La mostra “Architetture di Frontiera. Progetti per abitare le Alpi di Slovenia, Trentino, Piemonte e Valle d’Aosta”, esposta al Museo Nazionale della Montagna da febbraio a giugno di quest’anno, rientra tra i tanti eventi che hanno subito rinvii, chiusure e riaperture dovuti alla recente situazione pandemica che, nel suo protrarsi da ormai più di un anno, ha penalizzato particolarmente il settore economico degli eventi pubblici. Ciò nonostante, la mostra organizzata in collaborazione con l’Istituto di Architettura Montana del Politecnico di Torino, il Circolo Trentino per l’Architettura Contemporanea e la Galerija Dessa di Ljubljana è riuscita ad affrontare le difficoltà sia impegnandosi nell’allestimento del percorso espositivo, sia grazie alla parallela realizzazione di una piattaforma online presso i canali social del museo, dove si sono svolti una serie di incontri tematici dal 27 aprile al 15 giugno. Questi hanno visto la partecipazione di diversi esperti nella discussione delle tematiche contenute nelle tre esposizioni che compongono la mostra: costruire sul costruito, architetture per le comunità, architetture e iniziative pubbliche, alpi e città, progetti d’alta quota, architetture minime e promozione della cultura architettonica.
La mostra “fisica” è stata infatti articolata in tre sezioni distinte, due delle quali presentano esposizioni già esistenti ed una invece dedicata ad una rassegna di progetti completamente inedita, riguardante le architetture piemontesi e valdostane. Quest’ultima, pensata come una mostra itinerante, ha già in programma altre tappe future in Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia.
Partendo da est, la sezione denominata “Architettura Alpina Slovena 2008-2018” vede la sua prima esposizione nel 2019 presso la Galerija Dessa di Ljubljana, e presenta trenta progetti realizzati recentemente sulle Alpi slovene, caratterizzati dal particolare rapporto con il paesaggio naturale e culturale, dall’attenzione nella scelta dei materiali e, infine, dalla risemantizzazione del patrimonio costruito tradizionale tramite il linguaggio della contemporaneità.
Spostandoci verso ovest, l’esposizione “Costruire il Trentino 2013-2016”, derivata dal premio omonimo e già organizzata dal circolo CITRAC nel 2017, analizza la produzione architettonica e le conseguenze dei cambiamenti della società sul paesaggio costruito e sulle trasformazioni del territorio trentino, prendendo in considerazione sia l’ambito urbano del capoluogo, sia le aree vallive extraurbane. Anche in questo caso, l’accento è sulla capacità dei progetti di rileggere la tradizione in chiave contemporanea e attuale.
Infine, la sezione “Architetture contemporanee sulle Alpi occidentali italiane”, realizzata appositamente in occasione della mostra, espone una rassegna di progetti suddivisi tra il territorio piemontese e valdostano che si concentrano soprattutto sulla montagna come luogo dell’abitare e del vivere quotidiano, che testimoniano la nascita di un cambiamento di visione culturale in atto in questi territori. Tra i temi chiave toccati dai progetti selezionati vi sono il patrimonio, la rigenerazione e il riuso, la produzione, l’alta quota, i servizi, l’abitare. Come le altre due esposizioni, “Architetture contemporanee sulle Alpi occidentali italiane” è stata pensata come una mostra indipendente, al fine di potersi muovere sui territori che ospitano le opere selezionate e stimolare un dibattito sulla cultura architettonica contemporanea anche nelle Alpi Occidentali italiane.
Complessivamente, le tre esposizioni mettono in evidenza un certo fermento nel mondo delle costruzioni alpine, sempre più consapevoli del proprio ruolo di interpreti della contemporaneità a stretto contatto con il contesto naturale e delicato dell’ambiente montano. Nonostante le diverse caratteristiche storiche e geografiche delle località analizzate, ad accomunarle troviamo la volontà non solo di affermare la presenza di competenze e capacità progettuali di alto livello, ma anche di rileggere il linguaggio tradizionale alpino in chiave moderna, adattando l’architettura alle necessità del vivere contemporaneo.
Eleonora Gabbarini e Matteo Tempestini