatibilità con l’ambiente naturale circostante. La storia del complesso inizia nel 1978 quando furono installati due impianti di risalita al servizio di una pista da sci di 10 km di sviluppo, con una modesta struttura ricettiva annessa. In seguito iniziarono i lavori per un nuovo progetto che prevedeva un complesso di 38 camere, 15 suite e 76 appartamenti. A causa della carenza di neve e della mancanza di un sistema di innevamento artificiale, oltre alla prematura morte del titolare, nel 1991 il complesso venne chiuso e tutti i lavori di costruzione interrotti. Quello che rimane è una struttura nuda in cemento armato di 8 piani fuori terra e una superficie di circa 1330 m2.
Con il lavoro “Alpe Bianca in arte” si è messo a punto un progetto per la riqualificazione di questo luogo abbandonato proponendone la riconversione in una residenza per artisti dotata di spazi per la ricettività, laboratori e sale espositive.
Il progetto architettonico non prevede l’abbattimento totale del manufatto ma il mantenimento della parte della struttura ancora integra e il riciclo del materiale derivante dalle demolizioni necessarie. Secondo il progetto, i nuovi spazi dedicati alla residenza per artisti sono ricavati all’interno di cellule abitative modulari con struttura in legno indipendente dallo scheletro esistente. Queste sono inserite nella maglia strutturale dei pilastri in cemento armato, sono prefabbricate e componibili tra loro, così da poter ottenere ambienti di dimensioni differenti e in quantità variabile a seconda delle necessità. Inoltre, essendo realizzate a secco, sono totalmente reversibili e possono essere smontate e riutilizzate altrove.
Proposta per la riqualificazione dell’Alpe Bianca in Val di Viù (Provincia di Torino)
Questa idea – pensata specificatamente per il complesso dell’Alpe Bianca sulla base di analisi approfondite dello stato di fatto – ha comunque suggerito che, anche in altri casi, è importante valutare con attenzione la strategia da adottare, che sia la demolizione parziale o totale, la ristrutturazione o la riattivazione per un utilizzo diversificato e innovativo.
Alessia Grillo e Matteo Grosso
Info: www.polito.it/iam
Bravo Matteo! Ottima idea
Ma perché fare una cosa del genere, quando la montagna richiede altri tipi di strutture? Questa struttura va demolita e ripresa con piccole costruzioni che richiamano il paesaggio di montagna. La valle d’Aosta e il Trentino insegnano parecchio.