Il 5 marzo scorso, presso il Castello del Valentino a Torino, si è svolta la giornata inaugurale del neonato Istituto di Architettura Montana (IAM), centro di ricerca sui temi dell’architettura e del paesaggio alpino nato all’interno del Dipartimento di Progettazione architettonica e di Disegno industriale del Politecnico di Torino.
Tra gli obiettivi dello IAM vi è la promozione e la realizzazione di ricerche di base e applicate nei campi dell’architettura, della storia, del design, della tecnologia e della cultura materiale incentrate sullo spazio alpino, e la formazione di reti di ricerca con enti e soggetti locali e internazionali sul tema del progetto dei luoghi montani.
L’Istituto vuole costituirsi come una struttura di supporto delle comunità locali nella messa a punto di ricerche e progetti finalizzati allo sviluppo locale e alla trasformazione consapevole del territorio montano, con l’intento di agevolarne lo sviluppo sostenibile.
L’attività di ricerca dello IAM – attraverso il lavoro svolto fino a oggi ma anche attraverso i progetti in corso di definizione – mira ad approfondire il rapporto tra progetto di architettura e territorio alpino, nell’ottica di indagare le possibilità abitative diversificate che caratterizzano la montagna di oggi, unica reale alternativa alle modalità insediative del mondo urbanizzato di pianura.
Al’interno dell’ambiente alpino il progetto è più che altrove uno strumento esplorativo e interpretativo dei contesti, attento alla qualità architettonica e paesaggistica globale, e cioè non solo a ciò che si “aggiunge” ma all’esito finale di un luogo. Il progetto di architettura si configura dunque come progetto di forme di territorio e di insediamento i cui materiali sono la geomorfologia, il substrato territoriale, gli elementi antropici e naturali, il costruito come lo spazio aperto ma soprattutto le complesse e sfaccettate forme di territorialità che i nuovi (o meno nuovi) abitanti della montagna mettono oggi in campo.
In modo sempre più evidente le Alpi si stanno infatti configurando come una terra orientata all’ibridazione, in cui è sempre più difficile – al contrario di come emerge dalle falsanti rappresentazioni diffuse del mondo alpino – poter distinguere forme di territorialità di natura prettamente urbana da quelle rurali, almeno in senso tradizionalmente inteso. Le montagne appaiono sempre di più un luogo complesso in cui si intrecciano modi di abitare e di trasformare lo spazio estremamente diversificati, dinamici e in continua evoluzione.
In questo contesto è quindi fondamentale tornare a ragionare sul progetto dei paesaggi costruiti in quanto la forma fisica del territorio diventa il luogo in cui si intrecciano le pratiche trasformative che caratterizzano la montagna di oggi, costituendo dunque un terreno fertile su cui sperimentare possibili forme di ibridazione tra “urbanità” e “alpinità”.
Il progetto di architettura e di paesaggio, proprio a partire dal confronto con l’ambiente alpino, risulta essere lo strumento ideale per saggiare ed esplorare più in generale le grandi sfide che pone la cultura dell’abitare del XXI secolo, attraverso tutte le scale e i livelli.
In primis è opportuno riflettere su politiche di governo territoriali orientate a una trasformazione dei paesaggi che parta dalle strutturazioni fisiche del territorio.
Nei territori montani la tettonica, la geomorfologia, la topografia costituiscono infatti elementi decisivi nell’orientare i processi insediativi e trasformativi. È in stretta interazione con le configurazioni orografiche delle valli alpine che storicamente inizia a prendere corpo quella struttura insediativa policentrica, fatta da piccoli e medi centri, che costituisce ancora oggi l’ossatura urbana diffusa del Piemonte e della Valle d’Aosta. Un’infrastrutturazione di lungo periodo che può e sempre più deve essere centrale, oggi, nella definizione di politiche di governo territoriali orientate a una trasformazione dei paesaggi che sappia essere innovativa ma al tempo stesso contestuale e sostenibile.
In seconda battuta, è necessario lavorare sulla messa a punto di un’immagine dei luoghi che guardi a una compenetrazione equilibrata tra mondo urbano e rurale, all’ibridazione tra economie turistiche e agricolo-produttive, all’intreccio tra identità e modi di vita differenti, piegando in modo virtuoso i processi di trasformazione dell’ambiente costruito per attivare un reale processo di “risignificazione” del territorio.
La ricerca nel campo del progetto di architettura e di paesaggio deve dunque essere in grado di interpretare le nuove forme abitative praticate dagli abitanti a partire dai loro universi figurativi e dalle forme di rappresentazione dell’identità territoriale, nell’intreccio con le altre discipline sociali, geografiche e antropologiche.
Le Alpi possono dunque tornare a essere un laboratorio in cui sperimentare percorsi di edificazione più articolati e più “intelligenti”, dando vita a modelli insediativi più complessi, in cui le identità locali possano realizzarsi secondo modelli di integrazione tra forme dell’insediamento e pratiche dell’abitare – e non più solo attraverso logiche a-topiche di crescita mascherate da stilemi pseudo-tradizionali.
Roberto Dini
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