Emanuele Caruso, “A riveder le stelle”, documentario, 2020

Il sogno di Emanuele Caruso*, regista, nato ad Alba 34 anni fa, è una baita in montagna, un po’ in alto, un po’ isolata: «In montagna sto molto meglio, mi cambia davvero la vita. Per me è sempre stata un rifugio e una fonte di ispirazione, perché mi riporta a un ritmo più umano e mi ricorda come la vita dovrebbe essere: ti muovi a piedi respirando aria pura, e in alcune zone puoi bere l’acqua dai ruscelli». Benvenute anche quelle che Caruso chiama piccole scomodità positive: «In montagna non puoi avere tutto quello che vuoi, devi selezionare quel che serve davvero e rinunciare a qualcosa». I parchi, isole di natura più o meno preservata, rappresentano per lui una sorta di rifugio, territori nati per preservare la natura che oggi però è necessario difendere. «Ci sono segnali precisi. Da qui a 20, 30 anni la montagna sarà presa d’assalto, perché le nostre città diventeranno sempre più invivibili. Io ho paura dell’estate torrida che arriverà, dopo questo febbraio che è sembrato un maggio, con le piante cariche di germogli a fine gennaio, i 20 gradi in Antartide…».

Ci sono idee che sono nell’aria. In Islanda, nello scorso agosto, si è celebrato il funerale al ghiacciaio Okjokull. Al centro del ghiacciaio, dichiarato estinto nel 2014, un tumulo e una targa. Una sorta di lettera alle generazioni future dove si legge: “Nei prossimi 200 anni si prevede che tutti i nostri ghiacciai facciano la stessa fine. Questo monumento testimonia che siamo coscienti di ciò che sta accadendo e di ciò che è necessario fare. Solo voi saprete se l’avremo fatto”.
Contemporaneamente, Emanuele Caruso stava girando nel parco nazionale della Valgrande il suo terzo film, “A riveder le stelle”, sottotitolo, “è in arrivo una tempesta”. Il film è stato realizzato in 7 giorni con attrezzatura super leggera: 2 cellulari di ultima generazione, un piccolo drone e 2 power bank, tutto ricaricato con energia solare. Il paradosso: non c’è campo in gran parte della più grande area wilderness del centro sud d’Europa, e la comitiva, con gli attori Maya Sansa e Giuseppe Cederna e l’epidemiologo Franco Berrino, ha vissuto zaino in spalla un’esperienza di immersione totale nella natura e di temporaneo allontanamento dalla dimensione cittadina.

Anche Emanuele indirizza con i suoi un messaggio al futuro: presto, è questione di anni, dovremo dare conto a figli e nipoti di come abbiamo reagito alla crisi climatica. Caruso non è ottimista, pur lanciando un messaggio di speranza. Non c’è consapevolezza diffusa, aggiunge, né la volontà e la disponibilità a rinunciare a nulla rispetto al nostro stile di vita attuale: «Lo sappiamo. Da oggi, da ieri anzi, dovremmo fare a meno di tante nostre comodità. Usare meno l’auto privata e l’energia elettrica. Scegliere cibi freschi, basta roba imbalsamata nella plastica. Associarsi per coltivare un piccolo orto, sottraendo per forza tempo al lavoro. Scelte drastiche, che non siamo più disposti a fare, anche se siamo consapevoli che per vivere come stiamo vivendo stiamo sfruttando e privando delle risorse milioni di altre persone».
I dati scientifici, per quanto inquietanti, non incidono sui comportamenti individuali: «La scritta nuoce gravemente alla salute non induce il fumatore a smettere, e anche il mangione continua a rimpinzarsi di cibo spazzatura pur sapendo che si sta facendo del male. Ci vuole uno shock, un chiaro presagio di morte, per cambiare rotta». Basta osservare come sta reagendo il mondo al corona virus, eletto a emergenza planetaria. Un nemico che ha nome e cognome, ben diverso dalla crisi climatica: da trattare come un’emergenza grave ma temporanea, che si può combattere e debellare con gli strumenti della scienza.
Eppure c’è chi riesce a fare scelte radicali anche in tempo di pace: come Emiliano, incontrato durante la lavorazione del film in Valgrande. Offriva legna da ardere in cambio di cibo, e per qualche giorno si è unito al gruppo. Un giovane uomo che ha fatto una scelta vera, lasciando dopo 15 anni il lavoro in una cava dell’Ossola. «Ci ha spiegato che non era più disposto a vendere il suo tempo per un po’ di soldi: si è licenziato in tronco e ha scelto di trovare in Valgrande il suo posto nel mondo. Spero di rivederlo a Domodossola, al cinema».
Claudia Apostolo

Info: www.obiettivocinema.com/film/a-riveder-le-stelle/

*Emanuele Caruso è al suo terzo film. Dopo il lusinghiero esordio con “E fu sera e fu mattina”, il suo secondo lavoro, “La terra Buona”, è uscito nelle sale un anno fa, diventando un caso nel cinema indipendente italiano. Realizzato in parte con il crowdfunding (tutti i finanziatori sono stati prontamente risarciti), è un apologo sulla fragilità umana e sulle soluzioni possibili per riuscire a vivere una vita più degna di essere vissuta. Il network Hbo lo ha comprato per la visione su piattaforme on line.