L’alpinismo sportivo ed esplorativo è nato, a cavallo tra Settecento e Ottocento, in concomitanza con la diffusione dell’interesse scientifico nei confronti dell’ambiente naturale d’alta quota. Sono trascorsi oltre duecento anni da allora, ma la relazione tra due modi solo apparentemente contrapposti di conoscere, amare e frequentare la montagna è ancora attuale, considerando il ruolo che oggi svolgono gli escursionisti nel conoscere e proteggere l’ambiente di montagna e la passione per la natura della maggior parte dei frequentatori dei sentieri e delle vie alpinistiche. Solo pochi decenni fa, Guido Rossa, sindacalista-alpinista ucciso dalle Brigate Rosse nel 1979, a chi gli chiedeva perché andasse in montagna rispondeva: «Perchè alpinismo vuol dire natura (…) e perchè in natura ritrovi l’autentico senso della vita, il segreto di una gioia interiore che nessuna vicenda terrestre potrà annientare».
Il Cai nasce a Torino nel 1863, subito dopo l’Unità d’Italia e, come già avevano fatto altre associazioni alpinistiche e geografiche in altri paesi d’Europa e negli Stati Uniti, mette la difesa dell’ambiente al centro delle proprie finalità sportive e di esplorazione, tanto per un sincero interesse scientifico, quanto come elemento di costruzione dell’identità nazionale. L’importanza che fin dall’inizio il neonato club attribuiva all’ambiente montano e alla sua protezione è dichiarata fin dal primo articolo del suo statuto fondativo: “Il Club alpino, fondato in Torino nell’anno 1863 per iniziativa di Quintino Sella, libera associazione nazionale, ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale”.
Oggi la maggior parte dei programmi di sensibilizzazione e delle azioni concrete del Cai nei confronti dell’ambiente montano sono affidati alla commissione centrale Tutela Ambiente Montano (Tam), istituita nel 1981, con il compito di promuovere e diffondere la conoscenza dei problemi della conservazione dell’ambiente.
In occasione del 150° anniversario della fondazione del Club Alpino, la Tam ha realizzato il progetto “150×150 – Montagna da tutelare”, nell’ambito del quale sono stati individuati (su indicazione delle sezioni locali) 150 luoghi della montagna italiana caratterizzati da un’elevata qualità ambientale e da politiche di tutela e valorizzazione d’eccellenza o, al contrario, scarsamente efficaci. L’obiettivo del progetto è in primo luogo quello di sensibilizzare i soci e gli amanti della montagna nei confronti della delicatezza degli equilibri ambientali delle terre alte, attraverso la loro frequentazione diretta, favorita da gite ed eventi che il Cai ha organizzato e sta organizzando in ognuno di questi territori.
I sette luoghi piemontesi che sono entrati a far parte del progetto rispecchiano la natura variegata delle montagne del Piemonte. Ci sono infatti i segni del tentativo dell’uomo di controllare l’ambiente montano, in senso religioso (Sacra di San Michele), politico (Castello di Masino e Ricetto di Candelo) e militare (strade militari del Parco del Marguareis). Ci sono le testimonianze della crisi della civiltà alpina tradizionale e della lenta e timida rinascita di un modo nuovo di essere montanari, consapevole e rispettoso della storia e dell’equilibrio delle terre alte (borgata Paraloup, Val Grana). Ci sono infine i luoghi della natura, nei quali la presenza dell’uomo sembra assente, ma è in realtà visibile solo a coloro che conoscono meglio l’ambiente montano e i suoi segni (Bosco dell’Alevé, Selva di Chambons, Centro Uomini e Lupi e habitat del lupo nella Valle Gesso).
Di quest’ultima categoria fanno parte molti escursionisti e alpinisti che hanno imparato ad amare e conoscere la montagna proprio grazie al Cai.
Giacomo Pettenati