L’inverno scorso il comune di Balme ha attirato su di sé l’attenzione per aver dato un segnale di svolta precludendo sul proprio territorio qualsiasi attività ludica e turistica facente uso di veicoli a motore e preferendo invece un turismo basato su un approccio sostenibile. Adesso anche la Valle Maira si appresta a una scelta netta in materia di fruizione turistica che va nella direzione della lentezza, del silenzio, del contatto con la natura e la cultura dei luoghi. L’Unione di Comuni della Valle Maira ha infatti deciso di fermare il dilagare di moto e fuoristrada da sentieri e strade di montagna e di approvare una strategia locale per il turismo sostenibile quale forma di sviluppo che rispetti e preservi nel lungo periodo le risorse naturali e culturali.
La Valle Maira in realtà già da tempo ha avuto il merito di aver fermato sul nascere una possibile invasione invernale di motoslitte ed elicotteri per la pratica dell’eliski. Scelta rivelatasi azzeccata e che, assieme al miglioramento dell’ospitalità, grazie a un paesaggio e un ambiente naturale di rara bellezza, e a una rete di sentieri che consentono di apprezzare il patrimonio culturale e naturale, è diventata un territorio modello dal punto di vista del turismo sostenibile. E con ottimi risultati anche in termini di presenze e ricadute economiche: la valle è infatti una delle mete più ambite da parte di escursionisti, soprattutto stranieri, che non si limitano al cosiddetto mordi e fuggi.
Alla Valle Maira va dato atto di essere riuscita finora a non banalizzare il proprio territorio, evitando di farne una sorta di lunapark invernale. La stessa cosa auspichiamo possa avvenire per la montagna estiva. Ambienti di pregio paesaggistico e naturalistico, luoghi unici come l’altipiano della Gardetta con il suo reticolo di strade ex militari, antichi percorsi come la Strada dei Cannoni tra Valle Maira e Varaita, sentieri storici che collegano le borgate occitane non meritano di essere presi d’assalto da moto, quad e veicoli fuoristrada.
Ciò che in altri paesi alpini costituirebbe la norma, nelle Alpi italiane purtroppo è ancora un’eccezione e anche in questo caso probabilmente ci sarà qualche brontolio da parte di chi teme una diminuzione di presenze. Gli amministratori hanno fatto una scelta coraggiosa – o forse doverosa – che va sostenuta. Non sarà semplice passare da un’assenza di regole a una situazione dove ci sono regole e divieti da rispettare. Ci sarà sicuramente qualche motociclista in meno a correre sulle strade e a contribuire al riempimento dei locali della valle. Molti motociclisti provengono da quei paesi alpini dove a nessuno è consentito di poter andare in moto o in fuoristrada su per le montagne. Ma da quegli stessi paesi provengono altrettanti turisti che della valle apprezzano ambienti e paesaggi e che alla lunga non sarebbero disponibili a condividerli con chi produce solo rumore e gas di scarico.
Le attività motoristiche non sono compatibili con tutte le altre forme di fruizione soft della montagna. Questo deve essere chiaro, non solo agli amministratori, ma anche agli operatori del territorio.
Nel frattempo anche nelle Dolomiti si preannuncia – dopo anni di discussioni- la chiusura temporanea di alcuni dei passi più famosi; non ancora una soluzione definitiva del problema, ma un passo in una ben determinata direzione. Fino a qualche anno fa era impensabile porre qualsiasi limitazione a moto e auto sulla ex strada militare Monesi – Limone (Via del Sale), nelle Alpi Liguri, che in alcune giornate estive si trasformava in autodromo d’alta quota: oggi non si è ancora alla chiusura, ma si è stabilito un limite giornaliero e la chiusura per alcune giornate ai mezzi motorizzati. Ora Balme e la Valle Maira. Che ci sia davvero un’inversione di tendenza nelle Alpi italiane?
Francesco Pastorelli
Trovo questo articolo del tutto fuori luogo se si desidera intraprendere un dibattito serio sulla percorrenza delle strade di montagna. Frasi del tipo “Ambienti di pregio paesaggistico e naturalistico, luoghi unici come l’altipiano della Gardetta con il suo reticolo di strade ex militari, antichi percorsi come la Strada dei Cannoni tra Valle Maira e Varaita, sentieri storici che collegano le borgate occitane non meritano di essere presi d’assalto da moto, quad e veicoli fuoristrada” danno solamente adito a fraintendimenti e sono perlopiù frutto di disinformazione.
