Durante il lavoro sul campo in Valle Gesso per la stesura della tesi di dottorato, un informatore di Entracque, nel disperato tentativo di far capire all’ottusa ricercatrice che cosa intendesse esattamente per «difficoltà a collaborare a livello locale in vista del bene comune», un giorno decise di raccontarmi questa storia: «Molto tempo fa, in paese vivevano due famiglie di contadini e pastori. Ciascuno viveva coltivando e allevando animali: non c’era l’abbondanza, ma tutti avevano abbastanza e vivevano sereni e d’accordo. Una sera salì dalla valle un forestiero. Fu accolto con ospitalità e in suo onore fu ucciso e cucinato un agnello. Alla sera non si risparmiò il vino e l’atmosfera era quella di una festa. A cena finita e a notte ormai inoltrata, lo sconosciuto si rivolse agli entracquesi con queste parole: “Mi è piaciuto molto come mi avete accolto, l’ospitalità che avete dimostrato a un viandante. È bello come vivete qui, in armonia gli uni con gli altri. Vi svelerò una cosa: questa sera avete dato ospitalità al Signore. Per dimostrarvi la mia gratitudine voglio ricompensare tutte e due le famiglie. Vi darò ciò che desiderate di più, ma a una condizione: se una famiglia avrà 10 capre l’altra ne riceverà 20; se una famiglia chiederà 20 mucche l’altra ne avrà 40. Avete tempo tutta la notte per pensarci”. Intanto intorno alle braci che andavano spegnendosi era sceso un gelo che non aveva niente a che spartire con l’inverno. Le due famiglie, amiche fino a poco prima, si erano d’un tratto allontanate e avevano preso a guardarsi di traverso. Poco prima dell’alba di una notte insonne, uno dei due capofamiglia si alzò e si recò di soppiatto presso lo straniero: “Furesté, se è vero quello che avete detto, allora c’è una sola cosa che desideriamo: cavateci un occhio». All’epoca rimasi molto colpita dal racconto, che fotografava così bene l’atteggiamento di chi preferisce languire o subire un mezzo danno piuttosto che migliorare, se ciò comporta il prezzo insopportabilmente salato di veder stare ancora meglio il proprio vicino. Questa tendenza alla chiusura, all’egoismo miope fino all’autolesionismo è uno degli atteggiamenti che più spesso vengono imputati ai montanari. L’Associazione Ecoturismo in Marittime rappresenta l’altro volto della montagna: è il tentativo (coraggioso, faticoso, lungo dieci anni) di andare oltre la diffidenza, al di là di una scarsa propensione alla collaborazione piuttosto diffusa che rischia di danneggiare un turismo montano già penalizzato dalle stagioni corte, minacciato dall’incostanza del meteo, dalla difficoltà a adeguarsi a un mercato sempre più esigente, dall’eccessivo affidamento del settore privato su quello pubblico, talvolta anche dalla carenza di posti letto (per esempio in Valle Gesso).
Ecoturismo in Marittime è nata nel 2002 con lo scopo di far collaborare gli associati al fine di offrire un prodotto turistico di qualità in accordo con i principi della Carta Europea del Turismo Sostenibile. «A forza di dividersi si diventa nessuno. Qualcuno lo aveva capito già dieci anni fa: all’epoca si avvertiva una diffusa volontà di associarsi e di lavorare insieme. Anzi, alcuni sforzi in tal senso erano già stati tentati e abortiti perché mancava il collante che tenesse insieme soci privati e amministrazioni locali: poi è arrivato il Parco», così racconta la genesi dell’associazione il suo attuale presidente, Fabrizio Fenocchio, titolare del campeggio Valle Gesso di Entracque.
Perché il Parco? «A partire dagli anni ’90 i parchi sono diventati enti preposti non più soltanto alla conservazione e alla tutela, ma anche allo sviluppo economico e sociale dei territori su cui insistono. Da vincolo il Parco è diventato così una risorsa per l’economia locale». Il Parco delle Alpi Marittime ha preso da subito molto sul serio la nuova vocazione: nel 1996 fa parte dei dieci parchi europei pilota incaricati di elaborare la Carta del Turismo Sostenibile e a partire da allora inizia a intessere rapporti sempre più stretti con gli operatori locali (gestori di bar, ristoranti, hotel, rifugi). La collaborazione con gli esercenti e gli studi di settore porta nel 1999 alla stesura di una Strategia turistica del Parco. È proprio durante la redazione della Strategia che emerge con forza la mancanza di un collegamento tra i diversi soggetti che operano in ambito turistico sul territorio: l’Associazione Ecoturismo in Marittime nasce per colmare questa lacuna, come previsto dalla Carta del Turismo Sostenibile nel frattempo adottata dal Parco (2002).
