Si è svolto ad Agordo (Bl), nelle giornate dal 22 al 24 settembre 2011, il convegno “Di chi sono le Alpi?”, una importante occasione per dibattere sul ruolo, le politiche, gli aspetti economici e culturali della sfaccettata realtà del mondo alpino. Il convegno internazionale è stato organizzato da Rete Montagna, dalle Università di Padova (Dipartimento di Geografia) e di Innsbruck, dalla Convenzione delle Alpi nonché dalle Fondazioni Giovanni Angelini e Dolomiti Unesco.
Il dibattito ha coinvolto numerosi studiosi di vari settori provenienti da più Paesi della macroregione alpina e ha affrontato i problemi socioeconomici nella gestione di beni e risorse delle Alpi. Questo con l’obiettivo di evidenziare le diverse articolazioni del contesto politico, economico e socio-culturale delle Alpi per un necessario progetto integrato dei molteplici “attori”. Nella prima sessione è stato affrontato il tema “Chi decide per le Alpi?”, ovvero la dimensione politica tra assetti locali, nazionali, internazionali. L’argomento è stato sviluppato da Giandomenico Zandenigo Rosolo, storico “cadorino” e da Marco Onida, Segretario Generale della Convenzione delle Alpi, con richiami all’importanza di un governo e di un’amministrazione, anche transnazionali, che affrontino seriamente la “sostenibilità” del territorio alpino. Federica Corrado e Valentina Porcellana, rispettivamente del Politecnico e dell’Università di Torino (Associazione Dislivelli) hanno messo in luce le relazioni tra antropologia e politica con un caso studio sul Cadore, evidenziando l’acceso dibattito tra sostenitori ed oppositori (in evidente maggioranza) alla realizzazione di un nuovo comprensorio sciistico su quel territorio. Roberto Franzini Tibaldeo della Scuola Superiore S. Anna di Studi e Perfezionamento di Pisa ha richiamato alla responsabilità sociale per il paesaggio in un’era globalizzata. Il tema della pianificazione del territorio delle Alpi è stato al centro di alcune relazioni: in “Comelicopedia: uno strumento per la decisione partecipata, informata e consapevole” Franco Alberti e Igor Jogan (Direzione Urbanistica e Paesaggio, Ufficio Progetti Europei, di Venezia) hanno presentato un contributo che si è proposto di rileggere la nuova stagione della pianificazione territoriale e paesaggistica regionale, ponendo in rilievo attenzioni e disattenzioni verso il territorio alpino. Christian Smekal dell’Università di Innsbruck ha successivamente sviluppato il tema della formazione e della ricerca come fattori decisivi per lo sviluppo delle Alpi, mentre il suo collega Roland Psenner ha messo in evidenza le criticità relative allo sfruttamento delle risorse idriche alpine, tra esigenze di produzione energetica e funzioni ecologiche.
Nella seconda sessione, dal titolo “Chi possiede le risorse delle Alpi? Controllo economico delle risorse e sostenibilità dei modelli di sviluppo”, sono state presentate alcune iniziative per la valorizzazione dei prodotti del territorio alpino “a favore” dell’ambiente (contributo di Davide Pettenella dell’Università di Padova) o per la conveniente integrazione “alpina”, favorita dal rafforzamento dei servizi, dell’occupazione e delle nuove forme dell’abitare (relazione di Alberto Di Gioia del Politecnico di Torino e di Dislivelli).

Nella medesima sessione Luca Battaglini (dell’Università di Torino e socio di Dislivelli) ha presentato il progetto “ProPast” finanziato dalla Regione Piemonte e coordinato dal Dipartimento Scienze Zootecniche di Torino con l’obiettivo di far recuperare alle attività pastorali – realtà strategiche per il mantenimento di significative risorse del territorio alpino ma purtroppo depresse da decenni – non solo la posizione economica, ma anche quella ecologica e culturale. Le indicazioni scaturite dal primo anno di indagini confermano le numerose criticità del settore ma anche la necessità di ridare al territorio pastorale delle Alpi un ruolo centrale.
