Cristina Grasseni, La reivenzione del cibo. Culture del gusto fra tradizione e globalizzazione ai piedi delle Alpi, pp. 175, 16,50 euro, Qui Edit, Verona 2007.
Come conciliare conservazione dell’identità e dei saperi locali, rilancio della località e sfida della modernità? Una risposta sembrerebbe essere: attraverso la reivenzione del cibo. L’antropologa Cristina Grasseni, che ha condotto a lungo la sua ricerca nelle Alpi bergamasche, guida il lettore alla scoperta del “ciborama” e della complessa rete socio-tecnica che sta intorno ai prodotti cosiddetti “tipici”. Al lettore-consumatore vengono dati gli strumenti per decifrare le strategie – politiche, economiche, pubblicitarie, ma anche sociali e identitarie – legate al processo di costruzione della tipicità dei prodotti alimentari. Attraverso quella che Michael Herzfeld chiama la “poetica dell’autenticità”, le ricette “tradizionali” vengono trasformate in commodities, merci in grado di affrontare il mercato globale e che rispondono ai criteri imposti da regolamenti, protocolli e normative igieniche. La descrizione etnografica di Cristina Grasseni, che lei stessa definisce un’analisi «ecologico-culturale, sociale e materiale», si concentra in particolare sul caso dei formaggi Taleggio e Strachitunt della Val Taleggio, inseriti da tempo nel processo di “calibramento” che ne riplasma l’identità a favore del consumo. Il prodotto “locale”, frutto della pratica marginale, diventa anche oggetto di riflessione per le scienze sociali perché implica un ambiente di riferimento, pratiche, saperi e azioni organizzate in modo sociale. Saperi e sapori – fortunata assonanza sfruttata negli slogan della tipicità – rispondono, da una parte, alle nuove esigenze di iconizzazione, virtualizzazione e ritualizzazione del consumo e, dall’altra, alla richiesta di sviluppo del territorio e al crescente bisogno di identità delle comunità locali.
Valentina Porcellana