Prato allo Stelvio, 3400 abitanti nel cuore delle Alpi bolzanine, è un raro esempio di comune “autarchico” dal punto di vista energetico, come amano definirsi i pratesi stessi. Nel senso che, a parte i combustibili impiegati per il trasporto, reperibili nell’unico distributore collocato alle porte del paese, i residenti non consumano nemmeno una goccia di petrolio durante l’anno.
Ma com’è possibile tutto questo?
Il segreto sta nel mix energetico utilizzato e nella capacità del territorio di auto-organizzarsi per valorizzare le risorse che l’ambiente offre. Quindi biomasse legnose, energia idroelettrica, biogas da allevamento, fotovoltaico, eolico. E una gestione autonoma che funziona attraverso una cooperativa di cui fanno parte, come soci, quasi tutti i residenti del comune.
Questo rende Prato allo Stelvio un caso sinora eccezionale, di cui esistono pochi altri esempi in Europa. Un sistema di sfruttamento dell’enorme potenziale di risorse energetiche offerto dal territorio alpino che permette al piccolo comune di svincolarsi progressivamente dalle fonti fossili.
L’epoca delle fonti fossili infatti non si riflette soltanto nel progressivo aggravarsi del cambiamento climatico e nelle grandi tensioni geopolitiche e finanziarie, ma anche nella situazione di dipendenza dei territori da lunghe reti di approvvigionamento: si pensi alle rotte globali seguite dai barili di petrolio che vanno dal Medio Oriente agli Stati Uniti, o ai percorsi dei gasdotti che portano il metano dalla Russia all’Europa. Una situazione che rende la scala locale soggetta ai “capricci” della scala globale e all’interdipendenza con altri luoghi sulla superficie terrestre.
Mentre, come insegna Prato allo Stelvio, se imparassimo a valorizzare enormi bacini di risorse energetiche e territoriali quali, ad esempio, le Alpi, non è difficile pensare a sistemi locali sempre più autonomi ed efficienti. E le barriere alla diffusione delle energie rinnovabili (o di alcune tra queste), insegna ancora l’esempio del piccolo comune bolzanino, non sono più tecnologiche o economiche, come si è indotti solitamente a pensare, ma risiedono nella capacità di costruire visioni e forme collettive e condivise di valorizzazione, per mobilitare i diversi attori che vivono e operano sul territorio. In questo modo i piccoli esempi virtuosi presenti sull’arco alpino, come quello di Prato allo Stelvio, potranno costituire un primo passo sulla difficile strada della sostenibilità.
Matteo Puttilli