Hanno deciso di chiamarsi C.U.Mò, Carnici Uniti per la Montagna, i 16 giovani amministratori e amministratrici della Carnia, che hanno scelto di rimanere nell’area montana a nord del Friuli Venezia Giulia e di impegnarsi nell’amministrazione della cosa pubblica. C.U.Mò, traduzione di “adesso, ora!”, è l’acronimo dietro al quale è rappresentato tutto lo slancio che li ha spinti ad unirsi in questo progetto, nato nel 2021, per una Carnia nuovamente protagonista di una visione complessiva dello sviluppo del territorio montano.
Con il loro manifesto hanno voluto inquadrare un insieme di situazioni, problematiche e potenzialità che riguardano la Carnia al fine di attuare nuove politiche volte a creare un nuovo rapporto tra la periferia e il centro, e a rendere attrattivo il territorio nel suo insieme, con uno sguardo anche all’esterno dei confini carnici. Vi è la necessità di autogovernarsi e autodeterminarsi, con politiche di ampio respiro, sviluppando un nuovo paradigma tra i Comuni “alti” e il fondovalle, sia nella gestione dei servizi, sia nel sostegno alle imprese, ritornando protagonisti delle politiche sulla montagna messe in atto dalla Regione Friuli Venezia Giulia, anche attraverso una più importante sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Gli amministratori dichiarano di essere consci delle grandi difficoltà che questa terra vive quotidianamente, ma sono altresì convinti che molte siano le potenzialità da cogliere e che queste possano essere sviluppate solo con un lavoro sinergico e in una logica territoriale complessiva.
Uno tra gli obiettivi di C.U.Mò è ad esempio la necessità di una copertura completa dei vari comuni con la fibra ottica, così da garantire una connettività imprescindibile per il mondo del lavoro e per tanti aspetti sociali ed educativi odierni, abbattendo quel divario digitale che acuisce diseguaglianze, disparità e marginalizzazione. Allo stesso modo è necessario e urgente affrontare il tema della disponibilità abitativa nelle vallate: è fondamentale spingere su di una normativa che sostenga il recupero di immobili privati, soprattutto nelle aree dove il mercato immobiliare è sostanzialmente fermo. Questo deve avvenire con fini prima di tutto abitativi ma anche con l’obiettivo di ridurre la cementificazione, evitando nuove costruzioni ove sia possibile recuperare l’esistente, in una chiave di valorizzazione del paesaggio.
Vi è poi il rilancio delle bellezze delle montagne, propendendo per un turismo lento, sostenibile, qualitativo e non di massa. Un turismo che valorizzi e tuteli – con un’educazione ambientale ed in un’ottica ecologica – l’immenso patrimonio naturale e culturale di cui la Carnia dispone e che faccia leva sulle eccellenze gastronomiche derivanti dai prodotti autoctoni e sul rilancio delle attività agricole e artigianali della montagna.
Il lavoro sulla cultura troverà un respiro ampio, instaurando un dialogo tra passato e presente, in un’armonia vincente tra la tutela locale delle radici e delle tradizioni e il pensiero globale che si apre al mondo contemporaneo. In quest’ottica anche gli istituti scolastici sono visti come una rete aperta in costante collegamento col tessuto territoriale, puntando all’ampliamento di un’offerta che sia tarata sulla realtà circostante e sulle sue peculiarità.
A fianco di ciò vanno messe in atto tutte le possibili azioni contro la dispersione scolastica, creando inoltre luoghi di aggregazione che possano far esprimere ai giovani la loro creatività e che permettano loro di sviluppare un pensiero moderno e dinamico sulla crescita della Carnia. Il sapere conseguente va poi legato e finalizzato alla costruzione di opportunità lavorative e di nuove imprenditorialità che abbiano la capacità e la possibilità di muoversi tra innovazione e specificità locale.
Tanti giovani hanno dovuto trasferirsi in pianura oppure hanno scelto di farlo per trovare nuove opportunità. Gli amministratori di C.U.Mò credono con convinzione che queste opportunità si possano creare anche nella montagna friulana, soprattutto dopo il tempo della pandemia, che ha messo in crisi un sistema fondato sui grandi centri e i grandi agglomerati.
Vi è la necessità di rilanciare le basi perché i giovani non siano più “libars di scugnî lâ” (“liberi di dover andare”), ma che al contrario possano scegliere liberamente la costruzione di un futuro in Carnia o la possibilità di acquisire nuove esperienze altrove, con la certezza però di poter tornare in una terra dove avere una seria prospettiva di vita.
Questa la sfida che accolgono gli amministratori e le amministratrici di C.U.Mò, per evitare che, tra qualche decennio si possa dire, a ragione, che “la Carnia è morta”.
Aura Zanier