Luciano Bolzoni, Abitare molto in alto, le Alpi e l’architettura, Scarmagno 2009, Priuli & Verlucca

La montagna che incantava diventò nel secolo scorso il luogo dove la tradizione era considerata quale memoria della modernità; tutto ciò ha prodotto il paesaggio alpino, un grande spazio in cui era obbligatorio conservare per non tradire, costruire per ricordare, in modo da poter avere l’illusione di rivivere le modalità e le abitudini costruttive e abitative del vecchio montanaro. Un luogo dove il pittoresco era necessario per illuderci di essere ancora quelli di una volta. La montagna quale unico sito dove la ventata di modernità, arrivata dalla città con propri mezzi, modalità ed abitudini, si poteva contrastare solo con l’opposizione dell’unica immagine delle Alpi che il cittadino poteva comprendere e voleva vedere. Un’immagine della montagna, impervia, difficile, pericolosa ma al tempo stesso soave e conciliante, rappresentata nell’unico modo possibile, una montagna da cui nasceranno tante piccole architetture ma non una unica architettura; progetti ed edifici che caratterizzeranno una breve quanto intensa stagione in cui nascerà l’ambigua modernità odierna, costellata da fatti architettonici – a volte anche di qualità – ma inseriti in un pessimo collage.