Paolo Cognetti, Senza mai arrivare in cima. Viaggio in Himalaya, Einaudi 2018

L’ultimo libro di Paolo Cognetti per Einaudi è il racconto di un viaggio sull’Himalaya lungamente atteso, realizzato con gli amici Remigio e Nicola Magrin, autore delle illustrazioni che accompagnano il libro. Il viaggio percorre luoghi dell’Himalaya meno conosciuti, quasi nascosti, come la Valle del Dolpo, una regione collocata tra la Cina tibetana e il Nepal. Cognetti nel suo cammino attraversa il lago Phoksundo, la Montagna di Cristallo, Charka, fino a Kagbeni, raccontando realtà rurali rarefatte ma mai abbandonate. Incontra pastori di yak, famiglie che vivono in villaggi a 3000 metri di altezza, monaci solitari che offrono tazze di tè ai passanti, sempre accompagnato da un curioso cane nero che condivide con lui l’itinerario.
Il libro parla di incontri, semplici sguardi rivelatori e poche parole in nepalese, che permettono al lettore di fare un’esperienza esplorativa alla scopetta di “un altro mondo”. Si incontrano persone che vivono in alta montagna nello stesso modo da centinaia di anni, mentre l’autore si perde nelle pagine del “Leopardo delle Nevi” di Peter Matthiessen, visitatore dei medesimi luoghi più di cinquant’anni prima. Resta la testimonianza di come si possa presentare oggi una montagna non intaccata dall’industria del turismo di massa, dalle strade veloci che portano alle grandi città, dallo spopolamento dei villaggi e dei campi. Cognetti scrive le impressioni che ha avuto durante il viaggio in modo lucido, asciutto, senza aggiungere particolari descrizioni, in un libro che è un diario personale. Si ha l’impressione che abbia voluto scrivere quelle parole per sé, per conservare un proprio ricordo, senza pensare al grande pubblico, con un linguaggio sincero e immediato, che diventa un “inizio” perfetto per chi si voglia avvicinare alla letteratura di viaggio.
Nelle pagine finali si sviluppa una parte più riflessiva, nella quale Cognetti prende per mano il lettore conducendolo a una riflessione su come l’essere umano si sia rapportato alla montagna in Occidente negli ultimi cinquant’anni, sulla desolazione culturale lasciata nelle valli dallo spopolamento e sulla crisi ambientale odierna causata dall’aver voluto portare la città in montagna. Alla fine ci si ritrova a ragionare su una domanda: qual è il modo giusto di vivere in montagna? Quello perseguito negli ultimi decenni in Europa o quello del Dolpo?
Ornella Lo Surdo