Per chi è abituato alla frenesia metropolitana, ormai estesa all’area pedemontana, è difficile individuare e decodificare i movimenti dell’alta montagna dove tutto appare “incantato”. Eppure, anche lassù, tutto cambia con tempi e modalità che sono irrimediabilmente interconnessi con il sistema “mondo”. Solo guardando con molta attenzione ci si accorge del brulichio della vita e delle molteplici attività che avvengono incessantemente tra i sassi e i boschi. È il caso, ad esempio, dei rocciatori edili che lavorano attaccati alle pareti rocciose, posano reti e paramassi, installano cannoni per indurre frane o valanghe controllate. Sono figure professionali con grande conoscenza della natura alpina, importanti per la sicurezza di chi vive in quota, anche solo per una settimana come turista. Il rocciatore edile è una professione particolare, poco conosciuta ai più, e verrebbe da pensare che solo chi è nato in montagna abbia una “naturale propensione” o l’occasione per svolgerla. E invece i giovani montanari difficilmente divengono rocciatori edili, più spesso essi scelgono di scendere a valle. Al contrario, c’è un gruppo oramai sempre più consistente di uomini provenienti dalla Repubblica Dominicana che lavora in questo settore. Una quarantina di uomini nati ai Caraibi, dove la neve e i picchi sono immagini viste solo in tv. Risiedono prevalentemente nella provincia di Belluno, nell’estremo Nord Est del Veneto, pur lavorando in trasferta sull’intero arco alpino, e hanno oramai costituito una piccola comunità caraibica che merita di essere indagata. Il primo gruppo, composto da quattro ragazzi, arrivò nel 1991 per volontà di un imprenditore bellunese che aveva lavorato sull’isola di Santo Domingo per conto dell’Impregilo. Da allora, attraverso un reclutamento basato sul passaparola, si sono succeduti una settantina di lavoratori. Grazie alla spiccata fisicità, ma anche all’elasticità dei rapporti famigliari diffusa nell’area caraibica che permette loro di sopportare il peso delle frequenti e lunghe trasferte, sono l’unica presenza significativa di lavoratori stranieri nel settore. Stimati tra gli imprenditori e i colleghi italiani, spesso padri di bimbi nati in Italia, conoscitori di ogni passo e picco, la loro esperienza pone domande su identità e senso d’appartenenza alle Alpi odierne e future.
Monica Argenta