Pensare al futuro della montagna in termini di Capitale naturale e Servizi ecosistemici erogati alla collettività richiede un cambio di passo, ma soprattutto di paradigma e quindi di linguaggio. Per prendere dimestichezza con questo potente approccio interpretativo, può servire una lettura di ciò che già esiste, considerando cioè le azioni che nascono da una combinazione tra Capitale naturale e Capitale umano e sociale. In altre parole, delle realtà che già operano all’insegna di un’interazione costruttiva e rispettosa con la natura, con il risultato di proteggere e mantenere i Servizi ecosistemici in quattro macro categorie: il supporto alla vita con la fotosintesi, e le altre funzioni essenziali; l’approvvigionamento di cibo, materiali ed energia; la regolazione del funzionamento degli ecosistemi; i servizi culturali, vale a dire i benefici ottenuti dalla fruizione degli ambienti naturali, oltre che dalla valorizzazione delle peculiarità dei luoghi e delle tradizioni locali.
Ne sono un esempio le Bandiere verdi che Legambiente assegna dal 2006 a buone pratiche e politiche virtuose: un catalogo vivo di esperienze che comprende singole persone, comunità, associazioni, pubbliche amministrazioni, da cui sono tratti gli esempi che seguono.

Ci vogliono passione e visione del futuro per aggregare le comunità intorno a un progetto, ma la qualità premia: come è successo a Ecoredia, Bandiera Verde 2018. Un gruppo d’acquisto solidale fondato nel 2003 da una decina di famiglie, che oggi sono diventate 200. Al centro delle attività, la valorizzazione dei prodotti dell’agricoltura collinare e montana, con il riconoscimento di un equo compenso per i coltivatori, che oltre ai Gas vendono i loro prodotti in fiere e mercatini settimanali. L’associazione collabora con le istituzioni e le scuole per educare al consumo critico, e con l’Università di Torino per ricerche sull’agricoltura locale e le reti alternative di distribuzione del cibo.
Un’altra realtà interessante sul versante della formazione è l’Institut agricole régional della Valle d’Aosta, che prepara gli agricoltori ad applicare metodi di produzione che conservino e migliorino il paesaggio, con una particolare attenzione al benessere degli animali. L’obiettivo dell’Institut è formare imprenditori agricoli capaci di gestire un’azienda agricola economicamente redditizia, e preparare imprenditori forestali che sappiano coniugare l’attività estrattiva con una buona gestione economica ed ecologica delle foreste, proteggendone di conseguenza la funzione culturale, per dirla in termini ecosistemici.

Un momento di crisi diventa un’occasione per rinsaldare l’interesse di una comunità per un bene comune: è quel che è accaduto a Campo dei Fiori, il Parco dei Varesini, vittima nell’autunno 2017 di un incendio doloso che ha danneggiato centinaia di ettari di territorio, con effetti aggravati dalla siccità. Dopo l’incendio, istituzioni e cittadini hanno dato la loro disponibilità concreta per far rinascere e proteggere il parco, che ha puntualmente informato la cittadinanza delle azioni intraprese o previste. Tra i tanti i progetti che sono partiti, la messa a dimora di nuove piante e il recupero del sentiero 301, uno dei più colpiti, con la guida di Protezione civile e Gev, educazione ambientale e progetti di censimento della flora realizzato da studenti di alcune scuole superiori della Provincia, in una risposta corale.
Proteggere un luogo vuol anche dire opporsi a progetti che ne compromettono la qualità ambientale, ponendosi come interlocutori delle amministrazioni locali e facendo sentire le proprie ragioni. E’ quel che è accaduto in Valgrisenche, dove un gruppo spontaneo di residenti e frequentatori della zona si è opposto alla pratica dell’eliski, in una valle che è un vero e proprio paradiso per questa pratica così invasiva, perché offre 40 vette raggiungibili e otre 100 itinerari. Risultato: in certe giornate di alta stagione si arriva a 60/70 rotazioni al giorno.

