La questione idrica è, nel bene e nel male, protagonista di riflessioni e dibattiti, sovente con pareri discordanti, e una cospicua documentazione scientifica. Certamente è sotto gli occhi di tutti il fatto che in diverse zone del nostro paese si passi da periodi di forte siccità a periodi di abbondantissime precipitazioni con inondazioni e problematiche conseguenti. L’alluvione avvenuta alcune settimane fa in Romagna è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie di eventi catastrofici. Questa situazione ci ha posto ancora una volta di fronte alla questione climatica con le inequivocabili responsabilità umane, considerando questi eventi non più eccezionali (nel 2022 in Italia gli eventi riconosciuti come estremi sono stati 254, con un incremento del 27% sull’anno precedente). Le montagne sono un’affidabile cartina tornasole di questo cambiamento climatico, addirittura amplificando in negativo queste variazioni (primo fra tutte l’innalzamento delle temperature). Ad avere il polso della situazione è soprattutto chi è impegnato sul territorio come amministratore o referente di realtà che si adoperano per salvaguardarlo.
Thomas Summerer è sindaco del comune di Sesto, nell’omonima valle nell’alta Pusteria (siamo nella provincia autonoma di Bolzano). Il paese si sviluppa all’ombra delle bellissime Dolomiti con la rinomata meridiana di Sesto, per il gioco del sole da cui si può determinare l’ora del giorno. «Il comune stesso gestisce la questione idrica del territorio» afferma il sindaco. Sono presenti nove sorgenti che alimentano una grande vasca di 600 metri cubi di capienza che fornisce acqua all’acquedotto di Sesto e di Moso (una frazione). Ci sono altre due cisterne artificiali, di minor capienza, nelle due frazioni di Monte di fuori e Monte di mezzo. Criticità idriche negli ultimi anni «non ce ne sono state», spiega Summerer «però quest’anno, nel periodo da fine dicembre ad aprile è un po’ diminuita la portata delle sorgenti e la situazione non è stata così serena come negli anni precedenti: con i nostri tecnici abbiamo dovuto vigilare maggiormente sul consumo generale e con queste rilevazioni abbiamo notato delle anomalie nell’impianto, con delle perdite rilevanti». Per questo l’amministrazione ha deciso di investire per ottimizzare tutto il sistema aumentando l’efficienza e alzando il sistema di controllo. Per quanto riguarda l’innevamento artificiale sulle piste da discesa della vallata (più di 100 chilometri di lunghezza), sono stati realizzati serbatoi sottoterra che vengono riempiti durante l’estate (nella zona di Monte Elmo) e un grande bacino artificiale è presente nella parte della Croda Rossa per le piste di quel comprensorio, tutti alimentati con sorgenti naturali e prelevando acqua dal torrente presente in Val Fiscalina. «L’innevamento artificiale è molto variabile a seconda delle annate» conclude il primo cittadino.
Nel comune di San Candido, in Val Pusteria, le diverse sorgenti presenti confluiscono in pozzetti di raccoglimento (possono essere anche 3 le sorgenti che confluiscono in un pozzetto) che successivamente portano l’acqua nelle sette vasche presenti in zona da cui partono le tubature dell’acquedotto. È il comune stesso che si occupa della gestione delle strutture idriche e per la distribuzione dell’acqua. Anche qui le perdite sono rilevanti «anche se non quantificate precisamente» dice Harald Kraler, vicesindaco a San Candido. L’amministrazione intende prossimamente sostituire tutti i contatori delle abitazioni private con nuovi sistemi digitali per poter rilevare «la dispersione effettiva delle nostre reti idriche» conclude.
Per la zona di Padola e il Comelico Superiore il presidente del Cai, Gianluigi Topran d’Agata, spiega che le infrastrutture idriche sono gestite da Bim Gsp, un consorzio che riunisce tutti i comuni della provincia di Belluno. Per quanto riguardo il problema idrico nella zona, il responsabile afferma che «non riguarda mai la quantità ma la qualità: avviene che, con violenti temporali, nelle acque sorgive si mescolino sabbie e fango per cui l’acqua nelle vasche di raccolta è torbida e va ripulita». Per quanto riguarda l’acqua usata per l’innevamento delle piste da discesa, viene presa soprattutto dal torrente Padola che scorre in valle. Per l’innevamento, Topran dice che «una base di neve viene fatta all’inizio dell’inverno. Questo strato consente al manto di mantenersi per tutto l’arco della stagione, al di là delle successive precipitazioni. Inoltre importante è l’utilizzo dei mezzi battipista che induriscono, pressandolo, il manto nevoso». Il responsabile spiega poi che «dai primi anni ’80 si è fatto l’innevamento artificiale in Italia e a Padola da 36 o 37 anni. Rispetto agli anni ’90 oggi questi sistemi sono molto più efficaci: a fine anni ’80, primi anni ’90, un generatore di neve artificiale necessitava di temperature di -3 o -4 gradi; quelli attuali, con l’avanzamento tecnologico, consentono di produrre neve anche a 0° e tante volte anche a un grado sopra lo zero». Per quanto riguarda l’irrigazione delle zone prative e la fienagione Gianluigi afferma che viene fatto uso dell’acqua naturale, legata soprattutto alle piogge primaverili ed estive. Per le piccole coltivazioni domestiche come orti o anche frutti di bosco, si usa quella dell’acquedotto.
Per il comune di Auronzo, Andrea Zandegiacomo, presidente della regola locale (è un’antica istituzione di comunione famigliare che gestisce i beni collettivi del territorio: le realtà agro-silvo-pastorali e le malghe), dice che l’anno passato tra luglio e agosto, in due zone del paese ci sono stati dei problemi idrici perché le sorgenti che portavano l’acqua alle vasche di raccolta si erano molto ridotte. Per quanto riguarda l’innevamento artificiale, nella zona di Misurina (che fa parte del comune di Auronzo) «si riesce quasi sempre con la neve naturale» essendo a una quota oltre i 1700 metri. Per il comprensorio di Auronzo, che si sviluppa a partire dagli 800 metri, invece «ho visto pochissime volte, l’ultima tre anni fa, riuscire ad aprirlo senza sparare la neve» afferma aggiungendo che «negli ultimi anni se non si crea un manto nevoso sin dall’inizio non si aprono gli impianti, specialmente quest’anno che è nevicato pochissimo. Questo richiede un grosso consumo d’acqua».
Nella conca ampezzana la gestione delle strutture idriche è in mano alla regione dopo che, per diversi anni, se ne è occupato, per ogni frazione, un consorzio diverso. Per ogni zona abitata esisteva un acquedotto sempre alimentato da sorgenti, amministrato in questo modo. La gestione centralizzata attuale «sta tentando in tutti i modi di demolire queste forme di associazione» dice amareggiato Michele da Pozzo, direttore del Parco naturale delle Dolomiti d’Ampezzo che aggiunge come «basti la rottura di un tubo dell’acquedotto per attendere settimane prima della sistemazione. Prima, con la gestione consorziale, in qualche giorno si sistemava tutto». Per quanto riguarda l’innevamento artificiale sui circa 100 chilometri di piste da discesa della vallata, all’inizio della stagione sciistica, nelle giornate fredde si svuotano prima i 3 bacini artificiali di accumulo, per produrre la neve necessaria per creare una base indurita, una sorta di fondo. Successivamente l’acqua necessaria per produrre neve viene attinta dall’alveo dei torrenti. «Soprattutto a quote alte la neve naturale solitamente basta per coprire la stagione» conclude.
Paolo Gallerani