Durante tutto il 2016 l’Austria gioca un’aspra battaglia politica sull’opportunità di innalzare un muro al Brennero in opposizione ai flussi migratori in arrivo dall’Italia.
Nel frattempo in Svizzera si respira un’aria sempre più protezionista a discapito dei frontalieri; in un recente caso Ticinese, il confine viene addirittura chiuso nottetempo.
Nel febbraio di quest’anno viene multato un giovane agricoltore francese della Valle Roya, “passeur buono” che senza nessun tornaconto aiutava i migranti a valicare il confine.
Ogni giorno i treni in uscita dall’Italia sono presidiati da pattuglie poco amichevoli in cerca di colori e fisionomie non caucasiche; sono decine i casi documentati dalla cronaca di respingimenti forzosi e poco ortodossi, anche di minori non accompagnati.
Ventimiglia, propaggine meridionale dell’arco alpino: a marzo la polizia multa tre francesi perché hanno somministrato senza autorizzazione cibo ai migranti, contravvenendo ad un’ordinanza del Sindaco; ormai da più di un anno la frontiera ligure è il barometro della questione in tutta la sua gravità e le sue mille contraddizioni.
Queste sono solo alcune rappresentazioni della moltitudine di vicende, politiche e volontà che si consumano e si riflettono ogni giorno sui territori alpini di confine rispetto ai macroscenari internazionali esasperati da crisi economica, flussi migratori, terrorismo.
Il risultato è che le Alpi che sono state teorizzate negli ultimi vent’anni come cerniera o territorio poroso sullo sfondo di un’Europa unita e pacificata, forse al momento non esistono più.
Le montagne tornano ad essere una barriera fisica, il perimetro da difendere e serrare soprattutto laddove la sezione mostra resistenza minore.
Le creste alpine ridivengono la chiara linea di demarcazione geometrica e misurabile delle geografie, proiezione di una più rassicurante idea di controllo razionalista e cartesiano dello spazio rispetto a concetti ibridi come compenetrazione e permeabilità.
Si involve ad una visione Settecentesca del territorio, dove gli assetti politici e le regioni naturali sono individuati in base alla dottrina dello spartiacque, in barba a geografie liquide e trasformazioni di portata mondiale: io da questa parte, tu dall’altra.
Trump fa proseliti anche sulle Alpi: per quanto asetticamente indifferente al fattore umano, la retorica del muro è la soluzione più facile per chi si trova nella posizione predominante, la reazione immunitaria più immediata. Del resto, in tutti gli stati alpini si riscontra ormai da tempo l’ascesa dei movimenti del nazionalismo populista.
In tutto ciò, in moltissime realtà alpine -anche minuscole, come Lemie, Ostana e tante altre- trovano rifugio migliaia di persone in transito, in bilico tra l’ostracismo e l’accoglienza, tra il conflitto sociale e le possibilità di integrazione offerte dalle comunità locali.
Mentre siamo in speranzosa attesa di essere smentiti al più presto, il Moncenisio ha appena riaperto; come in tutti gli altri valichi alpini occidentali, la frontiera è nuovamente presidiata. È un passo minore e isolato, ma forse proprio per questo il contrasto tra i pascoli e i mitragliatori dei gendarmi risulta così stridente.
A fare da sfondo le fortificazioni diroccate della seconda guerra mondiale, metonimia di un’epoca poi non così lontana.
Antonio De Rossi, Roberto Dini, Stefano Girodo, Daniel Zwangsleitner