Si è appena conclusa la quarta edizione della Settimana Alpina (Alp Week), che si è tenuta dall’11 al 15 ottobre a Grassau, nelle Alpi bavaresi dell’Achental. Il sottotitolo dell’evento, “Le Alpi e la gente”, evidenzia l’importanza che è stata data dagli organizzatori al tema socio-demografico, declinato nei molteplici aspetti del rapporto tra le Alpi e le persone che vivono, lavorano e, naturalmente, anche si rilassano nello spazio alpino.
Per chi non la conoscesse, la Settimana Alpina è un evento internazionale dedicato allo sviluppo sostenibile nelle Alpi, organizzato ogni quattro anni da Alleanza nelle Alpi, Convenzione delle Alpi, Programma Interreg Spazio Alpino, Associazione Città alpina dell’anno, Cipra International, Club Arc Alpin e Iscar Alpine Research. L’obiettivo della Settimana Alpina è da sempre quello di condividere le esperienze raccolte nello spazio alpino, per trovare nuove soluzioni future, specificatamente alpine, che possano preservarne il patrimonio sociale, culturale e naturale, evidenziare la varietà di approcci disponibili e discutere le opzioni di sviluppo sostenibile. Appare particolarmente rilevante, specialmente per chi si occupa di immigrazione straniera nell’arco alpino, che gli enti organizzatori abbiano focalizzato quest’anno la propria attenzione proprio sui cambiamenti demografici (unitamente a quelli culturali e al tema della qualità della vita), considerati esplicitamente come una delle sfide principali per le Alpi del futuro. Molte le domande di partenza, a cui si è cercato di rispondere durante questa densa settimana di incontri, dibattiti e presentazioni: chi sono gli abitanti attuali e futuri delle Alpi e che modelli di vita hanno? Come si può tenere (maggiormente) conto della diversità sociale (genere, generazioni, immigrazione…) per promuovere un cambiamento favorevole allo sviluppo sostenibile nella regione alpina? Che influenza esercitano i cambiamenti demografici sul capitale sociale, la coesione e l’innovazione nello spazio alpino, sui modelli insediativi (spopolamento, proliferazione urbana…), sul consumo di suolo, la conservazione della natura e la mobilità? Che contributo possono dare gli enti governativi e non governativi alla gestione di questi cambiamenti, per esempio nell’ambito delle politiche di pianificazione territoriale?
Diverse sono state le sessioni dedicate in modo specifico alla questione socio-demografica, nei suoi risvolti abitativi (il recupero di borgate spopolate, con il noto caso di Ostana, in Valle Po, presentato dal sindaco Giacomo Lombardo), culturali (il rapporto tra identità locali e innovazione proveniente dall’esterno, nelle molte esperienze di “nuovi montanari”, tra Francia e Italia, presentate dall’Alleanza nelle Alpi), sociali (il rapporto tra abitanti storici e nuovi arrivati, dentro una comune appartenenza nazionale, oppure distinti per provenienza culturale e geografica, come è il caso degli immigrati stranieri e dei rifugiati) e, non da ultimo, economici (la creatività imprenditoriale legata ad un nuovo modo di intendere lo sviluppo locale, frutto di energie esterne ma anche di nuovi approcci cresciuti nelle aree montane).
Di immigrazione straniera si è discusso in particolare nella sessione “Immigration as an opportunity for Alpine regions?”, dedicata ad indagare le opportunità e le sfide per le regioni alpine marginali rispetto allo sviluppo di una cultura dell’accoglienza. La sessione – che ha visto la partecipazione di alcune decine tra ricercatori, attivisti territoriali e amministratori locali, da tutti i Paesi alpini – è stata organizzata da Ingrid Machold (Federal Institute for Less-Favoured and Mountainous Areas austriaco), che ha inquadrato il tema migratorio sul versante delle Alpi orientali, evidenziando come le aree montuose austriache che mostrano saldi di popolazione positivi o stabili, lo devono essenzialmente all’immigrazione dall’estero.
