La ricerca Intermont, di cui questa rivista aveva già anticipato alcuni risultati nel n. 74 del febbraio scorso, è stata presentata e discussa nel convegno “Montagna e città. Dagli scambi ineguali alle interdipendenze virtuose”, tenutosi a Torino presso la sede della Città Metropolitana, con la partecipazione di un centinaio di persone. Dopo un’introduzione video (“Città-montagna A/R” di Raffaella Rizzi) e i saluti istituzionali di Dimitri De Vita (Consigliere metropolitano delegato allo sviluppo montano), Federica Corrado, Erwin Durbiano e chi scrive hanno presentato i risultati della ricerca, su cui sono intervenuti come discussant l’economista Giovanni Zanetti e il sindaco di Oulx Paolo De Marchis. Poi i dirigenti della Città metropolitana Giannicola Marengo, Carla Gatti e Elena Di Bella hanno illustrato che cosa fa il nuovo ente per la montagna. E’ seguita una tavola rotonda a cui, oltre al Consigliere De Vita, hanno partecipato Carlo Alberto Barbieri del Politecnico di Torino, Marco Bussone dell’Uncem Piemonte, Massimo Coda della Compagnia di San Paolo (co-finanziatrice della ricerca) e Roberto Ronco della Direzione Ambiente, Governo e Tutela del territorio della Regione Piemonte.

L’analisi dell’interscambio in atto all’interno della Citta Metropolitana tra l’area montana e quella urbanizzata pedemontana (la “citta”) ha rivelato una forte asimmetria, derivante in buona parte dalle differenti dimensioni demografiche ed economiche dei due territori. La “montagna” risulta dipendente dalla “citta” sia per quanto riguarda beni e servizi necessari alle famiglie e alle imprese, sia per l’occupazione. C’è anche una dipendenza economica dell’area montana dalla domanda urbana di turismo e di prodotti agro-silvo-pastorali. In senso inverso c’è una rilevante dissimmetria nella dotazione di capitale naturale che premia la montagna e determina una forte dipendenza della città da alcuni servizi eco-sistemici, a cominciare dall’approvvigionamento idrico.
Personalmente temevo un po’ il giudizio di un economista del calibro del prof. Zanetti sulla parte curata da me e da Alberto Di Gioia, relativa agli scambi di persone, beni, servizi e denaro (!). Ma il caro collega si è limitato a definire la nostra “una ricerca coraggiosa” e alcune delle nostre quantificazioni gli hanno permesso di ragionare sullo scambio ineguale tra montagna e città, specialmente nel settore turistico dove i grandi investimenti provengono da capitali esterni alla montagna e piuttosto lontani dai suoi specifici interessi, mentre occorrerebbero più risorse pubbliche da destinare a infrastrutture e servizi, soprattutto scolastici. Un’autorevole validazione all’ipotesi di Federica ed Erwin di una montagna che si sta ibridando con la metropoli è venuta dal sindaco di Oulx, che tra l’altro ha portato l’esempio del suo liceo, frequentato in maggioranza da studenti pendolari provenienti dalla bassa valle e dalla cintura di Torino. Ha anche insistito sulla necessità di politiche basate su interventi capillari in una montagna che tendiamo a pensare come un blocco omogeneo, mentre è un mosaico di situazioni diverse.
I dirigenti della Città Metropolitana hanno ricordato le iniziative già avviate dalla Provincia in tema di prodotti tipici, food planning metropolitano, strade dei vini, cluster del legno, turismo escursionistico, progetti europei, piani integrati territoriali. Sono emerse le difficoltà di una governance che si scontra con il frazionamento delle competenze e delle responsabilità a livello locale, anche per quanto riguarda il processo di costruzione del piano strategico in corso, che si vuole largamente partecipato.
Nella tavola rotonda sono emerse le difficoltà di realizzare un equilibrio metro-montano, come auspicato da molti e dalla nostra stessa ricerca. Sono difficoltà che derivano soprattutto dalla normativa vigente che distribuisce in modo ineguale i poteri decisionali e le rappresentanze, a vantaggio dell’agglomerazione centrale e in particolare del comune di Torino, che ha il privilegio esclusivo di eleggere quello che sarà poi il sindaco metropolitano.
Più in generale è stato denunciato l’assetto complicato delle relazioni interistituzionali tra i vari livelli (Ue, Stato, Regione, Città metropolitana) e delle norme che le regolano, che hanno un impatto negativo sulla vita e lo sviluppo della montagna. Si è ribadito che la dimensione territoriale non è adeguatamente rappresentata negli organi deliberativi di livello metropolitano, regionale e nazionale, i quali perciò sottovalutano non solo i problemi della montagna (35% della superficie nazionale, 43% di quella del Piemonte, 60% di quella metropolitana torinese) ma anche quelli di rilevanza generale come il rischio idraulico e idrogeologico, la tutela delle risorse idriche ecc. A proposito di queste ultime è emersa l’arretratezza della legislazione italiana e la situazione migliore della Regione Piemonte, sebbene resti ancora parecchio da fare per quanto riguarda il riconoscimento di numerosi servizi ecosistemici. Inoltre, in accordo con la nostra ricerca, si è sottolineato che attendono ancora di essere corrette alcune norme che non tengono conto delle condizioni di clima, morfologia e scarsa densità abitativa dei territori montani, specie per quanto riguarda la legislazione fiscale e quella sugli standard di fabbisogni e di costo. In generale si è auspicato il superamento di leggi che non distinguono tra comuni con un milione di abitanti e quelli che non arrivano a 1000, che ad esempio nella nostra metro-montagna sono ben 77 su 150. Questa sottovalutazione delle esigenze proprie della montagna è stata anche lamentata per quanto riguarda i bandi regionali dei trasporti, l’utilizzo dei fondi per lo sviluppo rurale (PSR) e il sostegno alle capacità istituzionali e tecniche di Comuni e Unioni.
In conclusione si è riconosciuto che alla base di tutto c’è un cambiamento culturale già in atto, ma che va sostenuto. La presa di coscienza da parte della città del valore e del potenziale della montagna da un lato e l’esperienza di nuovi modi di vita nella montagna dall’altro devono portare al superamento della vecchia contrapposizione tra queste due componenti del territorio metropolitano. Il sistema delle relazioni reciproche sarebbe più equilibrato se si riducessero le diseguaglianze e si valorizzassero maggiormente le complementarietà, in modo da realizzare una interdipendenza e una compenetrazione virtuosa tra il montano e l’urbano. Occorre che i cittadini e chi li governa si rendano conto dei vantaggi che potrebbero derivare a tutto il sistema metropolitano se queste interdipendenze fossero incrementate attraverso un interscambio paritario. Infine c’è stato accordo sul fatto che la montagna deve essere resa più vivibile grazie al miglioramento delle condizioni ambientali, infrastrutturali e socio-economiche e che ciò richiede il rafforzamento delle capacita istituzionali e imprenditoriali locali, anche e soprattutto con il sostegno tecnico e gestionale degli enti territoriali sovra-ordinati e attraverso la cooperazione con le città della pianura.
Beppe Dematteis

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