Un giorno un falegname della Val Chisone abbandona secchiello e cazzuola e decide di realizzare la sua casa in legno. Ma non un legno qualsiasi, importato dalla Francia, o dall’Austria o dalla Slovenia. Il legno dei suoi boschi, delle foreste “dietro la porta di casa”, un legno certificato Pefc, Programme for Endorsement of Forest Certification schemes, ovvero un sistema di certificazione per la gestione sostenibile delle foreste, di cui i boschi delle Valli del Pinerolese si sono dotati ormai da tempo, ma di cui la gente sa poco o niente.
Amici, parenti e vicini hanno cominciato a guardarlo con sospetto: ma come le case si realizzano in mattoni e cemento armato, è la tradizione da più di 50 anni a questa parte. E cosa vuole fare? Ma la tradizione, si sa, non è altro che innovazione riuscita che poco alla volta si sedimenta sui territori. E se una volta le case si facevano in legno e pietra, e poi sono arrivati i più comodi e meno dispendiosi mattoni e cemento, vuoi vedere che ora il legno torna in auge? E invece di bruciarlo nel camino, o andarlo a tagliare solo quando diventa un pericolo perché crolla nei greti dei terrenti causando inondazioni, si può anche impiegare per altri usi più nobili?
Il nostro falegname della Val Chisone non si fa intimidire dal “così fan tutti” e prosegue dritto per la sua strada: si reca dall’amico boscaiolo che lo porta nel bosco dietro casa per mostrargli alcune alte piante di legno nobile, certificate Pefc. Il falegname le segna, il boscaiolo le sega e le porta in falegnameria per l’essicazione e il taglio, secondo le indicazioni del falegname, e la casa poco alla volta viene realizzata. Un lavoro lungo, complicato, pieno di insidie, senza modelli o capitolati da seguire, con il geometra affannato tra le scartoffie burocratiche per capire se a rigor di legge si può fare o meno. Eppure oggi la casa è in piedi, e il falegname non smette di raccontare agli ospiti la storia delle sue pareti, del tetto, di porte e finestre. Perché il suo lavoro è anche passione per il territorio ricco di materie prime in cui vive, ed è cosciente che la ricerca di uno stile di vita in armonia con la natura che lo circonda è l’unico stile di vita capace di futuro.
Un sistema di qualità per aumentare la quantità
Le Valli piemontesi del Pinerolese, territori inseriti nella Città metropolitana di Torino, da anni sono impegnate nello sviluppo di una filiera forestale locale certificata, nel tentativo di dare nuovo impulso allo sviluppo imprenditoriale locale. Nel lontano 2007 hanno attivato sul loro territorio la gestione forestale associata di tutte le proprietà forestali comunali attraverso un ufficio forestale unico, e ne hanno ottenuto la certificazione Pefc, per un totale di 11 mila ettari di boschi.
E la crescita del tessuto imprenditoriale locale, legato all’utilizzo del bosco e della lavorazione del legno, non ha tardato ad arrivare. Attualmente sono presenti sul territorio 15 aziende certificate Pefc, capaci di coprire tutti gli anelli della filiera: dal taglio del bosco fino alla produzione di manufatti e alla loro commercializzazione. Eppure queste realtà ancora oggi hanno grosse difficoltà a reperire sufficiente materiale certificato a km0. Anzi, quasi sempre devono importare legname da lontano. Perché spesso il materiale locale tagliato c’è, e anche se ci fosse non ci sono garanzie sulla disponibilità di quella materia prima nel tempo. Oggi c’è e domani chissà. E se poi arrivano degli ordini e non c’è abbastanza materia prima disponibile in loco, come si fa? Gli impianti di essiccazione nelle valli sono quelli che sono, e più di così non è possibile produrre. Meglio, per ora, tenersi buoni i fornitori esteri.
Un progetto sul legno a km 0
In Piemonte, nonostante i problemi post lockdown legati all’emergenza Covid-19, è partito progetto “TracciaLegno. Verso la tracciabilità del legno piemontese di qualità”, una misura sostenuta dal Piano di sviluppo rurale del Piemonte, cui partecipano numerose imprese locali, tecnici forestali, con il supporto di Enviroment Park e dell’Associazione Dislivelli.
TracciaLegno parte con un obiettivo ambizioso: superare la mancanza cronica di materia prima certificata di qualità a km 0 nelle Valli del Pinerolese e nell’area piemontese, per alcuni versi simile, delle Valli Antigorio, Divedro e Formazza. Anche il territorio ossolano infatti, come prima quello della Città metropolitana di Torino, si è oggi affacciato all’esperienze di gestione forestale associata, realizzando un Consorzio Forestale dei comuni consorziati, che lavora per garantire una gestione dei boschi ispirata a criteri e principi della Gestione Forestale Sostenibile (Gfs). Il territorio del Consorzio Forestale delle Valli Antigorio Divedro Formazza è dotato, come quello delle Valli del Pinerolese, di un importante patrimonio forestale con una buona presenza di proprietà pubbliche, che se adeguatamente valorizzato, può diventare una risorsa per le comunità locali sia come potenzialità produttiva di materie prime che come risorsa turistica, paesaggistica ed ecologica.
TracciaLegno si propone quindi di creare un nuovo modello di commercializzazione del legname piemontese attraverso tre strumenti: modalità innovative di classificazione delle piante in piedi; organizzazione di piazzali virtuali e di un’asta del legname di pregio; ideazione di prodotti innovativi attraverso una filiera del legname piemontese di qualità.
Infine, per promuovere una commercializzazione dei prodotti finiti di qualità, la certificazione dell’intero processo, dalla gestione forestale fino al prodotto finito, verrà realizzata attraverso la metodologia “Holz von hier”, strumento in grado di quantificare e dimostrare la sostenibilità ambientale legata alla creazione di filiere locali del legno.
Strumenti innovativi
La prima azione del progetto, la classificazione delle piante in piedi, serve a valorizzare le specie legnose che attualmente non sono adeguatamente valorizzate, legni come il sorbo, il frassino, l’acero, il pino silvestre o l’abete bianco. Mentre la realizzazione del piazzale virtuale, con le successive aste di vendita del legname, servirà per garantire un adeguata fornitura di materia prima, attraverso la messa in rete dei singoli piazzali esistenti, anche se piccoli, e delle informazioni sul prodotto esistente in Piemonte. Perché in questi casi l’unione di piccoli quantitativi può fare la forza. I modelli creati dai falegnami coinvolti nel progetto, veri e propri prototipi di prodotti innovativi nel campo dell’arredo urbano, dell’arredamento da interni, dei serramenti e della piccola carpenteria, fungeranno da vetrina del progetto, ispirando in futuro possibili linee di produzione a km 0. Linee di carpenteria di qualità con abete bianco, serramenti in abete bianco e pino silvestre, arredo urbano con larice e castagno, arredo con pino silvestre e latifoglie quali acero, tiglio, frassino e latifoglie minori.
Infine, per valutare l’impronta ecologica dei prodotti realizzati, tutte le attività verranno certificate secondo il metodo “Holz Von Hier”, sviluppato da Environment Park nell’ambito del progetto “CaSCo”, che consente di quantificare l’impronta ecologica di tutta la filiera, dalla gestione forestale fino al prodotto finito.
Maurizio Dematteis