“Le Poste si stanno riorganizzando” si legge sui giornali, “e il Piemonte rischia di pagare un costo assai alto, fatto di una quarantina di uffici chiusi e di più di 130 sportelli di piccoli paesi che non funzioneranno più a tempo pieno bensì a singhiozzo, cioè soltanto per due o tre giorni a settimana”, la maggior parte nei piccoli comuni di montagna. In un periodo in cui si parla di valorizzazione dei territori alpini e di riorganizzazione “smart” dei servizi nelle aree interne, questi ultimi inesorabilmente si rarefanno, lasciando intere parti del territorio nazionale sguarnite. E anche se il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 25 aprile scorso ha ricordato come sia necessario “Garantire che il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione si applichi a tutti […] e che anche chi vive nelle zone interne e montane abbia gli stessi diritti e gli stessi servizi di chi vive nelle aree urbane”, ricordando che questo non è solo “una esigenza di solidarietà, ma è interesse per l’economia dell’intero Paese”, la realtà è purtroppo ben diversa. Per questo motivo l’Uncem subalpino, l’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani del Piemonte, ha deciso di sostenere l’affidamento dei servizi postali ai privati, firmando un accordo triennale con l’operatore Nexive per l’apertura di sportelli nei negozi e nelle edicole finalizzati alla spedizione di lettere e pacchi, la spedizione di documenti, bollette e note alla cittadinanza per conto dei comuni e tanti altri servizi. Si tratta di un piano di collaborazione che potrebbe coinvolgere i 553 comuni montani e le 50 unioni del Piemonte. Addirittura Nexive pensa a un servizio di street-post, un furgone mobile capace di portare i servizi postali anche in quei comuni in cui gli esercizi commerciali hanno ormai chiuso i battenti.

«Ci siamo accorti che dai tavoli di concertazione con Poste Italiane – spiega Marco Bussone, vice Presidente Uncem Piemonte – difficilmente si riusciva a uscire da regole rigide o a sciogliere i nodi burocratici. Quando chiedevamo loro ad esempio di aprire dei punti multiservizi per i residenti capivano l’esigenza ma ci rispondevano che non c’era la norma e che quindi non si poteva fare. Abbiamo capito che se vogliamo portare delle novità sul territorio oggi dobbiamo rivolgerci a realtà diverse. E finalmente anche grandi aziende private si accorgono delle potenzialità dei territori montani». Ed infatti il direttore commerciale di Nexive Massimo Pasqua, in occasione della presentazione dell’accordo, ha dichiarato: «Contribuire allo sviluppo socio-economico delle aree montane è una priorità strategica per la competitività del Paese; si tratta di un bacino territoriale che rappresenta il 54% del territorio nazionale ed in cui risiedono oltre 10 milioni di abitanti».
Ma la sostituzione del “servizio pubblico” con quello privato, se da una parte come denuncia l’Uncem Piemonte diventa indispensabile per non “lasciare indietro” una grossa fetta del paese, dall’altra vede, per ora, i comuni reagire in maniera un po’ freddina. I sindaci montani da noi contattati, pur coscienti del momento difficile, si dicono perplessi e sembrano timorosi all’idea di mettersi “nelle mani dei privati”, si chiedono quali siano poi le garanzie di continuità e qualità del servizio. Ma queste garanzie, come spiega Lido Riba, Presidente dell’Uncem Piemonte, potrebbero risiedere nelle risorse economiche a disposizione della Regione, perché «il Piemonte ha 290 milioni di euro per l’innovazione e la digitalizzazione della pubblica amministrazione da investire nei prossimi anni», e anche i grossi gruppi privati cominciano ad interessarsi al 50% del territorio regionale costituito dalle terre alte.
«Serve un cambio di paradigma e un salto culturale rispetto al passato. Sempre di più i nostri Enti locali devono stringere accordi con imprese per migliorare i servizi ai cittadini – sottolineano dall’Uncem. Questa è la sfida che oggi lanciamo e siamo certi che i nostri Comuni sapranno vincerla».
Maurizio Dematteis

info: www.nexive.it