Cosa spinge la gente a frequentare, lavorare o vivere in montagna oggi? Oppure, guardandola dalla parte del territorio, quali sono le caratteristiche delle terre alte contemporanee capaci di attrarre le persone?

La domanda non è banale e tantomeno è facile la risposta. Avremmo potuto dividere le persone in classi: residenti, professionisti, turisti in cerca dell’altrove, per poi analizzarli singolarmente. Ma sarebbe stato un esercizio inutile, perché una delle caratteristiche della modernità è l’estrema eterogeneità di bisogni, opportunità, desideri, passioni e interessi; il rischio sarebbe stato quello di perdere tutte le realtà intermedie, ibride o meticce, andando a identificare degli idealtipi che concorrono a promuovere la “narrazione imposta dai pochi che contano a tutti gli altri”, come spiega bene Marco Revelli nel suo ultimo libro “Non ti riconosco. Un viaggio eretico nell’Italia che cambia” (edizioni Einaudi). Anche Zygmunt Bauman spiega che per cercare di comprendere la “società liquida” è inutile creare classi, incasellare tipi puri o estrapolare torte e grafici a barre come se le persone fossero numeri, bisogna invece “consumare la suola delle scarpe”, per dirla in gergo giornalistico, e nel nostro caso girare le montagne raccogliendo più testimonianze possibili.
L’abbiamo fatto nel reportage proposto di seguito realizzato con i colleghi di Radio Beckwith Evangelica all’interno di “Custodi della montagna”, nella puntata dedicata al “nuovo turista alpino”. Dove si evince che il rinnovato ed evoluto “homo turisticus” non è più tanto quello che l’antropologo Duccio Canestrini definiva come un individuo “con relativa disponibilità di denaro che parte verso luoghi lontani da casa per tornare presto alla routine quotidiana”, quanto una figura da ricercare nella descrizione del viaggio di Marcel Proust, dove “il vero viaggio di ricerca non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Ora in questo numero della rivista realizzato con gli amici della redazione di Cantieri-d’alta quota, abbiamo tentato di allargare lo sguardo, per spaziare oltre i turisti verso chi in montagna lavora, vive o fa qualsiasi altro uso di un territorio condiviso. Una lunga serie di incontri con persone che hanno la loro visione: dai pastori alle guide alpine, dai pisteur alla guardia forestale, dallo studioso all’operaio di cantieri esposti. E poi il freerider e l’alpinista, lo skyrunner e il “pistaiolo”, lo speleo e il ciaspolatore. Un lungo viaggio, a volte ironico altre molto serio, che offre le tante visioni, i racconti, ora in prima persona ora riportati da noi giornalisti, dai quali si possono estrapolare interessanti indicazioni per capire cos’è la montagna e chi sono i suoi frequentatori nel XXI esimo secolo.
Maurizio Dematteis