Il turismo, tra  “seconde case” di montagna e rifugi alpini, è stato al centro delle successive relazioni, rispettivamente a cura di Andrea Macchiavelli dell’Università di Bergamo e di Giovanni Ferrazzi dell’Università di Milano, tra problematiche gestionali delle abitazioni di vacanza e iniziative di sostegno alla rete dei rifugi dell’arco alpino, per fornire indicazioni strategiche per un conveniente sviluppo economico.
Nella terza sessione “Le Alpi, per chi? Fruizione e sguardi sulla montagna: rappresentazioni, identità, scenari” si è passati a trattare argomenti di ordine antropologico e sociologico. Paolo Viazzo, ordinario di Antropologia sociale all’Università di Torino, ha illustrato i cosiddetti paradossi alpini, vecchi e nuovi, tra scelte di innovazione e creatività attraverso la perpetuazione di tradizioni, anche in relazione agli andamenti demografici di questi ultimi anni. Il tema dei  processi demografici e le relative conseguenze sulle Alpi italiane è anche stato trattato da Roland Löffler dell’Università di Innsbruck. Roberta Zanini (Università di Torino) ha parlato di memoria e strategie di conservazione del patrimonio culturale Walser con l’interrogativo “chiave”: i beneficiari sono i membri stessi della comunità o l’obiettivo è raggiungere gli esterni, principalmente turisti?  Successivamente Philippe Bourdeau dell’Université J. Fourier di  Grenoble ha trattato il tema residenzialità/turismo per la  realtà delle Alpi francesi, con gli aspetti più significativi e le molte contraddizioni rilevate. Giacomo Pettenati (Politecnico di Torino e Associazione Dislivelli) ha invece descritto interessanti esempi dei nuovi abitanti dei territori delle Alpi occitane con riferimento a recenti realtà insediatesi nelle Valli Maira e Varaita, sulle Alpi occidentali.
L’antropologa Monica Argenta ha parlato di percezioni del paesaggio e delle risorse alpine: da un confronto di giovani generazioni, anche popolazioni immigrate (caraibiche) dimostrano,  attraverso le loro percezioni, il riconoscimento di valori legati alle Alpi in modo simile ai giovani locali.
L’ultima sessione è stata dedicata al “patrimonio” dolomitico “tra ricchezza globale e reddito locale”. Alcuni siti dolomitici sono stati inseriti dal 2009 nel World Heritage List dell’Unesco e Cesare Lasen della Fondazione Dolomiti Unesco ha sottolineato che «non v’è dubbio che se la Natura, risultante anche dalle complesse vicende geologiche, ha contribuito a creare le condizioni per questa “unicità”, il lavoro dell’uomo, attraverso pratiche agrosilvopastorali tradizionali e consolidate nei secoli, ha concorso a creare paesaggi armonici di insuperabile fascino, decantati da artisti e poeti di tutto il mondo». Anche Cesare Micheletti della medesima Fondazione fa rilevare le questioni aperte con numerosi spunti di riflessione, ad esempio, su come accrescere le capacità delle comunità locali, rinnovare il ruolo dei beni comuni e favorire la condivisione dei valori di un territorio “patrimonio” dell’umanità. Le relazioni finali di Mauro Varotto e di Lorena Rocca del Dipartimento di Geografia dell’Università di Padova (con Benedetta Castiglioni tra gli organizzatori di questo importante convegno), mettono tuttavia in evidenza, da un lato, i rischi dell’estremizzazione territoriale senza considerare i caratteri di mediazione quali la polifunzionalità che da millenni caratterizza la civiltà alpina e, dall’altro, la visione delle giovani generazioni attraverso i disegni elaborati di alcune scuole (per rispondere al quesito “Di chi sono le Alpi?”) con l’esclusione totale dall’immaginario del carattere agricolo e pastorale di questi territori. Negli elaborati premiati si va dal territorio alpino come “playground” con  impianti sportivi, eliski e installazioni artefatte per lo svago, alla “wilderness” dove campeggiano animali selvatici e predatori, più o meno reali e più o meno “locali”. Il tutto viene rappresentato con lo sfondo di paesaggi rosso “dolomia” e verde “pascolo”, privi di pastori e di animali “allevati” e senza richiami ai prodotti della montagna. Questa la risposta dei più giovani all’interrogativo base del convegno e che un po’ preoccupa.
Luca Battaglini

Abstract e presentazioni del convegno