Si fa presto a dire centrali a biomassa di origine forestale. Ma perché i progetti legati a tali impianti siano “sostenibili” bisogna avere ben presente, già in fase di progettazione, i possibili canali di approvvigionamento di biomassa. Le capacità della cosiddetta “filiera di approvvigionamento”. Evitando, per quanto possibile, di ricorrere a massicci trasporti di materiale proveniente da altri territori, con la conseguente emissione di notevoli quantitativi di co2 (vedi l’esempio precedente della Val Chisone).
In Val Pusteria da anni sono sicuramente sulla buona strada. Grazie ad un accordo sottoscritto dai numerosi impianti del territorio con il Corpo forestale provinciale, con le ditte boschive e con le segherie, che prevede un prezzo comune per l’acquisto del legno proveniente dai boschi della valle.

Oltre alla fornitura di energia, l’impiego delle biomasse può assumere una importante funzione integrativa di attività già esistenti – spiega Hanspeter Fuchs, Presidente della centrale di teleriscaldamento di Dobbiaco-San Candido e Presidente del Consorzio biomasse Alto Adige –, operando verso una maggiore razionalizzazione e organizzazione di filiere connesse a quella energetica,  come le attività di gestione e pianificazione forestale e il recupero di scarti agricoli e di attività di lavorazione del legno. Tali forme di razionalizzazione possono consentire, soprattutto in aree montane soggette a spopolamento, di recuperare il presidio sul territorio con importanti ricadute in termini di tutela del paesaggio e dell’assetto idro-geologico, oltre che di manutenzione dell’ecosistema.
A Dobbiaco, dove opera Hanspeter Fuchs, la quota di biomassa locale utilizzata è ormai vicina al 20%, ma in alcuni impianti della Val Pusteria raggiunge anche il 40%. «Oggi stiamo cercando di estendere l’accordo a tutto l’Alto Adige – continua Fuchs –, attraverso il Consorzio biomasse Alto Adige nato nel 1998 dall’esperienza di Dobbiaco e che oggi riunisce gran parte degli impianti a biomassa altoatesini. Il nostro scopo è promuovere iniziative comuni per sviluppare in modo integrato le fonti rinnovabili del territorio».
Fin qui tutto chiaro. E all’apparenza, semplice. Ma allora, vista la situazione critica di molte altre regioni alpine, dove una filiera locale di biomasse di origine forestale non esiste o stenta a decollare, la domanda sorge spontanea: com’è stato possibile raggiungere un’efficienza così elevata?
Innanzitutto grazie alle caratteristiche peculiari del territorio altoatesino: con un’abbondante copertura boschiva (circa 300.000 ettari), distribuita su vallate che si caratterizzano per essere molto ampie e larghe, particolarmente accessibili, dotate di una rete di strade e piste silvo-pastorali estremamente articolata e diffusa per più di 13.000 km. Con una residenzialità diffusa che garantisce una domanda continua di energia durante l’anno, nonché la presenza di servizi (scuole, ospedali, edifici pubblici) che possono essere efficientemente collegati a reti di teleriscaldamento.
Ma è nelle relazioni tra attori sociali (pubblici e privati) e tra questi e le risorse locali che l’efficienza della filiera bosco-energia altoatesina trova la sua principale ragione d’essere. In primis nel ruolo propulsore della Provincia autonoma di Bolzano, che dal 1993 ha avviato una politica lungimirante di incentivi alla realizzazione di impianti e centrali da fonti rinnovabili, finanziandole con un contributo del 30% a fondo perduto. In secondo luogo, nella capacità auto-organizzativa degli attori del comparto forestale ed energetico provinciale, in grado di rispondere alla frammentazione della proprietà boschiva e al mancato collegamento tra ditte boschive e segherie che in altre regioni costituisce un vincolo importante per l’istituzione di una filiera energetica da biomassa.
Infine, l’esempio della Val Pusteria non riguarda solo l’organizzazione della filiera, ma anche forme innovative di gestione dell’impianto: «La grande innovazione avviata a Dobbiaco consiste nella gestione dell’impianto attraverso una “cooperativa di consumatori”, idea che poi ha fatto molta strada in Alto Adige – illustra Fuchs -. Il principio è che l’utente acquisti l’energia di cui necessita dalla cooperativa di cui diviene socio egli stesso (comprandone le quote). Ciò crea un forte legame tra la centrale e gli utenti, che partecipano alle scelte di investimento e alla definizione dei prezzi di vendita dell’energia. Lo stesso Comune di Dobbiaco è un socio della cooperativa (al pari di tutti gli altri, tra i quali molti semplici cittadini). In Alto Adige, la diffusione di un simile modello e di esperienze simili ha fatto sì che spesso siano state le stesse comunità locali ad attivarsi per la realizzazione di impianti a biomassa sul territorio».
Inoltre, Dobbiaco è ad oggi l’unica centrale aperta al pubblico in Europa: non solo è visitabile e visitata, ma tutti i dati tecnici e produttivi sono disponibili lungo un “percorso della biomassa” che unisce interessi turistici a quelli energetici. Anche questo ha favorito un legame forte tra la comunità locale e la centrale.
Matteo Puttilli