I ghiacciai sono sempre più fragili e a rischio. Minacciati dall’emergenza climatica si riducono di anno in anno e in molti casi addirittura arrivano a sparire del tutto: nell’arco di 150 anni più di 200 ghiacciai alpini sono scomparsi lasciando il posto a detriti e rocce. In pericolo anche l’ambiente glaciale dove, secondo gli ultimi dati scientifici disponibili, l’aumento delle temperature medie dal 1850 ad oggi è stato circa di 2°C, il doppio rispetto alla media globale. Per questo, dopo i Requiem per i ghiacciai organizzati lo scorso settembre in Italia, Legambiente ha lanciato la prima edizione di Carovana dei ghiacciai, campagna realizzata con il supporto del Comitato glaciologico italiano (Cgi). Dal 17 agosto al 4 settembre la Carovana si è spostata lungo tutto l’arco alpino con l’obiettivo di monitorare lo stato di salute dei ghiacciai e trasmettere i dati ad un pubblico più vasto, affinché si comprendessero i pesanti effetti che i cambiamenti climatici stanno avendo sull’ambiente glaciale.

Nel corso di ogni tappa, Legambiente insieme al Comitato glaciologico italiano ha realizzato monitoraggi scientifici ad alta quota per osservare le variazioni storiche dei ghiacciai e per controllare le trasformazioni glaciali, seguendo il modello delle Campagne glaciologiche che il Cgi realizza annualmente dal 1895. Inoltre di tappa in tappa sono stati organizzati incontri ed escursioni per conoscere il territorio montano. A ciascuno dei ghiacciai è stato dedicato il “Saluto al ghiacciaio”, un momento di riflessione sul silenzioso e prezioso lavoro che svolgono i ghiacciai, accompagnato da letture e musiche donate da artisti e scrittori.
Dodici i ghiacciai monitorati, differenti per dimensioni, tipologia e reattività ai cambiamenti climatici: il ghiacciaio del Miage in Valle D’Aosta, Indren, Bors, Locce Sud, Piode, Sesia-Vigne sul Monte Rosa fra Piemonte e Valle d’Aosta, i ghiacciai Sforzellina e Forni in Lombardia, Marmolada in Veneto-Trentino Alto Adige, Fradusta e Travignolo in Trentino Alto Adige, Montasio in Friuli Venezia Giulia. Su tutti è stato registrato un regresso e una diminuzione del volume di ghiaccio, in diversi casi anche consistenti affioramenti di rocce.

Il primo osservato è stato il ghiacciaio del Miage, il più himalaiano dei ghiacciai italiani, la cui fronte non è arretrata, ma la superficie, dagli anni Novanta ad oggi, è sprofondata di circa 30 metri nel suo settore frontale. I cinque ghiacciai osservati sul Monte Rosa (Indren, Bors, Locce Sud, Piode, Sesia-Vigne) sono tutti in forte regressione; il proliferare di crepacci variamente orientati e di sempre più ampie finestre rocciose dimostrano l’insufficiente accumulo per garantire la funzionalità dei ghiacciai stessi. Una perdita di spessore di circa un metro l’anno e un ingente ritiro di 500 metri tra il 1925 e il 2020 caratterizzano il ghiacciaio della Sforzellina, mentre il ghiacciaio dei Forni, il secondo più grande in Italia per superficie, riporta un regresso frontale di 2 km negli ultimi 150 anni. Sul ghiacciaio dei Forni, oltre all’aumento della copertura detritica, è stato riscontrato il fenomeno del black carbon, dovuto al particolato atmosferico proveniente dalla pianura, con tracce di microplastiche e di vari inquinanti che, come su tutti i ghiacciai del pianeta, è un altro lampante segnale della presenza dell’impatto antropico anche nelle regioni di alta quota e più remote della terra. Sulla Marmolada c’è stata una riduzione del volume maggiore dell’85% tra il 1905 ed il 2010. Lo spessore della fronte è passato dai quasi 50 metri dell’inizio del secolo scorso ai pochi metri di oggi, un chiaro segnale dell’agonia del ghiacciaio che lascia presagire la sua definitiva scomparsa tra 15/30 anni. La Fradusta ha addirittura subito una riduzione dell’intera area glaciale di oltre il 95% (avvenuta tra il 1888 e questi ultimi anni) con una diminuzione della superficie, passata dai 150 agli attuali 3 ettari. Mentre una riduzione inferiore investe il vicino ghiacciaio del Travignolo che passa dai 30 ettari di fine Ottocento ai 15 attuali, ma è vittima di un profondo cambiamento morfologico in corso. Il ghiacciaio Occidentale del Montasio ha perso 34 metri di spessore rispetto agli anni 80, circa un metro l’anno, anche se il bilancio complessivo degli ultimi anni è meno negativo rispetto ad altri ghiacciai. Infatti, è risultato il più “resiliente” delle Alpi orientali in quanto, nonostante sia il più basso in quota delle Alpi, riesce a sopravvivere, reso forte dalla sua particolare collocazione: le sovrastanti pareti dello Jôf di Montasio ombreggiano il ghiacciaio e sono caratterizzate da una conformazione ad imbuto che lo alimentano con accumuli di neve conseguenza di eventi valanghivi.
In generale abbiamo ritrovato una situazione peggiore di quanto ciascuno di noi potesse prevedere. Anche per questo la montagna a tutti gli effetti si ritrova ad assumere sempre più il ruolo di sentinella dei cambiamenti climatici. I ghiacciai monitorati durante la campagna sono la spia di fenomeni che si stanno verificando a scala molto più vasta. I risultati di questa campagna nata per informare e sensibilizzare cittadini e decisori dovrebbero scuotere gli animi e costruire una maggior consapevolezza di quel che sta accadendo. Il tempo di agire è adesso, se non vogliamo che altri fenomeni come questi o anche peggiori diventino irreversibili. Occorrono, infatti, decisi interventi di mitigazione insieme a articolati e approfonditi piani di adattamento. Declinazioni territoriali di un buon Piano di adattamento nazionale che auspichiamo venga adottato al più presto e, in un momento in cui si stanno definendo investimenti e strategie che riguarderanno i prossimi anni, ci aspettiamo misure e politiche ambiziose, concrete ed efficaci sul clima. Nel complesso i dati emersi da Carovana dei Ghiacciai, indicano l’urgenza di mettere in campo misure e politiche ambiziose sul clima per arrivare a emissioni di gas ad effetto serra nette pari a zero al 2040, in coerenza con l’Accordo di Parigi.
Vanda Bonardo

Il viaggio di Carovana dei Ghiacciai è stato raccontato anche sulla pagina Facebook di Legambiente Alpi: www.facebook.com/legambiente.alpi/