La natura si sta riducendo a livello mondiale a ritmi senza precedenti nella storia umana: circa 1 milione di specie animali e vegetali sono minacciate di estinzione. La causa? Il cambiamento climatico, accelerato da cause antropiche. E’ quanto emerge dal Rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes), che denuncia, per l’appunto, la stretta relazione tra cambiamenti climatici e perdita di biodiversità. Relazione che dipende, in estrema sintesi, dal ruolo della biosfera nella regolazione del Servizio ecosistemico per antonomasia del ciclo del carbonio.
La biosfera agisce infatti da compensatore tra la produzione di co2 dettata dalla respirazione e ossidazione delle piante, del suolo e della materia organica morta e la produzione, per l’appunto, di carbonio degli ecosistemi. Questo equilibrio oggi è messo a rischio da cambiamenti epocali: da una parte la deforestazione e la degradazione delle foreste nei tropici e dall’altra l’espansione della foresta nella zona temperata. Due fenomeni in senso contrario che stanno variando la situazione a livello mondiale della quantità di carbonio presente in atmosfera. Come andrà a finire? Difficile dirlo, perché la misura con cui l’espansione e la crescita delle foreste nelle regioni boreali e temperate sono in grado di compensare la perdita di carbonio della deforestazione tropicale rimane ancora un motivo di discordanza tra le osservazioni sul campo e le stime degli specialisti.
Ma mentre il futuro del nostro pianeta è incerto, per portarsi avanti e contrastare la crescita di co2, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ha individuato cinque possibili strade per il futuro: conservazione ed espansione degli stock di carbonio già esistenti; espansione della superficie forestale; sostituzione di prodotti a più alta intensità di carbonio, quali cemento e acciaio, con legname; riduzione delle emissioni di gas serra diversi dalla co2; fornitura di bioenergia (considerata, tra molti dubbi, energia rinnovabile) in sostituzione alle fonti fossili.
Intanto, a causa del riscaldamento globale in corso, è in atto lo spostamento verso i poli e verso quote più elevate di diverse specie vegetali e animali, e questo è forse l’impatto più manifesto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità: ad ogni grado centigrado in più dell’atmosfera corrisponde una migrazione in zone ecologiche, a quote più elevate di 125 metri circa e verso i poli per 125 km, alla ricerca di condizioni climatiche più adatte. E numerosi studi hanno documentato che un ventina di specie vegetali e animali si sono già estinte. Questo prova una volta di più come il cambiamento climatico stia diventando il problema prevalente nella crisi della biodiversità. E l’entità di questi impatti dipenderà dai differenti scenari di emissioni di gas serra e dall’integrazione dei fenomeni di positive feedback tra il riscaldamento globale e il ciclo del carbonio. È probabile che i cambiamenti in atto abbiano un impatto significativo su alcuni servizi ecosistemici, come il ciclo dei nutrienti per i cambiamenti nella dinamica della lettiera o le modifiche ai servizi di approvvigionamento di cibo, fibre, legname, stoccaggio e sequestro del carbonio, regolazione delle acque e regolamentazione delle malattie.
Le modifiche agli ecosistemi come risultato dei cambiamenti climatici possono avere conseguenze sociali, culturali ed economiche significative e spesso negative. Tuttavia, vi è ancora incertezza sulla portata e velocità con cui questi fenomeni incideranno sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici.
Cosa fare mentre la scienza cerca di capire le prospettive del pianeta?
Esistono casi degni di esempio che dimostrano come le misure di adattamento nature-based, mirate al rafforzamento della resilienza degli ecosistemi, siano più efficaci ed economicamente più convenienti rispetto alle misure basate sulle cosiddette hard structures, come dighe, invasi o altre opere artificiali energy-intensive realizzate dall’uomo. Nel caso degli interventi di adattamento a difesa delle aree costiere, minacciate dall’innalzamento del livello del mare, dall’intrusione salina e dagli eventi meteo estremi ad esempio, il restauro delle dune di sabbia e delle aree umide costiere può svolgere un ruolo efficace nella protezione delle coste. Non sempre, tuttavia, gli ecosistemi costieri potranno essere in grado di ridurre gli impatti. In questi casi allora è auspicabile integrare le risorse naturali con hard structure di ingegneria convenzionale.
In agricoltura, la diversificazione dei sistemi agricoli, in grado di integrare nuove e antiche varietà colturali, è un elemento essenziale per il mantenimento della produzione alimentare nella condizione di variabilità della temperatura, della precipitazione e dei parametri climatici. La gestione delle risorse naturali, tra cui l’acqua e il suolo, basata su buone pratiche agronomiche, avrà un ruolo importante nella capacità di adattamento dell’agricoltura, in particolare nelle zone a clima sub-arido e arido del paese. E le pratiche dall’agricoltura biologica accrescono la resilienza dei sistemi agricoli ai cambiamenti climatici. Anche le foreste forniscono una gamma di servizi ecosistemici di regolazione che rafforzano la resilienza delle società rurali di fronte ai cambiamenti climatici. Nella progettazione urbana la gestione delle aree verdi urbane e la selvicoltura assumono sempre più un ruolo centrale nelle strategie di adattamento. Un’adeguata progettazione e gestione delle aree verdi, naturali o artificiali, e la messa a dimora di singoli alberi, possono aiutare a ridurre gli stress climatici, fornendo protezione alle abitazioni e agli uffici e riducendo le temperature massime estive, sia all’interno degli ambienti di vita e di lavoro, sia all’esterno. Le foreste urbane possono aiutare le comunità ad adattarsi ai cambiamenti climatici attraverso il miglioramento della qualità della vita. Infine, alcuni studi indicano che nel 2080 le attuali riserve della rete Natura 2000 potrebbero non avere più un clima adatto alla protezione delle specie ora presenti. Tra le specie europee, mammiferi e gli uccelli. Inoltre queste aree protette, ora interconnesse attraverso corridoi naturali o artificiali, rischiano di rimanere isolate poiché alcune specie non tollerano le nuove condizioni climatiche che si generano negli stessi corridoi. Di fronte a questo scenario, la capacità di accogliere i cambiamenti per conservare efficacemente la biodiversità, rappresenta una delle sfide più difficili che ci attende negli anni a venire.
Lorenzo Ciccarese