Da allora cosa è diventata l’associazione? «Ecoturismo in Marittime associa oggi circa una cinquantina di esercenti privati, i quattro comuni del Parco delle Alpi Marittime (Aisone, Entracque, Valdieri e Vernante) e il Parco stesso. È un’associazione eterogenea, che riunisce dalla parrucchiera al benzinaio, dal grande campeggio al piccolo bar».
Ci sono dei criteri di ammissione all’associazione? «Al momento non esiste un disciplinare: la sua stesura è sempre fallita perché non è semplice individuare criteri di valutazione della sostenibilità che possano adattarsi a realtà differenti quali un rifugio alpino e una bottega di alimentari», spiega ancora Fabrizio. «L’idea è quella di lavorare non per imposizione, ma attraverso la persuasione: quello di cui c’è bisogno, e che stiamo lentamente ottenendo, è un cambio di mentalità dei soggetti privati, una piccola rivoluzione culturale in direzione della sostenibilità» aggiunge Michela Formento, collaboratrice del Parco e responsabile per l’ente dell’Associazione: «per esempio, Ecoturismo in Marittime ha promosso e promuove giornate di formazione e informazione per gli associati sulle certificazioni ambientali, sulla connessione fra clima e energia, sulla mobilità sostenibile, sulla filiera corta e sui prodotti a chilometri zero. Un piccolo traguardo? Attraverso la valorizzazione del marchio Ecolabel, la maggior parte dei soci ha deciso di sostituire i prodotti cartacei e i detersivi tradizionali con quelli certificati». «Un’altra attività di sensibilizzazione – continua Fenocchio – ha puntato sull’impiego dell’acqua pubblica: oggi l’acqua che si beve in molti locali è “l’acqua del sindaco”: quella del rubinetto».
Questo per quanto riguarda il versante della sostenibilità. Per quanto riguarda l’attività vera e propria di promozione dell’ecoturismo, invece? «Un turismo di qualità prevede un’accoglienza che sia anche preparata: l’associazione investe in corsi di marketing territoriale e di lingue straniere per migliorare la competenza degli esercenti, sia sul versante della conoscenza del territorio sia dal punto di vista comunicativo e linguistico», spiega ancora Fabrizio Fenocchio. «Poi c’è la partecipazione alle fiere, nazionali e internazionali, e un grosso lavoro sull’identità visuale. L’obiettivo in questo caso è quello di rendere percepibile e riconoscibile sul territorio l’esistenza di un minimo comun denominatore turistico, attraverso la targa che ogni associato espone all’interno del suo esercizio, mediante vari totem di legno per la diffusione del materiale informativo, con la pubblicazione del libretto “Made in Marittime” che riassume per parole e immagini l’offerta turistica locale», continua Michela. «Nel corso del tempo sono nate molte iniziative, diventate poi appuntamenti fissi. Per esempio il ciclo di serate gastronomiche “Tuma&Bodi” (“toma e patate”), che promuove prodotti e ricette locali, o Suoni di Marittime, un ciclo di suggestivi concerti all’aria aperta. A luglio di quest’anno, grazie ai fondi europei del Piano Integrato Transfrontaliero destinati al turismo, è stata attivata una centrale di prenotazione online. Per accedere al servizio basta andare sulla pagina web del Parco e cliccare su “Prenotazione online rifugi e alberghi”. Il servizio, attivo per i due Parchi Alpi Marittime e Mercantour, coinvolge 20 rifugi e due hotel. La Centrale di prenotazione semplifica le modalità di booking e offre la possibilità di accedere in modo congiunto a tutte le strutture, favorendo la realizzazione di trekking transfrontalieri e di traversate da una valle all’altra».
Qual è il bilancio dell’associazione, a dieci anni dalla sua nascita? «È stato fatto molto e ancora di più rimane da fare, in tutte le direzioni. Tra piccoli successi e qualche inciampo: come quando abbiamo organizzato un gruppo di approvvigionamento in valle di prodotti ortofrutticoli e abbiamo scoperto che i prodotti non erano così… locali come ci avevano garantito! Purtroppo un grosso limite dell’associazione è il budget modesto: bisogna fare fuoco con la legna che si ha. L’associazione si finanzia grazie a una quota fissa versata da tutti gli associati: i comuni e il Parco danno i contributi più sostanziosi. L’ente parco in particolare mette a disposizione i suoi locali e… Michela. Verosimilmente, però, con i tagli recenti non potrà più permetterselo» spiega ancora Fabrizio Fenocchio. «Ci sono voluti dieci anni di lavoro, ma ora l’associazione è considerata un interlocutore affidabile dai soggetti attivi sul territorio nel settore turistico. La sua utilità non è messa in discussione, anzi: di recente è stata unanimemente riconosciuta. Non è detto però che basti a farla vivere» conclude Michela.
Irene Borgna
Per saperne di più: www.inmarittime.it