Il cambiamento climatico in atto ha un forte impatto sulle economie regionali alpine, soprattutto se si considera il peso economico che gioca oggi il turismo in questi territori. Per comprendere la portata di questo fenomeno, basti osservare la mappa, che mostra l’intensità delle presenze turistiche. Tutto l’arco alpino è caratterizzato da una generale maggiore vocazione turistica rispetto alle zone pianeggianti limitrofe; vocazione confermata anche da recenti studi come quello della Convenzione delle Alpi (2013) e che caratterizza in particolare le Alpi centro-orientali.


Intensità turistica nell’area EUSALP/ Spazio Alpino al livello provinciale, 2015

L’Alto Adige si trova nella parte centro-meridionale delle Alpi, proprio al centro dell’area caratterizzata dalla massima intensità del fenomeno, non soltanto per quanto riguarda il numero di turisti, ma anche per la forte concentrazione dell’offerta. Rispetto ad altre regioni ad alta intensità turistica, per quanto riguarda il turismo invernale, queste aree più meridionali dell’arco alpino sono caratterizzate da precipitazioni nevose minori rispetto ad altre aree alpine (Zebisch et al. 2018) e soffrono quindi maggiormente, dal punto di vista del turismo, degli effetti del riscaldamento globale.
Il rapporto sul clima per l’Alto Adige, pubblicato dal Eurac Research nel 2018, evidenzia l’aumento delle temperature e le sue possibili conseguenze anche sul turismo. I dati delle stazioni altoatesine di monitoraggio del clima indicano che già oggi si riscontra un aumento delle temperature di 0,8 °C d’inverno e 2,2 °C d’estate rispetto agli anni ’60, così come una riduzione del numero di giorni con temperature al di sotto di 0°C. Tra il 1980 e il 2010, inoltre, nei mesi novembre, marzo e aprile si osserva una diminuzione delle precipitazioni nevose (Zebisch et al. 2018).

Se già oggi i dati rendono evidente la gravità di questo fenomeno, gli scenari elaborati nel rapporto sul clima per l’Alto Adige non promettono sviluppi più rosei. Infatti, anche considerando lo scenario climatico più ottimistico, che ipotizza una riduzione delle emissioni delle sostanze climalteranti a partire dal 2040, si prevede comunque un aumento della temperatura media in Alto Adige di +1,4°C in estate e +1,1°C in inverno nel periodo 2011-2050. Queste variazioni climatiche potranno determinare conseguenze importanti per l’economia legata al turismo, invernale ma non solo.
Gli operatori altoatesini del turismo invernale, legati fortemente alla pratica dello sci, stanno già attuando specifiche azioni di adattamento, ad esempio ricorrendo sempre più spesso all’innevamento programmato o posticipando l’apertura degli impianti di risalita. A questo proposito, basti pensare che il numero dei cannoni sparaneve in Alto Adige è quintuplicato dal 1995 al 2015 (ASTAT, 2016), con un conseguente maggiore utilizzo di acqua ed energia elettrica.

Non sono solo gli operatori ad adattarsi, ma anche i turisti: è verosimile immaginare che nel lungo termine vi sarà un cambiamento della stagionalità, cioè una diversa scelta delle persone rispetto alle stagioni e ai periodi nei quali passare il proprio tempo libero in montagna. Da vent’anni a questa parte, infatti, in Alto Adige il 60% circa delle presenze turistiche si concentra in estate. Si stima che, in presenza di un aumento delle temperature, questa percentuale estiva possa salire al 77% (Cavallaro et al., 2017). Le 32,4 milioni di presenze turistiche rilevate oggi in Alto Adige (ASTAT 2018) potrebbero concentrarsi sempre meno in inverno e più in estate, con conseguenze negative per l’economia provinciale legata alla pratica dello sci, ma con nuove opportunità per il turismo estivo, che pur dovrà fare i conti con maggiori pressioni antropiche sull’ambiente.
Già oggi alcune zone turistiche – come ad esempio quelle del carosello sciistico Dolomiti Superski – si adattano al cambiamento climatico: non concentrano più esclusivamente la loro attenzione sugli sport invernali, ma estendono la loro offerta e il loro marketing su attività sportive outdoor praticabili in altre stagioni, come ad esempio la mountain-bike, che possano beneficiare delle stesse infrastrutture esistenti per l’inverno come quelle funiviarie.
Anche altre aree montane sulle quali insistono impianti sciistici minori stanno riflettendo sulla convenienza economica delle proposte legate allo sci, e sull’eventualità di riconvertire le infrastrutture esistenti. Un esempio, anche se non altoatesino, è quello dell’area di Passo Rolle dove, su iniziativa privata, è stata recentemente valutata la possibilità di trasformare un’area sciistica in un parco per sport outdoor estivi (leggi l’articolo su Passo Rolle).
Al cambiare del clima, quindi, anche il turismo alpino cambia. D’inverno occorrerà immaginare offerte il più possibile indipendenti dalla presenza della neve. D’estate sarà necessario gestire i momenti turistici più intensi con adeguate politiche di regolamentazione dei flussi. Due sfide che richiedono creatività e coraggio.
Peter Laner e Anna Scuttari (Eurac Research, Istituto per lo Sviluppo Regionale, Centre for Advanced Studies)