Dall’inizio del 2017 Dislivelli è impegnata nelle attività di ricerca del progetto Alpfoodway, finanziato nell’ambito del programma comunitario di cooperazione Interreg Spazio Alpino 2014-2020.
L’obiettivo del progetto è quello di studiare il patrimonio culturale immateriale legato al cibo in tutto l’arco alpino, in una prospettiva sia culturale/territoriale, che di marketing. Il progetto, che dispone di un budget triennale di 2,5 milioni di euro, coinvolge infatti, oltre a Dislivelli, altri 13 partner distribuiti in tutti i paesi alpini: Regione Lombardia (IT), Polo Poschiavo (CH), CREPA – Centre régional d’études des populations alpines (CH), Regione Autonoma Valle d’Aosta (IT), Comunità Montana di Valle Camonica (IT), Trentino School of Management (IT), Kedge Business School (FR), Syndicat Mixte du Parc naturel régional du Massif des Bauges (FR), Agenzia di Sviluppo regionale della Primorska Settentrionale (SLO), Agenzia di Sviluppo regionale della Gorenjska Superiore (SLO), Centro di Ricerca dell’Accademia Slovenia di Scienza ed Arte (SLO), Dipartimento di Management Strategico, Marketing e Turismo dell’Università di Innsbruck (AT), Scuola Superiore di Scienze Applicate di Monaco di Baviera (DE).

AlpFoodway si propone di partire dai saperi e dalle pratiche ancora esistenti per creare le basi per la costruzione di un’identità alpina transazionale fondata sui valori espressi dalla cultura alimentare e per immaginare modelli di sviluppo sostenibile delle aree alpine periferiche basati sulla conservazione e la valorizzazione di questo patrimonio. Partendo dalla mappatura del patrimonio culturale alimentare tradizionale, i partner stanno costruendo un inventario online (appoggiato sulla piattaforma Intangible Search) di saperi e pratiche, ricostruendo le reti di attori che praticano e trasmettono i saperi tradizionali, partecipando a incontri attività di riflessione, scambio e valorizzazione della cultura del cibo alpina.
La ricerca di Dislivelli per Alpfoodway si svolge in collaborazione con il Dipartimento Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e il gruppo di lavoro interateneo (Università, Politecnico e Università di Scienze Gastronomiche) dell’Atlante del Cibo di Torino Metropolitana e si concentra su una dozzina di pratiche e saperi, identificati nelle valli piemontesi in base a quattro criteri principali. Innanzitutto, si è voluta rispettare la diversità che caratterizza le montagne piemontesi, cercando di esplorare e studiare il rapporto tra cibo, cultura e territorio in diverse aree delle Alpi del Piemonte: dalle vallate occitane che profumano di mare e erbe del Mediterraneo, fino al Monte Rosa dei walser, passando per le valli valdesi, la Val Susa, le Valli di Lanzo e il Canavese. In secondo luogo, si è cercato di includere nel progetto il maggior numero possibile di filiere e prodotti, di cui si compongono le economie e le culture di montagna. Terzo, si è data priorità a saperi e prodotti intorno ai quali ci fossero reti di soggetti già attive nella salvaguardia, nella tutela, nella valorizzazione e nella trasmissione del patrimonio culturale immateriale alpino, pensando al ruolo fondamentale che le comunità locali possono e devono avere nella costruzione e nel sostegno di una possibile candidatura della foodway alpina alla Lista del Patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco.

Le comunità locali non sono viste solo come oggetto di studio, ma come protagoniste del progetto, attraverso il coinvolgimento delle comunità di pratica in un processo di costruzione condivisa della conoscenza, di riflessione sulle tradizioni alimentari esistenti e sul ruolo che queste possono avere per lo sviluppo sostenibile delle Alpi del futuro.
La cultura alimentare è infatti un elemento fondamentale dell’identità alpina che ancora oggi – attraverso i paesaggi della produzione, le tecniche di trasformazione, le ricette tradizionali e i rituali di consumo – racconta il rapporto tra le popolazioni di montagna e le risorse naturali dei territori che abitano, svolgendo inoltre il ruolo di collante per le comunità locali e un importante veicolo di integrazione per chi di queste comunità entra a far parte, provenendo da altri luoghi, vicini e lontani.
La globalizzazione della produzione e dei consumi alimentari, lo spopolamento di alcune vallate, il moltiplicarsi di regole e normative igieniche e la sempre più evidente disconnessione tra il cibo e il territorio che lo produce stanno però portando molte di queste pratiche a rischiare la scomparsa. Per questo uno degli obiettivi del progetto è quello di costruire le basi per una salvaguardia efficace, ma coerente con le necessarie evoluzioni e innovazioni della società e dell’economia di montagna.
Tra gli strumenti individuati c’è la creazione delle condizioni per una candidatura della Cultura del cibo Alpina alla lista del Patrimonio Culturale Intangibile dell’Unesco. Alla base della possibile candidatura c’è l’identificazione dei valori del patrimonio che si vuole venga riconosciuto a livello internazionale e il sostegno attivo da parte delle comunità e delle popolazioni che di questo patrimonio sono custodi e portatrici e di tutti gli altri soggetti che, in una prospettiva evolutiva, possono custodirlo e praticarlo nel futuro. Per questo, nel corso della Conferenza intermedia del progetto, che si è svolta a Innsbruck a inizio ottobre, i quattordici partner hanno approvato e lanciato la Carta dei Valori del Patrimonio Alimentare Alpino, documento di impegno per i molti attori che possono impegnarsi in prima persona per la salvaguardia di questo fondamentale patrimonio culturale.
La candidatura può essere sostenuta da tutte le persone che hanno a cuore il futuro delle Alpi e della cultura del suo cibo, firmando la petizione pubblicata sul sito www.alpfoodway.eu.
Giacomo Pettenati

Firma la petizione