Con la fine di ottobre, anche gli ultimi pastori, rimasti ancora al pascolo in montagna approfittando di una serie di giornate serene che si sono fatte desiderare per tutta l’estate, scendono a valle. È tempo di bilanci, al termine di una stagione d’alpeggio che il brutto tempo e l’umidità hanno reso anche più complicata del solito. Puntuale come il servizio sull’afa nelle grandi città, sul finire del mese di agosto è tornato far discutere l’argomento della gestione dei cani da difesa, i grandi cani bianchi (per lo più pastori maremmani, abruzzesi o dei Pirenei) che vivono a stretto contatto con il gregge e lo proteggono dai lupi e dai cani vaganti.

L’ultimo dibattito sui quotidiani delle Alpi Occidentali è stato scatenato da una serie di episodi ravvicinati di aggressione a danno di escursionisti sui sentieri dell’Alta Val Tanaro, che hanno trovato eco nelle denunce delle vittime e degli scampati, nonché di alcuni gestori dei rifugi della zona, ormai esasperati da un “regime del terrore” canino che in realtà vige ormai da tempo. Nei giorni immediatamente successivi, Giorgio Ferraris, sindaco del comune di Ormea, ha reagito proponendo una limitazione dell’utilizzo dei cani da difesa, per la tutela degli escursionisti e dell’immagine turistica della valle: «Prima avevamo il “problema lupi”. Adesso abbiamo anche quello dei cani da guardia. Prenderemo provvedimenti, perché riteniamo che ci sia pericolo per l’incolumità delle persone», ha dichiarato pubblicamente.

È seguita un’ovvia e, in parte, condivisibile reazione in difesa degli allevatori da parte dell’attivo pastoralista Michele Corti, che denuncia come “Volere il lupo significa accettare, quanto meno, che il pastore si doti di cani in grado di difendere efficacemente il bestiame”. Vero, ma devono essere cani ben addestrati e gestiti dal pastore perché facciano il loro lavoro senza costituire un pericolo per le persone: «Quello dei cani da guardia è un sistema molto efficace e ormai indispensabile utilizzato per la protezione soprattutto delle greggi di ovicaprini, e se si sta lavorando parallelamente sui cani da difesa per i bovini. Viste le dimensioni delle razze utilizzate, la loro indole di cani da difesa, e i luoghi in cui questi animali lavorano, devono essere seguiti da persone adeguatamente formate e consapevoli della loro potenziale aggressività. Quindi, la questione non è utilizzare o meno i cani, ma formare i pastori perché li addestrino e li gestiscano nel modo giusto», spiega Arianna Menzano, veterinaria del progetto Life Wolfalps. Life Wolfalps applica e trasferisce le esperienze e le buone pratiche maturate nel corso del Progetto Lupo Piemonte per raggiungere un regime di convivenza stabile fra il lupo e le attività economiche in montagna a livello dell’intero arco alpino: per questo una parte delle risorse è destinata al sostegno della pastorizia, che include azioni legate alla gestione dei cani da guardiania. «Nel 2004 il Progetto Lupo Piemonte aveva istituito il Centro regionale per la selezione e l’allevamento dei cani da protezione, con il compito di selezionare i cani sulla base di caratteristiche comportamentali e attitudinali: venivano scelti sia per essere adatti alla vigilanza degli animali al pascolo (se inseriti da cuccioli nel gregge sviluppano un forte attaccamento per gli ovini che considerano la loro famiglia), sia sulla base di un’indole tranquilla (non dovevano manifestare aggressività nei confronti dell’uomo). Purtroppo solo una piccola percentuale dei cani attualmente presenti sulle nostre montagne è stata fornita dal Progetto o comunque ha seguito una corretta fase di socializzazione, mentre la maggior parte proviene da cucciolate che gli allevatori hanno distribuito direttamente ai colleghi senza prevedere nessun tipo di addestramento», aggiunge Arianna. Cani addestrati, pastori formati e presenti sono le condizioni indispensabili perché i cani da difesa del gregge svolgano il loro compito senza diventare pericolosi. Naturalmente, anche gli escursionisti devono fare la loro parte. Quando si parla di escursionisti, pastori e cani, normalmente è perché si è verificato un incidente causato da pochi escursionisti e pastori “cani”: i primi non rispettano le norme di comportamento da tenere in prossimità di greggi e mandrie e i secondi sono negligenti rispetto alla gestione dei propri animali. Gli uni e gli altri fanno più notizia a danno di tutti i loro simili e colleghi che condividono la montagna con reciproca accettazione, nel rispetto del tempo libero dei primi e del lavoro dei secondi.
Irene Borgna