Il Sottosegretario per la Trasformazione Digitale Alessio Butti ha presentato l’8 agosto 2023 la nuova Strategia per la banda ultralarga nazionale e dotata di risorse del PNRR. E non solo. Guarda il piano.
I Sindaci che hanno appreso la notizia dalle Associazioni degli Enti locali e da altre fonti istituzionali, hanno finora compreso poco del nuovo Piano. E sono partite sulle chat dei rappresentanti istituzionali numerose domande, in particolare relative alle relazioni che il Piano BUL “storico” e il nuovo Piano hanno tra loro. Le incertezze forti nell’attuazione del Piano del 2006 hanno incrinato la fiducia degli Amministratori pubblici nella realizzazione di nuove reti.
Si copriranno finalmente le “case sparse”? Il nuovo Piano riguarda solo le “aree grigie” Verranno finalmente raggiunti, come era stato annunciato anni fa e poi non fatto, tutti i civici e non solo gli armadi stradali? Ci sarà sempre da “accendere” la fibra posata e alcuni staranno “in attesa”? Ci saranno sempre soggetti pubblici istituzionali più o meno efficienti a dover dare autorizzazioni ai passaggi e ai cittadini che vogliono collegare il tombino con il proprio immobile? Verranno nuovamente spaccate le strade? Ci saranno interventi lungimiranti lungo gli assi delle valli, coprendo in una stessa fase i territori di Comune in Comune, o verranno ignorate le geografie? Il nuovo Piano riguarderà anche le linee mobili? Come si rilegheranno i tralicci in quota in fibra? I “pacchetti” di fibra acquistati dagli Enti locali per le sedi pubbliche diminuiranno nel prezzo mensile? I Comuni e le Unioni montane verranno finalmente coinvolte nella pianificazione degli interventi?
Tante domande, peraltro alcune storiche.
A pochissime si comprende finora una risposta. I Comuni hanno la necessità di veder arrivare fibra ottica e segnali per internet ad alta velocità in tutti i territori. Delusi e sconfortati dal Piano Banda ultralarga del 2016 – che aveva messo in campo oltre 3 miliardi di euro a livello nazionale per coprire le zone bianche, ovvero montane e rurali, dove gli operatori privati non avrebbero mai portato la fibra – sono in attesa. Che si completino quei lavori montati idealmente sette anni fa, ma poi marciati a rilento tra ricorsi, ritardi nelle progettazioni, ditte difficili da trovare, mancanza di dialogo tra Infratel e Open Fiber con gli Enti locali. I quali avevano detto chiaro: prima di scavare e posare fibra ottica, chiedeteci cosa c’è sui nostri territori. Non è la stessa cosa scavare in montagna o in città. E molto spesso, posare fibra nelle aree montane e rurali, finisce per essere inutile, quando invece la fibra ottica andrebbe “portata alle torri” di trasmissione e da lì rimbalzata nelle case attraverso segnali wireless. L’FWA, appunto il segnale senza fili, oggi ha bisogno di frequenze e le imprese che lo offrono ai cittadini sanno di essere, per la montagna, l’unica soluzione disponibile. È già stato così durante il covid e ora ancor di più. Anche quando arriverà il 5G, per le reti mobili, il Fixed Wireless Access sarà ancor più importanti per internet ad alta velocità. Il mix di reti fisse e mobili, con o senza fili, richiede visioni e investimenti. Il PNRR fa la sua parte, anche per portare il 4G a 5G. Ma sulla telefonia mobile – con migliaia di paesi alpini e appenninici senza segnale – occorre fare di più. Uncem ha raccolto nell’ultimo anno 3900 segnalazioni di Comuni o pezzi di paesi senza segnali, di uno o più operatori. L’Emilia Romagna è l’unica Regione italiana che su questo fronte sta investendo, realizzando con fondi europei dei tralicci, a proprie spese, sui quali poi gli operatori possono installare ripetitori. L’infrastruttura pubblica rende tutto più semplice, con meno burocrazia e meno oneroso. Questo Butti e il Ministro del Made in Italy Urso lo sanno bene. Le Regioni possono seguire il modello. E investire.
Il punto fermo è sempre uno solo: il pubblico, lo Stato con le sue diverse articolazioni, deve investire dove gli operatori e le imprese private non arrivano. Per assicurare servizi a tutti, superare sperequazioni e disuguaglianze sociali. Dare a tutti adeguati servizi di cittadinanza.
Già il Piano BUL, banda ultralarga, del 2016 partiva da questo presupposto. Centrale. Ma si può dire tradito a causa di caos burocratico e organizzativo.
In un Paese orograficamente complesso come l’Italia, abbiamo tutti la necessità di capire quello che sta succedendo su piano Banda ultralarga e nuovi Piani del PNRR. E farlo comprendere alle nostre comunità. Gli investimenti di oggi e di ieri stanno insieme, paralleli e connessi, nuovo e vecchio piano, relazioni, complementarietà, numeri, impegno degli Enti locali. Ora che il Piano del Governo è pubblicato, i Sindaci dovranno essere pienamente coinvolti, non come successo negli ultimi anni per gli scavi e la posa della fibra. Che oggi rimane troppo spesso spenta, senza operatori che la vadano “ad accendere”, perché domanda e offerta di servizio, su fibra, non si incontrano.
Si osserva oggi lo stato critico di molte Telco, piccole e grandi società delle telecomunicazioni, e parallelamente la grandissima disponibilità di risorse per i servizi, grazie ai finanziamenti del PNRR per imprese e soggetti pubblici. Questo quadretto non può non incrociare il tema reti con il fronte più ampio della digitalizzazione di processi e opportunità per PA, cittadini, associazioni, imprese, scuole… Lo Stato ancora non ha deciso cosa fare di TIM e della “rete unica”, ma nel frattempo non vengono assegnate nuove frequenze per i segnali internet ad alta velocità e manca chiarezza sul quadro complessivo di reti e servizi. Che insieme potrebbero generare nuove opportunità dei territori rurali e montani, più competitivi, dove insediare imprese, dalle server farm (anche nelle miniere dismesse, come è già stato fatto) alle società agricole che usano bene il digitale per risparmiare in uso delle risorse naturali e migliore gestione complessiva delle imprese.
Reti e servizi stanno insieme, ma la lettura va costruita, generata, realizzata. Montata da soggetti pubblici e dalle Istituzioni, fatta capire e leggere a tutti. Investire nelle reti, con il vecchio piano BUL che prende finalmente ed efficacemente corpo, recuperando il gravissimo tempo perduto – anche grazie al nuovo Piano BUL? – genera opportunità e crescita. Piccoli Comuni e territori montani non ne vogliono essere esclusi. Sono pronti, Sindaci e cittadini, a formazione e informazione. Che non devono mancare. In un processo di costruzione della conoscenza e riduzione dei divari digitali che sono fisici, ma anche culturali. E che fanno male. Vinciamoli una volta per tutte.
Marco Bussone