C’è voglia di montagna anche lontano da Ferragosto e senza neve? Il sospetto è che ci sia una tendenza già in atto più di quanto si rilevi e più di quanto venga colta come opportunità su cui puntare.
L’amico Daniele Cat Berro della Società Meteorologica Italiana (nimbus.it), mi conferma che i periodi di mitezza favorevole alle escursioni si sono moltiplicati in autunno. Ad esempio all’osservatorio del Gran San Bernardo le temperature medie dell’inverno negli ultimi 50 anni sono aumentate di 1,7 °C!
Dal punto di vista turistico una volta si parlava di stagione morta, ora al massimo ci si concede di chiamarla bassa stagione. Un sospetto: non si è forse un po’ ingenerosi con questi aggettivi?
Prima di andare a caccia di qualche indizio, che possa essere almeno utile come ipotesi di ricerca, mi viene in mente un aneddoto: agli esordi, il turismo sulle Alpi era solo nella “bella stagione”. Mi riferisco alla fase pionieristica a cavallo della metà dell’800. All’epoca su quale fosse la “bella stagione” non vi era dubbio: l’estate. L’autunno-inverno offriva solo giornate corte, freddo e neve. Troppa neve, sia per i montanari che per i turisti. Roba al massimo per alpinisti. I turisti, principalmente inglesi, non erano interessati a rimanere: cosa si sta a fare in montagna d’inverno se non si possono fare le passeggiate elioterapiche estive?
Qualcuno però iniziò a intravvedere delle opportunità anche in quella stagione. Nel 1864 l’albergatore grigionese Johannes Badrutt covinse con una scommessa alcuni suoi ospiti inglesi a tornare per l’inverno a Saint Moritz. Se non fossero stati soddisfatti avrebbe loro rimborsato soggiorno e viaggio. Gli inglesi, che scommettono volentieri, scoprirono che sulle Alpi c’è il sole anche d’inverno e sulla neve ci si può anche divertire. Conosciamo il prosieguo della storia.
Per tornare alla nostra domanda inziale ho provato a raccogliere alcuni indizi.
Mirko Sotgiu (trekkingfotografici.it) che da quasi vent’anni organizza turismo fotografico in montagna mi racconta che da settembre a ottobre per lui e i suoi colleghi è sempre più alta stagione. Ottobre è il mese con più attività e negli ultimi 5 anni anche novembre è diventato un mese attivo. Inoltre sempre di più si anticipa a giugno e ormai le attività estive, anche sopra i 2000 metri, iniziano a fine maggio.
Questo fa il paio con un altro indizio. La vendita di calzature da trekking, che anni fa nella stagione fall-winter era non significativa (posso testimoniarlo io stesso), mentre ora, a detta di tutti gli operatori del settore che ho interpellato, è in crescita.
Un altro osservatorio dal quale ho pensato di poter ottenere un indizio è la libreria specializzata Monti in Città (libridimontagna.net): molti milanesi passano da lì prima di partire per le loro incursioni in montagna. Monica mi conferma che c’è un interesse crescente per l’escursionismo autunnale. Le sembra inoltre di notare, grazie alla clientela della libreria, che la montagna autunnale si presti bene alla frequentazione non legata solo ad attività fisiche, ma anche culturali e di conoscenza del territorio con la partecipazione a fiere o mostre e visite legate al patrimonio storico (ad esempio castelli).
Basta poi fare un giro sui social più popolari, come Instagram, per notare che tra ottobre e novembre sono pieni di foto con hashtag che richiamano l’autunno e il foliage (parola ormai divenuta d’uso comune) è onnipresente, con tanta montagna.
Sarebbe certo opportuno raccogliere dati per fare un’analisi più approfondita e magari lo si farà. Ma nessuna evidenza, lo sappiamo, cambia il corso delle cose se non c’è un cambio di sguardo.
L’imprenditore svizzero si era chiesto cosa poteva offrire la montagna con la neve, ora ci si trova a chiedersi cosa può offrire la montagna senza neve. Bisogna forse fare un passo indietro e recuperare quella originaria capacità di adattarsi che si è lasciata da parte nei decenni in favore di una sempre maggior industrializzazione del turismo, soprattutto della neve. Chissà che il riscaldamento climatico non ci offra esso stesso l’opportunità per rallentarlo svoltando verso un turismo finalmente e veramente destagionalizzato e per questo più facilmente sostenibile e meno impattante.
Io scommetto che in molti già sanno come vivere anche la montagna senza neve in tutte le stagioni. Chi vuole scommettere?
Luca Serenthà