Il costante calo demografico sta influendo in maniera sempre più profonda sulla vita di tutti i giorni delle popolazioni delle alte valli, sia per quanto riguarda il pensionato che non sa come passare il tempo, quanto per il bambino che non ha amici con cui giocare e in molti luoghi sta intaccando in maniera insopportabile l’esistenza di un tessuto sociale degno di tale nome senza il quale non è pensabile un futuro per i nostri paesi.
Soltanto la presenza di un minimo di struttura sociale permette un corretto funzionamento di uffici, scuole, osterie, ambulatori, negozi, imprese artigiane e via discorrendo, segno tangibile di un territorio ancora vivo e pulsante; senza di questo una “comunità” cessa di esistere e il tutto, se il posto è ridente, si riduce a periodico villaggio vacanze.
Se non ci si rende consapevoli che è su queste problematiche che politici e amministratori devono concentrarsi, si continuerà a perder tempo facendo inutili chiacchiere e le alte terre nello stesso tempo continueranno a spopolarsi.
Il vivere in montagna non deve essere una cosa da “alternativi” o da “eroi”, ma una cosa del tutto normale per persone normali.
Soltanto rendendo degnamente vivibile ed economicamente sostenibile anche la stagione invernale si potrà (sempreché lo si voglia) mantenere in vita i comuni delle alte valli.
Partendo da questo presupposto, ritengo di fondamentale importanza l’impegno dei vari enti di competenza (Regione, Provincia, Comuni e Comunità Montane se non saranno soppresse) per garantire il mantenimento dei servizi essenziali. Si possono citare la buona percorribilità delle strade, il sostegno alla formazione scolastica, i sistemi di comunicazione ecc…
Occorre modificare drasticamente, e il prima possibile, l’approccio nei confronti della questione montana e, come continua a ripetere Mariano Allocco, modellare una politica che ponga al centro della sua attenzione «le genti che costantemente vivono la montagna», quindi ben distante da quella attuale, che ha la sua centralità sull’ambiente e le sue risorse (acqua, boschi, alpeggi…) da sfruttare economicamente, ed è in sostanza indifferente alle sollecitazioni ed esigenze di chi in montagna ci vive e lavora.
Esempio pratico? Come mai in vent’anni, nonostante varie sollecitazioni, nessun partito politico o ente istituzionale ha pensato di adoperarsi in maniera decisa per far applicare la legge n.97\94 sulla montagna?
Purtroppo pare che queste dinamiche non siano degne d’interesse per gli habitué dei vari “festival” e per l’attuale classe politica, prova ne è che nella recente campagna elettorale per le regionali, l’argomento “montagna” è stato preso in considerazione soltanto in merito al mantenimento o meno delle Comunità Montane. In tutta sincerità, non credo sia spostando qualche virgola o qualche competenza dell’ente in questione che si cambieranno le sorti delle popolazioni residenti sull’arco alpino!
Vi sono anche coloro che, basandosi su pure regole di mercato, da qualche tempo sostengono l’improduttività della montagna e auspicano lo spostamento a valle delle sue genti per risparmiare sull’erogazione dei servizi. Sta di fatto che, una volta spostata a valle la popolazione, il territorio rimane lì comunque. A questo punto bisognerà riflettere seriamente su quanto possa giovare all’incolumità della zona pedemontana avere a monte una consistente fascia di territorio totalmente abbandonata, priva di presidio umano e pronta a scivolare a valle.
In alcune zone queste cose la comunità già le sta pagando sotto forma di squadre di operai forestali che si vedono costretti all’opera per ripulire boschi o rive dei fiumi, per scongiurare alluvioni o calamità di vario genere.
Indubbiamente, visto l’attuale tenore di vita instauratosi, le nostre montagne non sarebbero più in grado di sopportare il “carico umano” d’inizio Novecento, ma tantomeno l’attuale incipiente desertificazione.
Ezio Donadio