Ancora in valle d’Aosta, NaturaValp, in Valpelline, dal 2004 lavora per la promozione del turismo responsabile, creando una rete di operatori economici, allevatori, agricoltori, artigiani e semplici cittadini, che collaborano per valorizzare il loro territorio secondo un modello economico sostenibile. Un’alleanza che da 15 anni funziona bene anche dal punto di vista economico (Bandiera verde 2014).
Da Cogne alla Corte di Giustizia Europea, per chiedere i danni ambientali ed economici causati dall’inerzia della politica nell’agire per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. E’ il caso della famiglia Elter, che insieme ad altre 9 famiglie di nazioni europee ed extraeuropee ha intrapreso l’azione legale People’s climate case nei confronti del Parlamento e del Consiglio europei. La causa si basa sul fatto che la riduzione entro il 2030 delle emissioni di gas serra di un minimo del 40% rispetto ai livelli del 1990 sia inadeguato a far fronte all’urgenza di prevenire il rischio climatico e insufficiente a proteggere i diritti fondamentali della vita, della salute, dell’occupazione e della proprietà. Nel consentire ulteriori emissioni e non esercitando il proprio potere decisionale per il bene della collettività, la Ue sta ledendo i diritti fondamentali che avrebbe il compito di proteggere. L’azione legale chiede alla Corte Europea di sancire che la questione del cambiamento climatico ricade nella sfera dei diritti umani.
Il 3% della tariffa idrica, si quantifica così la quota di proventi destinati ai  territori che forniscono l’acqua alle Ato. Di per sé, per quanto modesta, è un esempio di valutazione economica di un servizio ecosistemico. La differenza la fa l’utilizzo di questi fondi. Nel 2004, la comunità Montana Valli Orco e Soana meritò una Bandiera Verde per un progetto all’avanguardia, che ha impostato con estrema tempestività il piano di manutenzione ordinaria (a dimostrazione di una capillare conoscenza delle criticità del territorio) e realizzando vari interventi sui bacini idrici, affidati ad aziende locali, con ricadute positive sull’economia del territorio.
Una vallata “povera” secondo i criteri del turismo montano convenzionale che è diventata un paradiso per il turismo dolce, grazie alla valorizzazione di ciò che già esprime, sul piano della natura, della cultura e delle tipicità locali. E’ quel che è accaduto in Val Maira, nel cuneese. Tutto è nato da una grande passione per questi luoghi di Andrea e Maria Schneider, svizzeri di nascita e valligiani d’adozione, che hanno saputo valorizzare un angolo sperduto della valle, San Martino inferiore, dimostrando con i fatti che l’autenticità paga. Nel 2017, la bandiera Verde è stata assegnata all’unione montana “per il coraggio e la lungimiranza nel definire il perimetro di sviluppo della Valle Maira, esprimendo con una buona delibera la propria contrarietà alla pratica di qualsiasi tipologia di accesso e di fruizione motorizzata a scopo ludico del proprio territorio”.

Sperimentano sulla loro pelle, nei loro campi, gli effetti del cambiamento climatico gli Agricoltori custodi della Carnia, impegnati da 20 anni – ma spesso da una vita intera – nel conservare e migliorare le antiche varietà ortofrutticole delle vallate carniche e per la salvaguardia della biodiversità coltivata. Sono stati vincitori della Bandiera Verde nel 2012, anno pessimo per la scarsità di precipitazioni e temperature sopra la media: fattori che penalizzarono gravemente il raccolto del prelibato fagiolo di Pesariis, come testimoniarono per esperienza diretta alcune anziane coltivatrici.
Sul fronte delle energie rinnovabili in Trentino c’è un esempio che fa scuola: la società Bio energia (Bandiera Verde 2016) riceve oltre il 65% della frazione organica dei rifiuti solidi urbani della provincia di Trento, che primeggia in Italia con l’80 per cento di raccolta.  Fino al 2014, i rifiuti organici finivano in impianti veneti e lombardi, con ingenti costi ambientali ed economici. Il biodigestore è un esempio lampante di economia circolare: progettato e gestito correttamente, in armonia con la comunità dove sorge, produce compost e biometano utilizzato per produrre energia elettrica e calore per il teleriscaldamento. La raccolta dell’umido funziona così bene che l’impianto non basta più a trasformare tutti i materiali in compost e energia, e così grazie a un accordo del 2017, una parte del biometano sarà immesso in rete e contribuirà ad alimentare gli autobus del trasporto pubblico.
Claudia Apostolo e Vanda Bonardo, Legambiente Alpi