Le strade in questione sono, per l’appunto, strade e non sentieri come erroneamente definite nella frase sopra riportata. Sono carrarecce militari che hanno una storia molto interessante e che meritano di essere mantenute in buono stato (a chi ha scritto l’articolo e a chi commenta a sproposito su Facebook suggerisco di leggere “Le strade dei cannoni. In pace sui percorsi di guerra” e “Le strade dei forti. Storia ed escursioni in Piemonte. Valle d’Aosta e Liguria” di Marco Boglione, Blu Edizioni). Per preservare queste splendide strade dallo stato di degrado bisogna consentire che siano percorse in maniera consapevole e manutenute. Quindi è auspicabile una regolamentazione (vedere a tal proposito il pedaggio istituito per la “strada del sale” o la chiusura in alcuni periodi di eccessivo afflusso) ma assolutamente non la chiusura indiscriminata.
Per camminare in montagna ci sono centinaia di sentieri, troppo spesso non percorsi o in cattivo stato proprio per scarso utilizzo, quindi non ha senso scagliarsi indistintamente contro chi fa un uso proprio delle strade (che per definizione stessa sono progettate e realizzate per essere percorse dai mezzi a motore). Chi ama camminare in montagna (io sono tra questi) può usufruire di infiniti percorsi su sentieri senza mai incrociare un mezzo a motore.
In merito poi ai motociclisti o automobilisti indisciplinati, ci sono norme del codice della strada e del buon senso che basta far rispettare, in montagna come in città.
Mi associo pienamente al commento espresso da Riccardo Galliano e aggiungo che la montagna è di tutti e tutti hanno il diritto di frequentarla con ogni mezzo, a due condizioni: che la lascino come l’hanno trovata e che non arrechino intralcio a chi intende godersela in altri modi.
Gli stessi amministratori locali che oggi sbandierano il turismo sostenibile dovrebbero farsi un esame di coscienza: gli impianti di risalita attorno ai quali ruota l’economia di certe vallate ne hanno modificato pesantemente e indelebilmente il paesaggio, eppure credo che nessun comprensorio che ne sia dotato sia disposto a smantellarli per dare la precedenza a chi usa le ciaspole o le pelli di foca. Se davvero è interesse delle comunità locali prediligere un turismo silenzioso e che non inquini, nelle annate in cui non nevica abbastanza non si dovrebbe invocare lo stato di calamità ma riconoscere quello di grazia: i gatti delle nevi silenziosi nei garages, le seggiovie che non consumano più energia e le montagne invase da escursionisti che si godono il silenzio, portando benessere economico agli operatori turistici locali.
Le strade a fondo naturale sono una ricchezza delle nostre montagne e possono diventare un complemento importante al turismo. Lo spazio per chi vuole andare a piedi rasenta il concetto di infinito: accanirsi per garantire al pedone l’assoluto e incontrastato dominio anche sulle strade bianche ne aumenta di poco la presenza. Sbattere la porta in faccia a un cliente sperando che ne entrino due dalla finestra è un azzardo delle cui conseguenza si assume le responsabilità chi ha deciso di affrontarlo, giustificandosi di fronte a coloro che vivono anche su quel cliente. Senza contare che il cliente a cui si chiude la porta è probabilmente quello che porta più soldi, soprattutto se arriva da lontano. Le soluzioni per far convivere gente con passioni diverse ci sono in pianura come in montagna, basta creare regole che consentano a tutti di praticarle senza che si intralcino reciprocamente, e non è necessario che sia concesso alle auto e alle moto di percorrere strade e sentieri tutti i giorni dell’anno. Ci sono dei mesi a cavallo fa il turismo estivo e quello invernale che potrebbero essere valorizzati anche per questa forma, su percorsi ben definiti, evitando i giorni festivi, schedando i fruitori e applicando un pedaggio. Rende molto di più invitarli apertamente da noi, con regole chiare e facendo pagare il loro divertimento, piuttosto che tollerarli mugugnando o, peggio ancora, rifiutarli a priori.