Tiziano Fratus, “Il libro delle foreste scolpite”, Laterza, Bari-Roma, 2015. 182 pagine con foto b.n., 16 euro.
L’autore Tiziano Fratus si firma “homo radix” a sottolineare la sua affinità con gli alberi e le piante. Non è solo una questione di convincimento ecologista o di apprezzamento estetico, è molto di più: «Per ristorare l’anima e ricominciare a vivere ho cercato la foresta e intendo fisicamente: mi ci sono immerso, l’ho documentata, finché inavvertitamente mi sono accorto di averne allevata una dentro di me. Qui proprio dentro questo io bislacco che governo maldestramente, che inciampa dentro i propri stessi pensieri…».
Lo sguardo dello “straniero” gli consente di riconoscere gli alberi da un punto di vista esterno, da viaggiatore, ma la foresta che ha dentro lo rende partecipe della vita vegetale, immedesimandolo. Fratus ha scritto molti libri sui grandi alberi, i boschi e le foreste, descrivendo luoghi domestici e selvaggi; quest’ultimo è dedicato agli alberi “estremi” che vivono i duemila metri di quota e oltre, e rappresentano «le migliori biblioteche» e «librai di cui ascolto i consigli: sono pinosauri e altre conifere contorte, combattenti silenziosi che resistono laddove il resto della vita si è fermata o non è mai arrivata. Loro sanno che cos’è l’eternità».
Il viaggio di Tiziano Fratus si snoda dai pini contorti del Pollino ai lariceti della Valle d’Aosta, dai cembri dell’Ampezzano ai grandi esemplari della California, in avamposti dove le radici sono spesse per sopravvivere al gelo, e il legno sprofonda nella roccia memore di altri tempi e altre vite.
Enrico Camanni