L’idea dell’Associazione venne a quattro di noi (Enrico Camanni, Federica Corrado, mio figlio Maurizio ed io) che già ci occupavamo attivamente di montagna. Enrico e Maurizio come giornalisti e scrittori, Federica ed io come ricercatori e docenti universitari. Così il 21 aprile 2009 ci recammo da un notaio per costituire l’associazione Dislivelli.
Il nome l’ha trovato Enrico e ci è subito piaciuto. Preso alla lettera ci ricorda la straordinaria varietà di ambienti naturali che troviamo tra la pianura e i 4000 m dei grandi massicci alpini, dove ad ogni dislivello corrispondono i climi e le vegetazioni  che potremmo trovare lungo i 3000 Km che ci separano dai ghiacci della Groenlandia, per non parlare della varietà e della bellezza delle forme del rilievo. Nel suo significato metaforico “dislivelli” evoca invece il divario, anzitutto  demografico, che nel secolo scorso si è venuto creando tra le basse e le alte terre nelle quali lo spopolamento ha indebolito la capacità di risposta e quindi la tenuta economica, sociale e culturale. Oggi che siamo tutti alla ricerca di un miglior rapporto con la natura non possiamo non provare nostalgia per un mondo in gran parte distrutto dalla modernità escludente del secolo scorso.
Penso che questa nostalgia abbia avuto un certo peso nell’avventura di Dislivelli,  in senso per così dire reattivo. Ci dispiaceva assistere alla disgregazione sociale e culturale delle comunità, all’abbandono e alla rovina di borgate e di territori con un passato secolare di popolamento, cura e uso produttivo, al degrado di un patrimonio ambientale e paesaggistico di eccezionale valore. Escluso il ritorno a un passato che aveva anche vari aspetti negativi, si poteva pensare a una nuova fase di frequentazione, di popolamento e di uso degli spazi montani, a nuovi stili di vita, a nuovi equilibri ambientali e socio-territoriali resi possibili da innovazioni tecnologiche e gestionali. Insomma a una modernità che aiutasse a superare i dislivelli metaforici negativi facendo leva su quelli reali, positivi.
Una prospettiva del genere richiedeva anzitutto di conoscere e far conoscere come la montagna stava cambiando, quali opportunità offriva. Dopo una presentazione pubblica i soci salirono a una trentina e nelle due successive assemblee annuali vennero approvate queste linee guida: diventare un punto di riferimento per quanti, in particolare nel Nord Ovest, si interessavano ai problemi della montagna; fare rete con loro ed essere presenti nelle corrispondenti reti nazionali e internazionali;  stimolare una riflessione critica che concorra a promuovere una nuova cultura della montagna, privilegiando le trasformazioni innovative connesse con l’abitare e il lavorare in montagna oggi.

Credo che siamo stati fedeli a queste linee. Grazie al nostro sito, alla rivista mensile Dislivelli e alle collaborazioni con numerosi enti e associazioni godiamo di una certa notorietà. Ad esempio chi naviga in internet e posta sul motore di ricerca google “Dislivelli”,  le prime cinque risposte che ottiene riguardano la nostra associazione e le sue attività. Alcune nostre ricerche, come quelle sui “nuovi montanari” (per scelta e per forza) e altre sui rapporti della montagna con la città, sulla cultura contemporanea della montagna, sul turismo “dolce” ecc. – pubblicate su riviste autorevoli e nella nostra serie “Terre Alte” presso l’editore F. Angeli – sono diventate un riferimento importante per chi tratta questi temi.
Fin dai primi anni si presentarono varie occasioni di intervenire a supporto di attività svolte da enti pubblici di vario livello, fornendo loro gratuitamente informazioni, assistenza tecnica e proposte. Qui qualche delusione l’abbiamo avuta. Sovente le nostre visioni si sono scontrate con quelle di breve termine dettate da esigenze elettorali o dagli interessi forti del pedemonte. Ad esempio la Regione Piemonte (51% di territorio montano) non ha mai accettato la proposta di elaborare una ”agenda montagna”, che evidentemente interessa troppo pochi elettori. In compenso la Regione ha sostenuto le nostre iniziative riguardanti il turismo “dolce”. Più sensibile a una programmazione specifica per la montagna si è mostrata la Provincia di Torino, divenuta poi Area Metropolitana. Alcune azioni sono state svolte con altri enti come le fondazioni bancarie. In particolare con la Compagnia di San Paolo si è gestito negli anni  2012 – ’16  il programma “Torino e le Alpi”, un’esperienza importante, anche se i risultati sono stati inferiori alle attese.

In tutto il nostro percorso è stato essenziale “fare rete”, che richiede anzitutto di essere consapevoli dei propri limiti e disponibili a collaborare senza invidie né gelosie con chi condivide i nostri obiettivi. Qui l’elenco sarebbe lungo, ma, oltre a quelli già menzionati,  merita citare alcuni partner per noi importanti. Anzitutto il Dipartimento  interateneo Diter (ora Dist) dell’Università e del Politecnico di Torino che ospita la nostra sede operativa, poi l’Ires Piemonte che ci ha affiancato in vari progetti di ricerca e azione, l’Uncem Piemonte, Legambiente Alpi, l’Istituto di Architettura Montana (Iam) del Politecnico, Il Collegio Carlo Alberto di Torino, l’Aaster (Milano), la Tsm (Trento), l’Eurac (Bolzano), l’Institut de Géographie Apine di Grenoble, alcuni attori istituzionali importanti: il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) per i progetti Interreg a cui abbiamo partecipato, Eusalp (Macroregione alpina), la Convenzione delle Alpi, il Ministero dell’AmbienteCipra Italia, L’Agenzia per la coesione territoriale (Strategia Nazionale Aree Interne), Il Gruppo Terre Alte del Cai, la Società dei Territorialisti/e, la Rete Montagna, e altri ancora, tra cui le numerose associazioni culturali locali delle nostre valli.
Conclusione. Dieci anni non sono molti, anche se dal 2009 sono cambiate tante cose nel mondo, compreso, in meglio, il modo di considerare le montagne da parte di chi le governa, da chi le abita e ci lavora, da chi le vede dal di fuori e magari le ama e le frequenta. Mi auguro che la nostra associazione continui a svolgere attività di studio e di comunicazione per avvicinare sempre più questi mondi, ridurne i dislivelli, renderli consapevoli degli interessi e dei valori che hanno in comune.
Giuseppe Dematteis