Il convegno si proponeva di indagare e discutere le opportunità e i rischi insiti nell’impiego del concetto di “identità territoriale”, da tempo criticato in sede teorica e viceversa sempre più largamente usato nel linguaggio della pianificazione e delle politiche di sviluppo locale. Particolarmente adatto a questo scopo era il riferimento alle realtà alpine, tradizionalmente marcate da forti caratteri identitari.
Sul piano teorico, trattato soprattutto dalle relazioni iniziali, sono stati messi in evidenza i limiti del concetto, anche nel caso in cui esso non sia più inteso in termini biologici (razziali), ma solo storico-culturali. Tuttavia anche questi ultimi oggi non possono più essere pensati come un dato di fatto che caratterizza in modo unitario e stabile una comunità insediata su un certo territorio. Se questo, entro certi limiti, poteva essere vero in un passato pre-moderno e pre-industriale, oggi le scienze antropologiche, sociologiche e geografiche mettono in evidenza come l’identità locale sia il frutto di una invenzione, più che di una scoperta; sia una costruzione orientata a «veicolare nuove istanze, incanalando sul binario dell’identità culturale problemi che in realtà sono spesso economici e sociali» (M. Aime). In senso positivo possono tuttavia essere considerate come «trasfigurazione simbolica della memoria storica» di un gruppo orientata a un’etica di convivenza, capace tra l’altro di riprodurre le diversità (P. Sibilla)
Sta di fatto che oggi, anche nelle Alpi, le società locali che hanno un futuro sono multietniche, aperte, multi-identitarie. Ciò non significa però che le conoscenze contestuali e in genere i valori, anche patrimoniali, sedimentati attraverso un’interazione di lungo periodo con l’ambiente locale non siano una risorsa che vada conservata e messa a frutto in quanto bene comune, che può contribuire al benvivere delle popolazioni. Questo purché non si accompagni a visioni nostalgico-regressive, a esclusioni e a chiusure localistiche che impediscono di accogliere i valori, le persone e le conoscenze che possono venire di fuori (G. Dematteis). In particolare di ciò devono tener conto le politiche di sviluppo e di riqualificazione territoriale e paesaggistica, in vista di una conservazione attiva delle diversità locali, con riferimento anche al concetto di diversità bioculturale, proposto recentemente dall’Unesco (R. Gambino)
La tavola rotonda ha ribadito sostanzialmente questo quadro concettuale, mettendo in evidenza la varietà di significati che l’identità territoriale può assumere nelle diverse esperienze concrete, come quelle dell’allevatore di montagna (L. Battaglini), quelle che ricercano una presunta autenticità su base linguistica (T. Telmon), quelle derivanti dallo scontro tra la realtà materiale dei territori e il gioco delle immagini, anche letterarie (A. Lanzani). Oppure con riferimento alle diverse modalità di costruzione in base ai fatti, agli obiettivi, alle configurazioni spaziali areali o a rete (A. Mela); alle dimensioni relazionali e affettive, come famigliarità, senso e sentimento di appartenenza (G. Osti); ai diversi livelli di identificazione dei gruppi locali, in relazione alle diverse dinamiche della popolazione alpina (P. Viazzo); all’uso progettuale dei valori identitari nella pianificazione territoriale e paesaggistica (A. Peano). Nella tavola rotonda non sono mancati anche approfondimenti teorico-metodologici relativi all’ambiguità del concetto di identità territoriale, rischioso in senso forte e poco operativo in senso debole, ciò che lo carica di compiti eccessivi rispetto alla sua reale operabilità (F. Governa). E ancora: vittima di una visione dicotomica tra chiusura e apertura e tuttavia – in ciò simile a quello di paesaggio – non eludibile né nei rapporti sociali, né nell’immaginario collettivo, né sul piano istituzionale in quanto menzionato nelle leggi (M. Quaini).
Non c’è stata una conclusione, se non quella che le molte facce di questo concetto e i molti possibili modi di applicarlo all’analisi e alla trasformazione dei territori, richiedono riflessività e molta discrezione.
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Giuseppe Dematteis