Quanto accaduto in questi giorni nelle foreste delle Dolomiti dovrebbe portare i decisori politici a modificare gli indirizzi dello sviluppo in montagna. I cambiamenti climatici porteranno effetti negativi sulle montagne con sempre maggiore frequenza, costringendoci a rincorrere emergenze costose, in termini di vite umane, di infrastrutture e di paure diffuse. Abbiamo visto i torrenti erodere ciclabili, mettere a rischio stabili anche recenti costruiti lungo i corsi d’acqua, abbiamo visto stalle, baite costruite in zone a rischio geologico e valanghivo minacciate dagli eventi e paesi costruiti su conoidi invasi da fango e acque. Al di là di Dimaro (Tn), non si sono avute tante vittime solo perché la furia del vento si è scatenata di notte. Alle Alpi non servono ulteriori strade o ampliamenti di aree sciabili, le emergenze dovrebbero riguardare solo la messa in sicurezza e la gestione dell’esistente. Così facendo si organizzerà uno sviluppo veramente sostenibile, basato sulla sobrietà che non significa impoverimento, si investirà in un nuovo modo di lavorare più stabile e si offrirà risposta alle emergenze che il clima ci sta imponendo. Riflettano i nuovi e vecchi amministratori, sostenitori ancora oggi della cementificazione e del consumo di suoli. Probabilmente frequentare assiduamente “l’ambientalismo da salotto” potrebbe aiutare certa classe politica a maturare una nuova cultura del vivere la montagna.
Ma ora, come affrontare l’emergenza dei nostri boschi gettati a terra su superfici incredibili? Sette milioni di metri cubi di schianti. Sarebbe doveroso un commissariamento di tutta la gestione della filiera del legno. Questa massa di legname va recuperata, laddove possibile, in tempi brevissimi, al legname recuperato va offerto un mercato che penalizzi al minimo il suo reale valore. Una volta raccolta la massa legnosa, tra tre anni si dovranno rimboschire decine di migliaia di ettari di superficie. Serviranno milioni di abeti, larici, aceri, faggi, servirà manodopera proprio mentre le Regioni si sono liberate dei lavoratori stagionali addetti alla manutenzione del territorio.
Non è possibile scaricare sui sindaci la responsabilità della gestione di un simile evento. Il commissario e i suoi collaboratori andrebbero ricercati fra i tanti forestali, anche esperti di mercato, dei quali la regione dolomitica abbonda. Questa figura apicale, che gestirebbe l’emergenza, avrebbe il compito di definire, nella condivisione territoriale, le priorità degli interventi nel recupero del legname, nel coordinare le squadre boschive che saranno impegnate per lungo tempo, nell’indirizzare le vendite anche grazie a accordi preventivi con le grandi segherie dei paesi con noi confinanti, Austria, Germania. Avrebbe poi il compito di valutare quanto e quando recuperare da indirizzare alla cippatura, o negli impianti di teleriscaldamento, specialmente le grandi quantità che saranno destinate a un veloce deperimento qualitativo. E poi passare al rimboschimento, alla riqualificazione e alla stabilizzazioni delle superfici che sono state devastate dal cataclisma. Per un simile lavoro centralizzato, gestito con procedure burocratiche molto semplificate, sono necessarie decisioni immediate, dettate da un’urgenza che forse a troppi sfugge, permetterebbe anche ai comuni, a altri enti proprietari, di non mettersi in concorrenza fra loro. E permetterebbe a tutti di subire minori deprezzamenti nella vendita del prodotto legname. Abbiamo bisogno anche di investimenti nelle infrastrutture boschive. Abbiamo bisogno di recuperare una cultura e un lavoro diffuso del territorio che troppe semplificazioni economiche di un turismo aggressivo ci hanno fatto perdere. Dobbiamo ritornare a investire nel valore del lavoro del boscaiolo e nella cura, giorno per giorno delle nostre foreste. Una forestazione che andrà reinventata in funzione dei cambiamenti climatici in atto: meno economia e più conservazione, più biodiversità e minori semplificazioni arboree.
Ancora oggi penso che a troppi sfugga l’ordine reale di grandezza dell’evento che si è abbattuto sulle Dolomiti. Al mondo politico ora l’onere della scelta su come procedere.
Gigi Casanova, presidente onorario di Mountain Wilderness Italia