Il successivo intervento è stato quello di Sarah Huber (Foundation for sustainable development in mountain regions, Sion, Svizzera), che ha presentato il progetto elvetico Smart (Sustainable mountain art), volto a favorire la presa di coscienza, da parte delle popolazioni alpine, dei grandi mutamenti (sociali, ambientali…) che stanno investendo le zone montane e che impattano sulla vita quotidiana dei loro residenti. In particolare, Huber ha raccontato (e mostrato) una forma di sensibilizzazione dell’opinione pubblica tramite la fotografia; una serie di ritratti realizzati nel Vallese da parte di una artista sudafricana (Lavonne Bosman), hanno inteso far parlare per immagini i vissuti dei residenti storici dei villaggi walser e quelli dei richiedenti asilo, ospitati in due centri di accoglienza della valle: si tratta di comunità che vivono a pochi passi di distanza l’una dall’altra, ma che mostrano non poche difficoltà di relazione, a fronte dei primi timidi segnali di comunicazione. Il progetto fotografico, che si va articolando in questi giorni tramite esposizioni e serate pubbliche nel cantone, mira infatti a stimolare il mutuo riconoscimento, a partire dal versante emozionale, tra autoctoni e immigrati, come soggetti che condividono il medesimo territorio di montagna e che a partire da esso possono trovare spazi di incontro e di mediazione.
Doris Hagspiel (Regional Management OÖ GmbH, agenzia per lo sviluppo territoriale dell’Alta Austria), ha invece presentato il progetto Hallo Zukunft! Culture of welcoming in Upper Austria, dedicato a promuovere una cultura dell’accoglienza rispetto agli immigrati (interni e internazionali) che intendano insediarsi nella regione alpina interessata, con una particolare attenzione rivolta ad attrarre lavoratori qualificati, o comunque in grado di coprire i posti vacanti (che sono molti) nel sistema economico locale. Il progetto si focalizza su un insieme di servizi (informativi, di accompagnamento alla ricerca di una casa, di inserimento sociale delle famiglie nella comunità locale, ecc.), che mirano a far restare sul territorio gli immigrati che vi sono giunti per lavoro, evitando quel turn-over di presenze che non favorisce reali processi di insediamento stabile e duraturo. Hagspiel ha sottolineato però come l’attuale crescita nella presenza di richiedenti asilo (spesso indirizzati verso le località montane senza una progettualità rispetto al loro inserimento sociale e senza aver consultato le comunità locali) rappresenti un rischio per le politiche di accoglienza locali, laddove questi flussi non siano gestiti in modo oculato e attento alle reali capacità di inclusione dei territori.
Da ultimo, come partecipante alla sessione, ho portato l’esperienza italiana, discutendo alcuni dati sul fenomeno migratorio straniero verso le aree montane del nostro Paese, frutto delle ricerche e delle analisi di questi ultimi due anni. Ho poi ho concentrato l’attenzione su come la questione dell’immigrazione è affrontata nella Strategia Nazionale Aree Interne (che interessa, come è noto, soprattutto Alpi e Appennini), il cui obiettivo fondamentale è proprio quello del ripopolamento delle zone in questione; come caso emblematico, ho approfondito quello della Val Maira, tra le aree pilota della Snai con maggiore presenza di immigrati extra UE: la componente straniera (africana e rumena, innanzitutto) risulta anche qui determinante per la tenuta demografica del territorio e per la sua ripresa (ad esempio in termini di mantenimento delle scuole, così come di recupero di edilizia dismessa o di occupazione nel settore agro-silvo-pastorale, come in quello dei servizi alla persona). La mia presentazione è stata anche occasione per illustrare le linee di ricerca di Dislivelli sul tema del neo popolamento montano e per sottolineare l’importanza di avviare programmi di ricerca trans-nazionali sul tema, in rapporto ad Alpine Space 2020 e, più in generale, alla strategia macroregionale europea Eusalp.
Gli scambi di informazioni e di opinioni con i colleghi presenti nelle varie sessioni di Alp Week, unitamente all’ampia mole di dati conferiti dalle varie organizzanioni presenti a Grassau, hanno evidenziato dunque più che mai la rilevanza del tema migratorio per uno sviluppo sostenibile e inclusivo nell’arco alpino: in un contesto di politiche nazionali, e di governance locale e trans-nazionale ancora in gran parte da costruire, gli immigrati stranieri appaiono come un fattore-chiave in gran parte dei territori della Convenzione delle Alpi.
E la gente delle Alpi ne sta prendendo coscienza.
Andrea Membretti